NATIONAL GEOGRAPHIC HA PUBBLICATO LE MAPPE DELLA TERRA DOPO LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Rossi-Papa- Copparoni)
Sui Poli è concentrato il 10% del livello delle acque di tutto il Pianeta Terra. Quali sarebbero le conseguenze del suo scioglimento, che purtroppo avanza sempre più veloce a causa dell’innalzamento delle temperature. In una simulazione apparsa su National Geographic di ottobre viene mostrato ciò che accadrebbe alle terre emerse in caso di scioglimento dei ghiacciai. Un’ipotesi che per gli studiosi non è affatto assurda e lontana, ma purtroppo si basa sui dati degli ultimi decenni. Il trend preoccupante, che secondo gli studiosi porterebbe in circa 5000 anni allo scioglimento completo dei ghiacciai, era stata evidenziato a maggio dall’animazione di Google Earth Engine con la collaborazione di Nasa, Times e Servizio Geologico Usa. Ogni anno, avvertono gli esperti, i ghiacciai si ritirano di 17,8 centimetri, espressione di un aumento delle temperature, rispetto agli inizi del XX secolo, di 0,5° Celsius.
Se l’uomo non porrà un freno alla sua autodistruzione, il livello dei mari si alzerà di 66 metri tra 5000 anni. La geografia del Pianeta, come evidenziato dalle immagini delle mappe virtuali simulate su Nat Geo, cambierebbe drasticamente. In Europa, solo per fare un esempio, intere nazioni come Belgio, Olanda e Danimarca scomparirebbero. In Italia, la Pianura padana sarebbe totalmente sommersa, così come tutte le zone costiere. La Puglia sarebbe divisa a metà, e il Salento diverrebbe un’isola.
La tragedia nelle Filippine, in Sardegna e molte molte altre che purtroppo troppo spesso si susseguono sono solo un triste esempio, un piccolo antipasto di quello che sta accadendo e che in un futuro neppure così lontano come quello ipotizzato come scenario finale, potrebbe accadere.
Le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide si stanno davvero ritirando e anche molto velocemente.
Il crescente del livello degli oceani potrebbe infatti aumentare il rischio di catastrofiche inondazioni come quelle provocate un anno fa dall’uragano Sandy a New York e nel New Jersey e poche settimane fa nelle Filippine. I danni ambientali piuttosto imminenti potrebbero prevedere l’erosione massiccia e la contaminazione degli acquiferi e dei terreni. E sugli scenari di lungo periodo sopra ipotizzati, milioni di persone potrebbero essere costrette ad abbandonare le coste per spostarsi in zone più interne.
Un articolo pubblicato lo scorso anno su Science rafforza questa tesi. Lo studio riportato rappresenta il rapporto tra il ghiaccio che si deposita nelle calotte e quello che si scioglie o si stacca. Tra il 1992 – anno di inizio dei rilevamenti satellitari – e il 2011, i risultati mostrano che entrambe le calotte glaciali, a parte l’Antartide orientale, stanno perdendo massa. In questi 20 anni, la Groenlandia ha perso 152 miliardi di tonnellate di ghiaccio, l’Antartide occidentale almeno 65 miliardi, la penisola antartica 20 miliardi, mentre solo la massa glaciale dell’Antartide orientale è aumentata di 14 miliardi di tonnellate.
La diminuzione dei ghiacci è legata al riscaldamento globale
L’analisi dello studio pubblicato dimostra che il fatto che la Groenlandia stia perdendo ghiaccio almeno 5 volte di più rispetto a vent’anni fa, è legato all’aumento della temperatura dell’aria nelle regioni artiche. E nell’Antartide occidentale la perdita di ghiaccio è molto più veloce proprio in corrispondenza dell’area in cui l’oceano si sta riscaldando. Solo l’Antartide orientale vede invece un aumento della sua massa glaciale, il che coincide con i più alti tassi di nevosità previsti dai cambiamenti climatici.
Secondo la ricerca, dal 1992 ad oggi lo scioglimento dei ghiacci ha causato un innalzamento del livello dei mari di almeno 11 millimetri – circa il 20% dell’aumento totale. Ma non è tutto: un altro studio, pubblicato su Environmental Research Letters, mostra che il livello dei mari cresce di circa 3,2 mm all’anno, almeno il 60% di più di quanto stimato da un’altra ricerca dell’IPCC.
Mareggiate, inondazioni, tifoni, uragani. Ma alla politica tutto questo non importa. C’è chi, molti a dire il vero, chiudono gli occhi e rimandano il problema alle generazioni che verranno. C’è chi, come il sindaco uscente di New York Bloomberg si preoccupa di trovare un tampone per limitare i danni del problema, stanziando diversi miliardi di dollari per un mega-progetto di barriere costiere per proteggere New York, sullo stile di Rotterdham.
Ma solo in poche voci isolate vogliono applicare la cura per risolvere il problema. La cura già c’è.
Vanno drasticamente ridotte le emissioni di CO2, tra le principali cause dell’innalzamento della temperatura della calotta terrestre, che come detto a sua volta determina a catena lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari.
Vanno incentivate fonti di produzione energetica alternativa e non inquinante.
Ma gli interessi in gioco sono ricchissimi, e forse talmente tanto da far chiudere gli occhi a chi sta ogni giorno decidendo di condannare i propri figli, o i propri nipoti, a vivere in un mondo peggiore.
E addirittura a morire.
Apriamo gli occhi, le nuove generazioni, chi occupa i posti di potere o chi ambisce ad occuparli, parliamo della nostra TERRA non di affari, parliamo di VITA, di nuove generazioni, di disastri già talmente tangibili da far venire i brividi alla schiena.
Gli interessi non possono prevalere sempre. Non ora.
Non più.
(Fonte: National Geographic)