L’IDEA E’ INCENTIVARE SEMPRE PIU’ LE MISURE ALTERNATIVE:CARCERE EXTREMA RATIO
– di Alessia Rondelli
Roma, 16 giugno ’13 – Il Ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha presentato al Consiglio dei Ministri il progetto di riforma delle carceri, “cd decreto tampone”, contenente misure urgenti e necessarie, in entrata ed in uscita, per alleggerire la pressione sulle carceri. Con questo ddl il Guardasigilli cerca di dare risposta all’annoso problema del sovraffollamento delle carceri italiane, in cui a fronte di una capienza totale disponibile di circa 45.000 detenuti ad oggi ne risultano ben 66.000 mila. Problema indilazionabile quanto catastrofico per un paese civile che ancora una volta si tenta di arginare con misure-tampone, piuttosto agili, al fine di ottenere una riduzione della popolazione carceraria di almeno 3.500-4.000 persone. In realtà si tratta di un mix di interventi tutti riconducibili però sulla via maestra delle misure alternative per aumentarne, nei limiti del possibile, l’utilizzo lasciando la reclusione come pena di estrema ratio. Secondo il ministro tale pena andrebbe limitata ai soli reati più gravi, introducendo a tal fine la detenzione domiciliare e il lavoro di pubblica utilità come sanzioni autonome. Al momento la bozza prevede diverse novità: in primis detenzione domiciliare per i delitti puniti con la reclusione fino a 6 anni, maggiorazione della liberazione anticipata da 45 a 60 giorni a semestre di pena scontata, inoltre la riconoscibilità di tale misura anche a chi in custodia cautelare ha un residuo di pena non superiore ai 3 anni, previsione della sospensione dell’esecuzione della pena nei casi di detenzione domiciliare in cui la pena non superi i 4 anni. Altro fronte d’intervento riguarda il lavoro di pubblica utilità: viene ampliata la possibilità di assegnazione di detenuti ad attività in favore della collettività, da svolgere a titolo volontario, come anche le ipotesi di assegnazione per i detenuti tossicodipendenti, esclusi i condannati per i più gravi reati, ed inoltre più sgravi per le aziende che assumono detenuti. Su questa scia è stata infatti rilanciata l’idea di riaprire almeno parzialmente il carcere sull’Isola di Pianosa destinandola ad accogliere detenuti lavoranti all’esterno. Sono solo alcune delle modifiche introdotte con le quali si persegue in realtà l’obiettivo di rientrare negli standard europei ed internazionali che hanno già determinato per l’Italia diverse condanne, ma il vero e proprio piano carceri avrà bisogno di ben più lavoro e tempo. Particolare attenzione è stata portata anche su un altro delicato profilo del carcere: oltre un milione di bambini in Europa, 100.000 solo in Italia sono costretti a vivere negli istituti penitenziari per mantenere il legame affettivo con i loro genitori. “Mai più i bimbi in carcere”, è l’ultimo monito lanciato dal Ministro, “ad oggi sono una sessantina le madri detenute con i loro figli in cella”. Una situazione che trasforma e stravolge la vita di questi bimbi costretti a vivere sempre sotto rischio di discriminazione ed emarginazione perché figli di detenuti, avrebbero invece diritto ad un altro ambiente, protetto ed adeguato, nel rispetto del loro diritto di essere bambini. Attualmente in varie carceri italiane si sta sperimentando un nuovo progetto “Lo Spazio Giallo”, un luogo integrato socio-educativo per i bambini e le famiglie che si preparano all’incontro con il genitore detenuto, con l’obbiettivo di sensibilizzare il grande pubblico sul rispetto di queste particolari vicende. Allo stesso tempo si persegue anche una funzione di prevenzione sociale: per il figlio si evita il distacco dal genitore e lo si accompagna nella comprensione del suo comportamento, mentre per il genitore la vicinanza diventa stimolo e motivazione per evitare di ripetere gli errori commessi. Attualmente il problema nelle carceri rimane quello dell’inadeguatezza della gestione dei colloqui e delle visite, senza attenzione alle gravi conseguenze che si creano col rischio di cancellazione della genitorialità stessa, ed ai pesanti scompensi che ne derivano nella vita futura di quei bambini. Si auspica quindi ad una riforma in tale senso che da un lato umanizzi il carcere e dall’altro trasformi i comportamenti sociali sul territorio, riducendo il disagio delle persone e della società in genere.