28 MAGGIO ’13, PALERMO – E’ iniziato ieri, alla ricorrenza del 20esimo anniversario della strage fiorentina di via dei Georgofili, l’attesissimo processo Stato-mafia che vede Stato e mafia coimputati. Il tutto è iniziato nell’aula bunker del carcere di Pagliarelli. Il primo atto si è risolto in un nulla di fatto, con rinvio dell’udienza al prossimo venerdì 31 maggio.
Bombe, assassinii, ricatti, accordi sotterranei di resa. Delle due l’una: o la montagna partorirà il topolino, oppure all’esito di questo processo verranno evidenziate verità disarmanti ed intollerabili.
Si chiama processo Stato-mafia perchè gli imputati lo sono nelle loro figure di esponenti o ex esponenti di Cosa Nostra o dello Stato, di sue istituzioni. Sono dieci: i capimafia Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Ciná, ma anche l’ex senatore Marcello Dell’Utri, l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino, gli ex vertici del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, il pentito di mafia Giovanni Brusca e il collaborante Massimo Ciancimino. Quest’ultimo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia all’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, mentre Mancino, deve rispondere di falsa testimonianza.
Proprio la voce di Mancino ieri si è fatta sentire: ” Ho fiducia e speranza che venga fatta giustizia e che io esca a più presto dal processo”. Mancino dice di non rappresentare lo Stato nella sua qualità di imputato: “Io ho sempre combattuto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c’è la mafia. Chiederemo uno stralcio. Io non rappresento lo Stato, sono l’ex ministro dell’Interno. Io rappresento me stesso con una imputazione diversa da quella degli altri imputati. Io sono imputato di falsa testimonianza perchè la mia parola è stata ritenuta inadeguata rispetto a qualche collega che all’epoca era ministro”.
Per gli altri otto imputati il capo d’accusa è di violenza o minaccia a Corpo politico dello Stato. Due posizioni sono già state stralciate: l’ex ministro Calogero Mannino e il boss Bernardo Provenzano. Il primo ha scelto il rito abbreviato mentre il capomafia, a causa delle sue condizioni di salute, viene giudicato in un processo parallelo davanti al gup Piergiorgio Morosini.
I testimoni che saranno chiamati a depositare quanto sanno sono ben 178 e tra di questi vi sono anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e l’attuale Presidente del Senato, Pietro Grasso. Ititolari dell’accusa sono il procuratore generale Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene: prima della partenza per il Guatemala, tra di loro c’era anche Antonio Ingroia.
La trattativa tra pezzi dello Stato e i vertici di Cosa nostra sarebbe iniziata nella primavera del 1992, cioè subito dopo l’omicidio dell’eurodeputato Dc Salvo Lima e sarebbe proseguita almeno fino al 1994, il giorno del fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma dove Cosa nostra voleva uccidere centinaia di Carabinieri. A prendere i primi contatti con esponenti della mafia corleonese sarebbero stati, appunto all’inizio del 1992, l’allora colonnello del Ros Mario Mori e l’allora capitano Giuseppe De Donno, che chiesero di vedere Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, che aveva contatti con Totò Riina e Bernardo Provenzano. Al centro del processo le telefonate tra l’ex consigliere giuridico del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, Loris D’Ambrosio, morto la scorsa estate, e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino. Colloqui telefonici iniziati il 25 novembre del 2011 e proseguiti fino al 5 aprile del 2012, e tutte intercettate dalla Procura di Palermo.
L’associazione Libera di Don Ciotti e il Comune di Firenze, nella figura del sindaco Matteo Renzi, l’ Associazione Nazionale Antimafia, l’associazione nazionale dei testimoni di giustizia, l’associazione anti racket Libere Terre, la Provincia di Firenze, la Regione Toscana e l’associazione dei familiari delle vittime di via Georgofili, un carabiniere vittima dell’attentato di Milano, l’associazione Addio Pizzo, Salvatore Borsellino a titolo personale, l’associazione nazionale giuristi democratici e il comune di Campofelice di Roccella hanno chiesto alla Corte d’Assise di Palermo la costituzione di parte civile nel processo per la trattativa Stato-mafia.
MOSE’ TINTI