IN APPELLO E’ STATO CONDANNATO A 108 ANNI DI CARCERE FRANCISCO DAS CHAGAS BRITOS, CHE DAL 1991 AL 2002 HA UCCISO 42 MINORENNI
Di Mosè Tinti
La pena non finirà mai per il più grande killer della storia del Brasile. Gli anni di carcere vanno ben oltre l’aspettativa di vita di Francisco Das Chagas Rodrigues de Brito, ma non riporteranno indietro i corpi deturpati e le anime strappate.
Il serial killer è stato “attivo” dal 1991 al 2002. Di professione meccanico, sceglieva accuratamente le sue vittime, accomunate tutte dall’appartenere alla classe povera, dalla minore età (massimo 15 anni) e dalla provenienza da aree disagiate e sottosviluppate del nord-est del paese, come Maranhao e Parà. Tutte caratteristiche che rendevano le vittime meno visibili rispetto ad altre, la cui scomparsa avrebbe destato meno clamore.
La cattura avveniva sempre con la medesima tecnica: invogliate dalla promessa di un regalo, i poveri giovani si gettavano nelle braccia del loro carnefice, il quale non si limitava ad ucciderle. Il rituale prevedeva, infatti, tortura e violenza sessuale per poi deturpare e sfigurare il corpo, al quale venivano tagliate orecchie, mani, dita. Molto spesso il tutto si concludeva con l’evirazione dei malcapitati.
La terribile vicenda è uscita alla luce grazie all’ultima vittima di Rodrigues, Jonathan Dos Santos, il quale nel 2004 disse, prima di scomparire, che si sarebbe incontrato con il meccanico. Messo alle strette, l’assassino confessò l’uccisione di Dos Santos e di altre 16 persone, ma ciò che trovarono gli investigatori andò decisamente oltre l’immaginabile.
Durante le operazioni, infatti, vennero rinvenuti nella sua abitazione e nei dintorni resti umani, ossa, che appartenevano a 42 soggetti differenti. Vengono in mente le scene di “Changeling”, film di Clint Eastwood, tratto da una storia vera, dove viene narrata anche la pazzia omicida di Gordon Northcott.
Nella sua deposizione, Chagas Brito ha detto alla Polizia di aver compiuto questi omicidi perchè sentiva “qualcosa che mi guidava. Una voce mi diceva cosa dovevo fare e mi diceva che quello che facevo a questi bambini era giusto”. Nella sua infanzia ci sono abusi sessuali, che racconta di aver subito dalla nonna e da un uomo di nome Carlito: la giustificazione per tutti gli omicidi, secondo le sue parole, sta nel fatto che mentre massacrava i bambini, al posto del loro volto vedeva quello di Carlito.
Una pena esemplare, che quintuplica quella di primo grado emanata nel 2006, quando l’assassino venne condannato a 20 anni.
20 anni, 30 anni, 50 anni, 108 anni. In casi come questo, viene da chiedersi a cosa servano.