DALL’11 OTTOBRE 2013 AL 1 FEBBRAIO 2014 IL GENIO DI ANDY WARHOL IN UNA MOSTRA AL PALAZZO D’ARTE E CULTURA DI PISA
di Valentina Copparoni
“Andy Warhol. Una Storia Americana” è il titolo della mostra curata da Walter Guadagnini e Claudia Beltramo Ceppi che dal prossimo 11 ottobre e fino al 1 febbraio 2014 sarà visitabile a Pisa presso il Palazzo d’Arte e Cultura. Oltre 150 opere che provengono dall’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, ma anche da collezioni americane e europee pubbliche e private attraverso le quali sarà possibile ripercorrere il genio di Warhol.
“Non è forse la via una serie di immagini che cambiano solo nel modo di ripetersi?” (Andy Warhol).
Considerato uno vero genio artistico, visionario e musa ispiratrice del movimento pop art americano, Andy Warhol, nome d’arte di Andrew Warhola Jr, nasce a Pittsburgh (in Pennsylvania) nel 1928.
L’estro artistico di Andy si mostra sin da subito, da quando durante l’infanzia vissuta tra le difficoltà dei sobborghi nel periodo della grande depressione, ama collezionare le fotografie delle star del cinematografo, quasi in maniera maniacale. La passione per le collezioni di ogni genere e di ogni cosa accompagna Andy per tutta la vita, raccolte che spesso conserva dentro scatole di cartone che lui stesso chiama “time capsule”, capsule del tempo.
Andy ha un talento innato che esplode in tutta la sua forza quando si trasferisce a New York dove lavora come pubblicitario per riviste del calibro di Vogue, Glamour e New Yorker. Dopo i primi successi in mostre personali e scenografie, viaggia per l’Europa e l’Asia e negli anni ’60 inizia a realizzare dipinti che si rifanno a fumetti (Superman, Braccio di Ferro) ed immagini pubblicitarie (iniziano a comparire le prime lattine di Coca Cola) oltre a dedicarsi a temi di forte impatto come i c.d. Car Crash (incidenti automobilistici) e Electric Chair ( le sedie elettriche).
Utilizza con sempre maggiore maestria la tecnica della serigrafia che gli permette di replicare in serie le sue opere, una moltiplicazione materiale che si trasforma anche in una moltiplicazione del successo: le tele che raffigurano Marlyn Monroe, James Dean, Elvis Presley, Marlon Brando, Elisabeth Taylor, Che Guevara e Mao Zedong sono soltanto alcune delle raffigurazioni più famose. . Il suo modo di trattare gli oggetti che raffigura fa sì che di fatto questi perdano il loro reale significato che sfuma nell’infinita ripetizione della medesima immagine quasi sempre con alternanza di colori in prevalenza vivaci e forti. Le opere diventano quasi uno specchio di quella società dell’immagine che ormai caratterizza la vita di tutti i giorni e che coinvolge tutti in maniera indistinta: dal grande leader politico all’attrice famosa al cittadino comune che comunque ha diritto di “usufruire” dell’arte come se fosse quasi un prodotto commerciale alla stregua di tanti altri.
Attraverso la sua particolare lente di ingrandimento , Andy rivisita anche le grandi opere del passato da cui è affascinato nonostante il suo percorso artistico apparentemente molto lontano e così che nasce “L’ultima cena” di Leonardo da Vinci, il celebre “Goethe” da Johann H.W. Tischbein e la “Venere” del Botticelli o le rivisitazioni dei capolavori di Paolo Uccello e Piero della Francesca, cercando di darne una propria lettura non sempre compresa soprattutto dai mass media che criticano questo sua interpretazione in chiave moderna e quasi visionaria di opere considerate intoccabili.
