La liberazione dell’Italia dal fascismo, lo sbarco degli alleati in Sicilia nel luglio del 1943 e l’immediata nomina di alcuni capimafia a sindaci dei loro paesi sono il frutto di un’intesa raggiunta dalla mafia con le autorità americane. I più autorevoli capifamiglia d’oltreoceano sapevano che gli USA potevano dichiarare guerra all’Italia da un momento all’altro. Una eventualità che avrebbe potuto creare dei problemi a molti di loro, entrati clandestinamente in America. Tutte le mafie hanno sempre tratto giovamento dai miti e dalle leggende che esse stesse hanno creato sul loro conto e che altri hanno, seppure inconsapevolmente, alimentato. Una di queste attribuisce a Lucky Luciano una notevole attività in Sicilia grazie al rapporto esistente tra mafia americana e mafia siciliana. Non ci sono però molte prove storiche che inducano a ritenere che ci sia stata una collaborazione patteggiata fra autorità alleata e mafia in vista dello sbarco e durante lo stesso, anche se molti storici sono convinti del ruolo decisivo di Luciano.
Sia nel caso che Luciano abbia fornito un aiuto limitato alla salvaguardia del porto di New York, sia nel caso di una collaborazione più vasta, rimane comunque il fatto storicamente accertato che le autorità americane scesero a patti con Cosa Nostra americana riconoscendo ad essa un ruolo, un potere, una capacità di governo su uomini e pezzi di territorio americano.
L’uomo incaricato di contattare e coinvolgere nel progetto dello sbarco alleato le cosche siciliane, frattanto soffocate e intimidite dal fascismo, fu don Vito Genovese, un boss rientrato in Italia perché inseguito anche dall’accusa di omicidio. Numerosi i suo incontri con Calogero Vizzini e altri capimafia mentre diversi soldati americani di origine siciliana venivano paracadutati di notte o furtivamente abbandonati sulla costa.
La notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 gli alleati trovarono così la strada spianata e le truppe anglo-americane poterono avanzare senza esplodere un colpo anche perché i mafiosi li precedevano scoraggiando eventuali resistenze, invitando soldati e fascisti a deporre le armi che finirono nelle loro mani.
Il primo ringraziamento ufficiale del governo alleato ha per cornice la piazza di un grosso centro agricolo nel cuore della Sicilia, Villalba, dove Calogero Vizzini viene incoronato sindaco, davanti alla folla in festa che gridava: <Viva la mafia, viva la delinquenza, viva don Calò!>. Ciò diede nuova e sicura autorità ai mafiosi, oltre a concrete possibilità di arricchimento e di accrescimento del loro potere.
In questo periodo, la mafia cercò di organizzare la sua presenza, anche politica, in Sicilia, contribuendo alla nascita del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), formazione politica che si prefiggeva l’indipendenza della Sicilia dal resto d’Italia e, in alcuni momenti, persino la stramba idea di far aderire la Sicilia agli Stati Uniti. Tra i sogni coltivati dai mafiosi vi era quello di inserire la Sicilia come quarantanovesima stella degli Stati Uniti, ma si rivelò un’illusione e fallì.
La crescita del movimento non si limitò, tuttavia, al piano legale ed elettorale. Il MIS costituì persino un suo esercito, l’EVIS (Esercito volontario di indipendenza siciliana), nel quale militarono banditi e mafiosi di grosso calibro. Capo dell’EVIS fu Salvatore Giuliano, e fu proprio questi a provocare la fine dell’esperienza separatista, con la strage di Portella della Ginestra, una località vicino Palermo, dove, “il 1 maggio 1947, si erano radunati, secondo una vecchia tradizione, i lavoratori della zona per celebrare la festa del lavoro. In quella occasione, erano pervenuti nella località molti gruppi di lavoratori con le proprie famiglie ed era iniziato da poco il discorso del segretario socialista della zona quando, improvvisamente, dalle alture circostanti partirono i primi colpi di mitra. Ci fu un improvviso clamore, quasi di gioia, perché i più ritenevano che si trattasse di spari festosi. Poi le prime urla e quindi un confuso fuggire tra lamenti e pianti.” Vi furono 11 morti e 35 feriti.
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Fonti: Enzo Ciconte “Storia criminale”, Felice Cavallaro “Mafia. Album di Cosa Nostra“, Nicola Tranfaglia “Mafia, politica e affari. 1943-91”.