NEW YORK, 03.04.2013 Svolta sul commercio globale di armi: il Palazzo di Vetro ha approvato martedì, dopo 7 anni di trattative, il primo Trattato internazionale relativo al commercio delle armi convenzionali, quali carri armati, aerei e navi da guerra, veicoli corazzati da combattimento, artiglieria, missili, lanciamissili, razzi a lunga gittata, ma anche armi leggere e munizioni. Sono stati 154 i Paesi che hanno detto “si” alla regolamentazione internazionale e 23 quelli che si sono astenuti: tra questi Russia, Cina, India, Sudan, Indonesia, Cuba, Venezuela e Bolivia. Ad opporsi, Siria, Corea del Nord e Iran, che avevano già bloccato la settimana scorsa il via libera unanime.
Gli Stati Uniti si sono espressi a favore del Trattato, segno della svolta data da Obama alla politica sulle armi. Il Paese è infatti uno dei principali esportatori di armi nel mondo e la ratifica di questo Trattato non sarà ben accetta alle potenti lobby delle armi americane: la National Rifle Association avrebbe già annunciato il suo impegno nell’ostacolarla, in quanto il Trattato indebolirebbe il diritto alla legittima difesa e il diritto di possedere armi, tutelato dal secondo emendamento. Il Segretario di Stato Americano Kerry ha invece accolto l’approvazione della risoluzione sottolineando come questa possa contribuire a una maggiore sicurezza globale proteggendo contemporaneamente il diritto di ogni Stato di commerciare armi legalmente.
Il giro d’affari delle armi convenzionali, stimato in circa 80 miliardi di dollari l’anno, viene così sottoposta a una regolamentazione internazionale finora inesistente. La risoluzione cui è giunta l’assemblea Generale dell’ONU mira a fissare standard che regolino il mercato globale delle armi, mettendo in primo piano la questione dei diritti umani e della moralità.
Il Trattato non disciplina il possesso e l’uso delle armi internamente ai singoli Paesi, ma obbliga questi ultimi a legiferare sul commercio delle armi convenzionali e delle loro componenti, in modo da contrastare la compravendita internazionale, legale e illegale, di armi che finiscono in mano a soggetti pericolosi, gruppi terroristici, ribelli e criminalità organizzata.
Ogni Stato che ratificherà il Trattato, e, di conseguenza, le sue industrie belliche, avranno l’obbligo di non vendere armi a tutti i Paesi oggetto di embargo internazionale o considerati a rischio di atti di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità: ogni Paese dovrà dunque valutare con senno e responsabilità la propria controparte nella compravendita, tenendo conto dei potenziali scopi cui le armi sono destinate e del rischio di violazione dei diritti umani. Dovranno inoltre combattere il mercato nero delle armi.
Dopo la storica approvazione della risoluzione, si attende la ratifica: le sottoscrizioni inizieranno a giugno e, una volta raggiunti i 50 Paesi firmatari, il Trattato potrà finalmente entrare in vigore.
Quasi venti anni dopo il Trattato sul Bando Totale degli Esperimenti Nucleari (CTBT) del 1996, la risoluzione appena approvata sul commercio bellico si delinea come un ulteriore passo avanti sulla strada del disarmo.Michela Romagnoli