Andy è poliedrico e oltre alla pittura, scenografia, scultura, si dedica anche alla musica e ai film. Fallito il tentativo di fondare un gruppo musicale con due dei più celebri compositori d’avanguardia del periodo (La Monte Young e Walter de Maria), nel 1967 si lega al gruppo rock dei Velvet Underground di Lou Reed di cui finanzia il primo disco e disegna anche la celebre copertina d’esordio: una semplice banana gialla su sfondo bianco che rimarrà per sempre un’icona ovunque riconoscibile.
Per il cinema realizza alcuni cortometraggi o lungometraggi come “Sleep” e “Empire” ma anche film sulla cultura gay newyorkese censurati e spesso pubblicati soltanto tanti anni dopo in occasioni di mostre dedicate ad Andy.
La produzione cinematografica di Warhol conta anche tantissimi film ritratti di importanti personaggi che ruotano attorno a “Factory” ”, gruppo da lui stesso creato, una sorta di spazio aperto alle idee in cui giovani artisti newyorkesi possono trovare un punto di riferimento e di ritrovo per dare voce al loro spirito artistico. Si tratta dei c.d. “Screen Test” dove i protagonisti vengono ripresi per tre minuti con camera fissa su fondo nero.
Nel 1968, due giorni prima dell’attentato mortale a Bob Kennedy, rischia la morte, all’interno della “Factory”. Una donna Valerie Solanas, unico membro della c.d. S.C.U.M. (società che si propone di eliminare gli uomini) spara ad Andy ed al suo compagno di allora Mario Amaya, entrambi si salvano ma l’episodio segna inevitabilmente Andy. Valerie Solanas dichiara di aver sparato perché Warhol “aveva troppo controllo sulla sua vita”. E’ la terza volta che uno squilibrato si introduce nello studio di Warhol e fa fuoco: la prima, nel 1964, quando una donna spara contro una pila di Marilyn; la seconda nel 1967, quando un uomo irrompe nella Factory minacciando di morte Warhol, Hughes, Billy Name e poi punta la pistola alla tempia di Morrissey, che si salva solo grazie all’inceppamento dell’arma.
Dopo aver fondato anche una rivista “Interview” che ruota intorno ad arte e moda ed aver scritto un libro “La filosofia di Andy Warhol (dalla A alla B e ritorno)” , il 22 febbraio 1987 Andy Warhol muore a seguito a un intervento chirurgico alla cistifellea, dopo aver realizzato “ Last Supper” ispirato all’Ultima cena di Leonardo.
L’anno successivo 1988, 10.000 oggetti di sua proprietà vengono venduti all’asta per finanziare la “Andy Warhol Foundation for the Visual Arts”.
Andy nella sua vita frenetica sembra porsi un solo obiettivo: demistificare la pittura, l’opera d’arte. Per lui l’arte è invece “un prodotto” al pari di tanti altri. Racconta nel suo libro: “Alcune aziende erano recentemente interessate all’acquisto della mia aura. Non volevano i miei prodotti. Continuavano a dirmi: ‘vogliamo la tua aura’. Non sono mai riuscito a capire cosa volessero.”
Ed ancora: “Un artista!!! Che cosa intendi per ‘artista’? Anche un artista può affettare un salame! Perché la gente pensa sempre che gli artisti siano qualcosa di speciale? È solo un altro lavoro.”
Ed ancora… “Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca, e nessuna somma di denaro può procurarti una Coca migliore di quella che beve il barbone all’angolo della strada. Tutte le Coche sono uguali e tutte le Coche sono buone. Liz Taylor lo sa, lo sa il Presidente, lo sa il barbone e lo sai anche tu.”
In queste parole è racchiuso un pezzo dell’anima e del pensiero di questo genio ribelle che volendo rendere il più normale possibile i suoi “prodotti”, in realtà ha creato qualcosa di straordinariamente unico ed originale, come lui.
Quei quindici minuti di celebrità che secondo Andy tutti dovrebbero avere, per lui si sono moltiplicati, in una successione esponenziale simile alle sue opere in serie.
Questo è Andy Warhol, di lui si è detto tutto ed il contrario di tutto, ovvero ciò che lui stesso ha sempre voluto.