Il riconoscimento delle unioni civili tra diritto e omofobia

DOPO LA BATTAGLIA TRA MARINO E ALFANO SULLE TRASCRIZIONI DI NOZZE 

di Dott.ssa Barbara Fuggiano (Praticante avvocato)

Image1264Questa volta ad accendere la miccia ci ha pensato il Sindaco di Roma, Ignazio Marino. Il motivo? L’aver trascritto le nozze celebrate all’estero di 16 coppie omosessuali nel Registro della Capitale.

Quasi immediata la risposa del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che ha invitato Marino a regolarizzare i registri dello stato civile stralciando le trascrizioni dello scorso sabato, nel rispetto di una circolare inviata ai prefetti dal Ministro dell’Interno Angelino Alfano qualche giorno fa, il 7 ottobre. Dall’atto si evince che “in Italia non è possibile che ci si sposi tra persone dello stesso sesso, quindi… quei matrimoni non possono essere trascritti nei registri dello stato civile italiano, per il semplice motivo che non è consentito dalla legge” poiché l’equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli tra persone di sessi diversi e la conseguente trascrizione nei registri dello stato civile rientrano nella competenza esclusiva del legislatore nazionale.

Il primoIo non obbedisco” (sono lontani i tempi dell’obbedienza garibaldina.. per fortuna, questa volta!) alla circolare di Alfano arriva dal sindaco di Bologna, Virginio Merola, che ha ritenuto “tragicomico” rispondere così a questioni che riguardano la vita concreta di molte persone, seguito a ruota dai sindaci di Udine, Napoli e Milano.

Ignazio Marino, intanto, ha prontamente replicato al prefetto di Roma: “il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato all’estero non è inesistente e non costituisce minaccia per l’ordine pubblico. La non trascrizione di quegli atti per via dell’orientamento sessuale delle coppie sarebbe stata un atto palesemente discriminatorio, violando l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”.

Quella di Roma non è stata la prima volta. La prima città a trascrivere l’unione celebrata all’estero (in Olanda, nel 2008) di due uomini è stata proprio Fano, qualche mese, fa con un atto diretto del Sindaco; in realtà, era già successo pochi giorni prima, a Grosseto, ma si era trattato di ottemperare ad un’ordinanza del Tribunale.

In un Paese dove il tema delle unione gay è stato “lasciato senza una guida e una legge” – riprendendo le parole di Marino – il Primo Ministro è pubblicamente intervenuto sollecitando il riconoscimento delle unioni civili (etero/omosessuali) secondo il modello “alla tedesca”, in vigore dall’ormai lontano 2001, delle civil partnership: “se potessi farle da solo sarebbero già fatte entro dicembre ma non siamo in una dittatura”. Si tratterebbe di riconoscere alle coppie omosessuali gli stessi diritti delle coppie sposate (reversibilità della pensione, diritto alla successione in caso di morte e possibilità di assistenza negli ospedali e nelle carceri, partecipazione ai bandi per le case popolari, sussidi fiscali) con due diffenze sostanziali: non si tratterà formalmente matrimonio e sarà vietato alle coppie omosessuali di adottare bambini (ad eccezione dei figli naturali adottivi del partner).

Berlusconi – che non riesce mai a non far notizia – ha stranamente accolto di buon grado l’accelerazione proposta da Renzi al riconoscimento delle unioni civili, affermando nel corso di una conferenza stampa: “la legge tedesca sulle unioni civili rappresenti un giusto compromesso tra il rispetto profondo dei valori cristiani, a cui teniamo molto, e della famiglia tradizionale. Ma chi ha responsabilità pubbliche non può non intervenire quando le esigenze della società cambiano”. E pensare che proprio il Cavaliere qualche tempo fa si dilettava in battute omofobe (si ricordi quel “meglio guardare le belle ragazze che essere gay” che fece il giro del mondo) e a sfilare tra la folla nel Family Day.

La regolamentazione delle unioni civili, si badi, non è necessariamente un problema legato solo alle coppie dello stesso sesso. Per “unione civile”, infatti, si deve intendere qualunque forma di convivenza tra due persone che volontariamente o involontariamente non contraggono matrimonio e che ha rilevanza giuridica nell’ordinamento.

