21.04.2013 Non è mai accaduto prima nella storia della Repubblica Italiana, ma la riconferma al sesto scrutinio del Presidente uscente è stata l’unica soluzione su cui si è riusciti ad ottenere la maggioranza. Napolitano aveva più volte dichiarato che, a 87 anni, non avrebbe accettato un secondo mandato e avrebbe dedicato le sue giornate alla famiglia e ai nipotini: ma la crisi e l’incapacità delle Camere riunite in seduta comune di convergere su un papabile sostituto, unita alle suppliche di alcuni leader politici a restare, lo hanno convinto.
“Sono disponibile, non posso sottrarmi. Ora però serve un’assunzione collettiva di responsabilità”, aveva annunciato ieri Napolitano, dopo 5 scrutini conclusisi con un nulla di fatto: il Presidente accetta la ricandidatura fortemente voluta dal PD, e appoggiata da PDL, Scelta Civica e Lega, non prima però di aver convocato i leader dei partiti per colloqui volti a testare il loro impegno per il Paese e la loro dimostrazione di responsabilità.
Ai primi 3 scrutini per l’elezione del Presidente serviva la maggioranza dei due terzi dei componenti dell’assemblea (672 voti), dopodiché sarebbe bastata la maggioranza assoluta (504). Numerosi i nomi che sono emersi per la corsa al colle, alcuni annunciati ed altri “a sorpresa”: in primis Marini, primo candidato PD, Rodotà, candidato del Movimento 5 stelle, seguito poi da Prodi, altro candidato PD,e ancora Chiamparino, Bonino, D’Alema, Finocchiaro, Cancellieri, Monti, De Caprio, Bindi, Berlusconi, Mussolini, Severino, Cucuzza e altri ancora.
Il nome di Napolitano, sebbene tirato in ballo già dal primo scrutinio e ricomparso successivamente con un numero altalenante di voti, dovuto a quella che sembrava un’inamovibile volontà di lasciare il Quirinale, ha visto compattarsi su di sé ben 738 voti una volta espressa la sua disponibilità. Il sesto scrutinio, il pomeriggio del 20 aprile, ha sentenziato che Napolitano è di nuovo, o ancora, Presidente.
Le sue prime parole dopo l’ufficializzazione della nomina sono state di saluto e di omaggio al Presidente della Camera Boldrini e al Presidente del Senato Grasso per il ruolo svolto nel presiedere la Seduta Comune, di per sé impegnativa e in questo contesto particolarmente “tormentosa”. Ha poi aggiunto:
“Potete immaginare come abbia accolto con animo grato la fiducia espressa liberamente sul mio nome dalla grande maggioranza dei componenti l’Assemblea dei Parlamentari e Delegati Regionali e come abbia ugualmente accolto la fiducia con cui tanti cittadini hanno ansiosamente atteso una positiva conclusione della vicenda cruciale e difficile dell’elezione del Presidente della Repubblica (..) Lunedì dinanzi alle camere in seduta comune io avrò modo di dire quali sono i termini entro i quali ho ritenuto di poter accogliere in assoluta limpidezza l’appello rivoltomi ad assumere ancora l’incarico di Presidente e preciserò come intenda attenermi rigorosamente all’esercizio delle mie funzioni istituzionali. Auspico fortemente che tutti sapranno onorare i loro doveri concorrendo al rafforzamento delle Istituzioni Repubblicane. Dobbiamo guardare tutti come io ho cercato di fare in queste ore, alla situazione difficile del Paese, ai problemi dell’Italia e degli italiani, all’immagine e al ruolo internazionale del nostro Paese”.
Si attende ora di conoscere i “termini” di cui Napolitano ha parlato ieri e di come egli abbia intenzione di procedere alla formazione del nuovo Governo: dopo le spaccature sempre più visibili all’interno del PD, che hanno portato alle dimissioni di Bersani, e l’allineamento di SEL ai 5 Stelle nel non accogliere troppo favorevolmente la rielezione di Napolitano, vista come il primo passo verso il tanto avversato governo di larghe intese, la situazione politica in cui il rinnovato Presidente dovrà tentare di mettere ordine è decisamente problematica.
Governo di larghe intese, nuovo governo tecnico, esecutivo di scopo, governo del Presidente: cosa attende l’Italia?
Michela Romagnoli