STRASBURGO, 28 MAGGIO ’13- “Nessuno può essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti” recita l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ( CEDU), uno dei più importanti documenti di tutela in ambito europeo. L’Italia non ha rispettato questo fondamentale principio: lo ha affermato ieri la Corte europea di Strasburgo che si è pronunciata sul caso sovraffollamento delle carceri italiane. La Corte ha rigettato il ricorso presentato dall’Avvocatura di Stato di riesame della sentenza emessa lo scorso gennaio che ha condannato l’Italia per trattamento inumano e degradante di sette detenuti del carcere di Busto Arsizio e di Piacenza. Ora l’Italia ha un anno di tempo per ottemperare alla sentenza divenuta definitiva, per risolvere il problema e avviare una procedura di risarcimento dei detenuti-vittime, per un ammontare individuato in 100mila euro per i danni morali. Questa sentenza rappresenta per l’Italia un precedente pericoloso perché se non si adotteranno entro l’anno delle modifiche strutturali e compiute lo Stato potrà trovarsi a dover far fronte a migliaia di altre richieste di risarcimento di altri detenuti già pendenti davanti alla Corte di Strasburgo e a tutte quelle che potranno seguire questa scia. Sul punto era anche intervenuta pochi giorni fa il Ministro della Giustizia Cancellieri, che aveva denunciato le condizioni inumane delle carceri italiane definite indegne di un paese civile, prospettandone una modifica. Il problema del sovraffollamento nel nostro paese è piuttosto consistente: i dati registrati da Antigone riportano un totale di detenuti pari a 66mila persone a fronte di una capienza massima di circa 45mila. Infatti in quasi tutte le carceri si assistono a scene degradanti di ben 8 persone stipate in celle ideate per 4 o addirittura per 2, con conseguenti problemi igienici e soprattutto di convivenza, difficili da gestire da parte degli agenti in particolare perché ad oggi presenti sempre in numero ristretto e inadeguato.
ALESSIA RONDELLI