Numerosi sono i comuni italiani che, con deliberazione del Consiglio Comunale, hanno istituito il Registro delle Unioni Civili, permettendo alle coppie di fatto, dello stesso sesso o di sesso diverso, di iscriversi per poter godere delle agevolazioni nei servizi pubblici locali in tema di abitazione, sanità, diritti e partecipazione, trasporti, evitando condizioni di svantaggio economico-sociale o di discriminazione.

La proposta del Governo in materia di Unioni Civili, in verità, intende separare la normativa riguardante le coppie di fatto eterosessuali – da includersi nella regolamentazione di una sorta di “patti di convivenza” – plausibilmente perché a queste ultime rimane sempre la possibilità di sposarsi, sottratta, invece, alle prime.

Il problema non è nuovo all’Italia, tutt’altro.

Basti pensare al disegno di legge sui “Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi” (DICO) presentata dal Governo Prodi sulla scia dei PACS francesi nell’ormai lontano 2007 o a quello sul “Contratto di Unione Solidale” (CUS) del medesimo periodo. Beneficiari dei ddl sarebbero state le persone conviventi – ossia “due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela” – da almeno tre (per il riconoscimento della tutela sul posto di lavoro) o nove (per il riconoscimento dei diritti successori) anni, fermi restando i diritti immediatamente fruibili (in materia di locazione, assistenza sanitaria, trattamento pensionistico e previdenziale, decisioni in caso di incapacità di intendere e volere del compagno) e regolarmente iscritte presso gli appositi registri anagrafici del Comune.

Più in sordina è passato il disegno di legge di Brunetta “Diritti e doveri di reciprocità dei conviventi” (DiDoRe) presentata nel 2008 alla II Commissione Giustizia della Camera, che ha vanamente iniziato ad esaminarla nel 2012. I DiDoRe si vantavano di riconoscere alle coppe di fatto solo diritti individuali, senza alcun onere a carico dello Stato o dei contribuenti, a differenza dei DICO che avrebbero permesso al convivente superstite di percepire una pensione di reversibilità per diversi anni. Forse non è solo il nome a ricordare un cartone animato.

Inoltre, ancora una volta, la giurisprudenza precede gli interventi legislativi.

In merito alla convivenza more uxorio – quale formazione sociale idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona umana meritevole di tutela ai sensi dell’art. 2 Cost. – l’evoluzione giurisprudenziale ha portato a riconoscere al convivente: il diritto al risarcimento del danno morale e patrimoniale in caso di morte dell’altro per fatto illecito del terzo, la totale parità dei diritti dei figli della coppie di fatto rispetto ai figli nati nel matrimonio (una recente conquista anche legislativa, con la l. 219/2012), il diritto a subentrare nell’assegnazione di un alloggio dell’edilizia residenziale pubblica in caso di morte del convivente assegnatario nonché il diritto a subentrare nel contratto di locazione della casa comune in caso di morte del convivente titolare del contratto, il diritto a stipulare un contratto atipico di convivenza.

Tuttavia, i diritti successori (salvo il caso di testamento e ferma, comunque, la legittima), i doveri coniugali e il diritto al TFR e alla pensione di reversibilità non possono che rimanere fuori dalla regolamentazione delle coppie di fatto, nel silenzio normativo.

Tirando le somme: per quanto discutibili nei contenuti, le vecchie proposte di legge riconoscevano in uguale misura diritti e doveri alle coppie di fatto dello stesso sesso o di sesso diverso, senza alcuna distinzione, mentre l’ attuale proposta di ricezione dei civil partnership tedeschi escluderebbe le coppe eterosessuali.

D’istinto mi viene da pensare che, ancora una volta, l’omosessuale è visto come diverso e come tale considerato e qualificato; una coppia di fatto contraddistinta da un legame affettivo forte e stabile rimane tale a prescindere dal sesso dei partners, ogni tentativo di distinzione non può che sporcarsi di discriminazione.

 

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