Sessant’anni. Vissuti con discrezione ed eleganza. La stessa eleganza con cui, in un passato sbiadito ma incancellabile come una vecchia cartolina, saliva in cielo. La stessa discrezione con cui si ritirò dal mondo dello sport quando smise, troppo poco addomesticabile per entrare nel mondo della politica federale sportiva.
Sara Simeoni, sessant’anni e tanti ricordi che resero grande l’atletica italiana. Negli anni in cui Pietro Mennea correva verso il record immortale del 200 metri piani, Sara saliva nel cielo del salto in alto come mai nessuna italiana prima aveva fatto.
Sara e Pietro condivisero i lunghi giorni di Formia, gli inverni di fatica e allenamento, la battaglie olimpiche, le vittorie, le sconfitte, i record.
Sara da Rivoli Veronese iniziò fin da piccola a calcare le pedane del salto in alto, utilizzando fin da subito il moderno “stile Fosbury”.
La consacrazione la ebbe nel 1980. Campionessa olimpica e medaglia d’oro alle XXII Olimpiadi di Mosca. Sarà fu primatista del mondo con la misura di 2,01 metri stabilita due volte nel 1978, quando vinse il campionato europeo.
Altre due medaglie olimpiche, d’argento: Montreal 1976 e Los Angeles 1984.
Sara fu quattordici volte campionessa italiana, detenendo il primato italiano il per 36 anni fino all’8 giogno 2007, quando fu superato da Antonietta Di Martino, la sua degna erede.
A volte le biografie di uno sportivo sono ricche di pagine di contorno che le rendono epiche e colorite, pagine di vita e di errori, di salite in cielo e di cadute nella polvere. La vita di Sara Simeoni, invece, è semplice, forse scarna. Sport e vita privata ritirata, serietà e pochi fronzoli. Da vera signora.
T.R.