DEPENALIZZAZIONE : IN CHE MODO LA LEGGE 67/2014 INCIDERA’ SULLA TUTELA DEGLI ANIMALI?
di Dott.ssa Fabiana Latte
Stiamo assistendo ad un vero e proprio stravolgimento del nostro sistema sanzionatorio penale. Infatti con la Legge 67 del 2014 si è dato l’avvio ad una vera e propria opera di deflazione del carico giudiziario nei confronti delle Procure e dei Tribunali dell’intera nazione. E’ prevista una serie di numerosi interventi legislativi, per dare attuazione alla legge delega che porterà a depenalizzare molti dei reati presenti nel nostro codice penale vigente. La previsione è quella di escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Detta previsione, seppur lascia impregiudicata la possibilità di esercitare l’azione civile per il risarcimento del danno, comporterebbe in ogni caso, la non perseguibilità penale per molte delle condotte ad oggi presenti nel nostro codice.
Paradossalmente, rientrerebbero nella categoria dell’”irrilevanza penale” svariate condotte come il furto (art. 624 c.p.), l’esercizio abusivo di una professione (art. 348 c.p.), l’abuso di ufficio (art. 323), l’adulterazione e la contraffazione di cose in danno alla salute pubblica ed tutti quei reati previsi dal Titolo IX-bis del codice penale volti a tutelare l’esistenza, la salute e l’integrità fisica degli animali.
Proprio in riferimento a questo ultimo argomento, le conseguenze imminenti sono facilmente immaginabili. Un conto è snellire il procedimento penale e un altro è lasciare vuoti di tutela, specialmente qualora si possa arrivare a parlare di diritto alla vita degli animali.
Anni di lotte, dispute e proteste nelle diverse regioni italiane lasciate cadere nel nulla. Una sorta di parabola discendente che è sintomatica di una indifferenza nei confronti di quei soggetti non soltanto più deboli ma che nulla possono contro la violenza dell’uomo. E’ inaccettabile.
Si pensi ai primi interventi del nostro legislatore, con la riforma del codice penale avvenuta nel 2004 con la Legge 189 ove i maltrattamenti e l’abbandono degli animali (da intendersi non solo gli animali da affezione ma tutte le specie, anche quelle selvatiche) venivano sanzionate con la pena detentiva. Il nostro legislatore è rimasto attento e sensibile fino al 2010, anno in cui è intervenuto nuovamente sull’argomento e sui limiti edittali delle pene, inasprendone le sanzioni e recependo quanto contenuto nella Convenzione di Strasburgo del 1987.
Difatti, il sentimento per gli animali involge anche la realtà dell’Unione Europea. Già a far data dal 1978 a Parigi, è stata proclamata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale (L.I.D.A.). Ove tale dichiarazione rappresenta una vera e propria posizione etico-filosofica in merito ai rapporti tra uomo e altre specie. Ma tra le tappe più importanti, solo mediante la previsione contenuta nell’art. 13 del Trattato di Lisbona si addiviene ad una effettiva definizione e riconoscimento dell’animale come “essere senziente” (ovvero dotato della capacità di sensazione).
Ora, a fronte di detti riconoscimenti, frutto di molteplici battaglie poste in essere dalle diverse associazioni animaliste (tre le tante almeno 34 riconosciute), l’Italia inesorabilmente mostra il proprio comportamento controcorrente.
A nulla servirebbero, pertanto, le proposte di riforma costituzionale dell’on. Brambilla di inserire e rivedere i principi della nostra carta, adattandoli alla tutela degli animali. Pur prevedendo l’esistenza di diritti costituzionalmente garantiti, gli stessi rimarrebbero del tutto privi e svuotati di ogni significato a fronte di uno Stato passivo, non garantista e indifferente.
Auspicare una ampia tutela dei diritti degli animali senza, di contro, prevedere un trattamento sanzionatorio che assuma quella funzione general preventiva propria e tipica della pena, provocherebbe dei vuoti legislativi senza precedenti.
Tra i vari episodi che hanno acceso gli animi delle diverse associazioni, basti pensare al caso dell’allevamento di Green Hill. I beagle utilizzati per la vivisezione, a fronte della preannunciata riforma, non troverebbero alcuna protezione e il comportamento dei loro “aguzzini” rimarrebbe rimproverabile solo da un mero punto di vista etico. Ora, a conti fatti, non penso che tali conseguenze possano dirsi accettabili, in quanto pur non dovendo essere “animalisti convinti” si tratta pur sempre di esseri viventi e di vita.
Strettamente correlata alla depenalizzazione di tali reati, può ricollegarsi il più ampio discorso delle pene accessorie che attualmente prevedono, ad esempio, la confisca obbligatoria dell’animale maltrattato e il suo immediato affido alle associazioni o agli enti individuati dalla legge 189/2004 o, ancora, per chi esercita le attività di trasporto, commercio o allevamento degli animali, la relativa sospensione dell’esercizio di dette attività. Non da ultimo, la disciplina del sequestro preventivo, volto a sottrarre gli animali maltrattati ai loro padroni onde evitare il reiterarsi del comportamento inumano (si pensi alle molte e poco regolamentate, attività circensi). Ebbene, con la legge di attuazione della delega, il tutto verrà ricondotto nell’”irrilevanza del fatto”. Così, sarà considerato fatto di “particolare tenuità”prendere a calci, sottoporre a inutili sofferenze o privare del diritto alla vita, un qualsiasi animale. E che importa se il tutto magari è anche dettato da un mero e macabro spirito di divertimento.
Le vigenti disposizioni seppur di rara e difficile attuazione, forniscono uno strumento volto a tutelare quelle situazioni così gravi e caratterizzate da una crudeltà e una violenza anomala, che consentono l’applicazione di un principio basilare ed etico “il rispetto per l’esistenza e la vita altrui”. Ci si augura un pronto intervento legislativo che voglia cogliere e accogliere le preoccupazioni di una società civile che col tempo ha acquistato una spiccata e riconosciuta sensibilità nei confronti delle diverse specie animali, avvalendosi di possibili correttivi per non cancellare con un colpo di spugna, quanto sancito fino ad ora.
In conclusione e come riflessione, vi lascio con le parole del Mahatma Ghandi: “la grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali”.