Il Delitto del catamarano e la fuga di De Cristofaro in permesso premio

IL RICORDO DI UNA TRAGEDIA CHE INSANGUINO’ LE MARCHE

di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

de cristof“Faccia d’angelo” lo chiamano. “Faccia d’angelo” ha oggi 60 anni e le mani ancora odorano di sangue.

“Faccia d’angelo” era in permesso premio, uscito dal carcere di Porto Azzurro (Isola d’Elba) per “assaggiare” a poco a poco scampoli di libertà.

Già in passato “Faccia d’Angelo” era scappato durante un permesso premio, dal carcere di Opera. Ora la procura di Ancona, che segue le indagini, dovrà stabilire se questo ulteriore permesso sia stato concesso con troppa facilità a un uomo che si è macchiato di un delitto atroce con la complicità di una ragazzina allora minorenne e che già in passato, con la prima fuga, ha dato prova di una “buona condotta” forse soltanto di facciata.

Filippo De Cristofaro è “Faccia d’angelo”. Nell’estate del 1988 massacrò con un machete la skipper Annarita Curina, 34 anni: voleva rubarle il catamarano per una «indimenticabile» crociera per i mari del mondo insieme alla diciassettenne olandese Diana Beyer . Annarita, divorziata da poco tempo, il 10 giugno aveva ospitato la coppia, erano diventati amici e insieme avevano deciso di trascorrere un periodo di vacanze alle Baleari.

Il corpo della skipper pesarese  venne ripescato dalle reti di un peschereccio al largo di Senigallia il 28 giugno. Il catamarano, rubato dall’allora trentaquattrenne Faccia d’angelo  e dalla sua giovano compagna olandese fu ritrovato nel porto di Ghar el Melh, in Tunisia. Loro avevano cercato di fuggire dal deserto del Sahar a dorso di cammello. Arrestati, negarono per giorni, poi crollarono e raccontarono tutta la verità.
Il primo fendente  di coltello partì dalla mano  della ragazza olandese, ma fu Filippo a massacrarla a colpi di machete e a sbarazzarsi del corpo. E i due salparono subito dopo per la agognata crociera. Processata dal tribunale dei minori, il 17 dicembre 1988, Diana Beyer venne condannata a sei anni e sei mesi di reclusione. De Cristofaro fu invece condannato a 30 anni in primo grado, ma poi la pena divenne ergastolo in appello.

Diana era una ragazzina, con la testa piena di sogni e di belle parole. Filippo De Cristofaro era un istruttore di danza, pieno di voglia di fare “la bella vita”. Nonostante la netta ostilità dei genitori di Diana verso quella relazione che “non s’aveva da fare”, i due si misero a sognare una vita in Polinesia. Il catamarano di Annarita Curina era il “tram” verso la felicità, e uccidere era soltanto una fermata necessaria di quel viaggio nell’autostrada verso il Paradiso.

Fu l’inferno. Il “Delitto del Catamarano” sconvolse le Marche.
Diana ebbe una seconda chance pochi anni dopo, e a Rotterdam si ricostruì una vita daccapo. Tre figlie, un ex marito greco separato, che ha scoperto il passato nascosto di Diana poco tempo fa.Avvicinata da una giornalista del Corriere della Sera, la donne chiede solo silenzio e oblio per il suo passato, che ancora la perseguita.

Ma come è possibile che un uomo come de Cristofaro sia libero di uscire dal carcere in permesso?

Cos’è un permesso premio e come è disciplinato?

Il permesso-premio (art. 30 ter L. n. 354/1975 Ordinam. Peniten., introdotto dalla legge Gozzini n. 663/1986) rappresenta una misura di incentivo al reinserimento sociale nel più ampio significato della funzione rieducativa della pena perché consente ai detenuti di uscire dal carcere per coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro. Requisiti essenziali per la concessione sono la regolare condotta (costante senso di responsabilità e correttezza) e l’assenza di pericolosità sociale, i quali devono essere valutati attentamente. Inoltre esistono dei limiti oggettivi: a) pene inferiori ai 3 anni, b) pene superiori ai 3 anni dopo l’espiazione di almeno 1/4 della pena, c) reati dell’art. 4bis dopo l’espiazione di almeno metà della pena e comunque di non oltre 10 anni, d) per l’ergastolo dopo l’espiazione di almeno 10 anni. I permessi possono avere durata massima di 15 giorni ogni volta per  una durata complessiva di 45 giorni ogni anno e sono concessi su istanza al magistrato di sorveglianza competente per territorio sentito il parere motivato del direttore del carcere. L’esperienza dei permessi premio è parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.

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