“Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare” .
Il 30 marzo 1853 nasceva Vincent Van Gogh. Nel giorno del suo compleanno voglio ricordarlo con un suo bellissimo quadro,”Notte stellata”, emozioni pure su una tela, negli occhi e nel cuore di chi guarda.
Dipinto nel giugno 1889 a Saint Remy de Provence, oggi si trova esposto a New York al Museo di Arte Moderna.
Per me un incantesimo, di quelli che sanno stregarti senza un perché e da cui non ci si risveglia mai. Uno di quei quadri che mi piace osservare qualunque sia lo stato d’animo perché, gioia o tristezza che sia, in quei colori, in quelle pennellate, in quei vortici di luce so sempre ritrovare quell’ incantesimo.Mi ha sempre affascinato la pittura di Vincent ma dopo aver letto la storia della sua vita le sue opere hanno acquistato un significato diverso perché le sue tele sono veramente lo specchio del suo complicato mondo interiore.
Nel maggio 1889 Vincent si trova a Saint-Remy de Provence perché, dopo il taglio dell’orecchio e la degenza all’ospedale di Arles, il pittore decide di farsi ricoverare nella casa di cura per malati mentali “Saint Paul de Mausole”.Van Gogh ha già da tempo abbandonato la fede cristiana ma nonostante ciò al fratello Theo scrive “Ho un terribile bisogno della religione. Allora esco di notte per dipingere le stelle”.
E’ lì che lo sguardo di Vincent si rivolge fuori dalla finestra della sua camera da dove può ammirare distese di grano, alberi di ulivo e cipressi ed è in quel paesaggio che cerca un po’ di conforto. La sua mente vive momenti di alternanza tra follia e lucidità che si riflettono in quei vortici cromatici che animano anche la “Notte stellata” e che conferiscono al tutto una sorta di energia primordiale.
Per Vincent la pittura è sempre di più un’àncora di salvezza, tra le sue braccia si lascia andare come per evadere, almeno interiormente, dal manicomio in cui si trova costretto a vivere.
In “Notte stellata” Vincent ricorda con nostalgia i paesaggi della sua Olanda, i suoi campanili che si stagliano nel cielo nella serenità di una notte che viene “incendiata” dalla luce delle stelle. Le pennellate sono forti, vigorose, quasi si riesce ad immaginare la mano di Van Vogh che con energia si appoggia sulla tela che sembra ancora vibrare per l’energia impressa su di essa. Ma l’energia impressa non è solo quella fisica, c’è anche quella interiore che forse “guida” quella materiale.
Due colori primari, blu e giallo, che in una simbiosi perfetta si scontrano-incontrano e di lasciano andare in una sorta di esibizione di orchestra dove il direttore è il pennello guidato dalla sapiente mano del pittore. In questo turbinio di onde, il cielo e la terra sembrano non trovare più distinzione ed il campanile (di cui spesso parla nelle sue lettere) è l’unico punto di riferimento stabile del quadro.
In questa straordinaria tela, come in tutte quelle in cui Van Gogh dipinge paesaggi, la natura sembra avere una propria vitalità che sovrasta tutto, anche le case. I cipressi raffigurati con un moto ondoso verso l’alto sono spesso “compagni” di viaggio nella pittura di Vincent che scrive al fratello “I cipressi mi preoccupano sempre. Vorrei fare qualcosa come per i quadri dei girasoli perché quello che mi stupisce è che non siano stati fatti come li vedo io. I cipressi hanno una bellezza di linee e proporzioni come un obelisco egiziano”
Nella “sua” notte Vincent illumina il buio non solo con vortici di stelle ma anche con una bellissima luna che sembra scaldare il paesaggio e che a guardarla bene, grazie al colore quasi arancione e ad un alone di luce immenso, sembra un sole.
Cielo, stelle, luna appaiono uniti da un movimento ondulatorio che incantano chi osserva e lo lasciano estasiato. Il tormento che non solo si vede ma si sente guardando la “Notte stellata” sono il riflesso di quel tormento interiore che anima il pittore . In questo senso Van Gogh è considerato precursore dell’espressionismo perché non è il paesaggio, come negli impressionisti, che arriva all’anima ma è il sentimento dirompente che trasforma la natura rendendo la notte stellata una realtà trasfigurata dai sentimenti di Van Gogh.
A questo straordinario quadro ed alla vita del pittore il cantante statunitense Donald McLean ha dedicato il brano “Starry Starry Night” riarrangiata n Italia da Roberto Vecchioni nella bellissima “Vincent” con cui vi lascio.
Il brano è costruito su un dialogo intenso tra Van Gogh e Gauguin e ritrae un Van Gogh rivisitato dalla memoria dell’amico Paul Gauguin, fuggito nell’isola di Tahiti, che con straordinaria capacità sa rappresentare quale sia stato il senso della sua vita e della sua pittura.
“Guarderò le stelle
com’erano la notte ad Arles,
appese sopra il tuo boulevard;
io sono dentro agli occhi tuoi,
Víncent.
Sognerò i tuoi fiori,
narcisi sparpagliati al vento,
il giallo immenso e lo scontento
negli occhi che non ridono,
negli occhi tuoi,
Vincent.
Dolce amico mio,
fragile compagno mio,
al lume spento della tua pazzia
te ne sei andato via,
piegando il collo
come il gambo di un fiore:
scommetto un girasole.
Sparpagliato grano,
pulviscolo spezzato a luce
e bocche aperte senza voce
nei vecchi dallo sguardo che non c’è
poi le nostre sedie
le nostre sedie così vuote
così “persone”,
così abbandonate
e il tuo tabacco sparso qua e là.
Dolce amico,
fragile compagno mio
che hai tentato sotto le tue dita
di fermarla, la vita:
come una donna amata alla follia
la vita andava via:
e più la rincorrevi
e più la dipingevi a colpi rossi
gialli come dire “Aspetta!”,
fino a che i colori
non bastaron più…
e avrei voluto dirti, Vincent,
questo mondo non meritava
un uomo bello come te!
Guarderò le stelle,
la tua, la mia metà del mondo
che sono le due scelte in fondo:
o andare via o rimanere via.
Dolce amico mio,
fragile compagno mio,
io, in questo mare,
non mi perdo mai;
ma in ogni mare sai
“tous le bateaux
vont à l’hazard pour rien”.
Addio, da Paul Gauguin. “