Dalla campagna “A.A.A. Cerchiamo malati terminali” al video-appello rivolto alle Camere
di Barbara Fuggiano (praticante avvocato)
“Come ho avuto modo di ribadire pubblicamente più volte durante questo mio primo anno e mezzo di mandato, ritengo che sul tema dei diritti civili ci sia, nella politica e nelle istituzioni, un vistoso ritardo rispetto alla maturazione che tali questioni hanno avuto nella società italiana. Questo divario è una causa non trascurabile di quel senso di lontananza e separatezza che da anni segna il rapporto tra i cittadini e i loro rappresentanti. Per parte mia, pur se il ruolo mi impedisce di pronunciarmi sui contenuti delle singole proposte, credo che uno degli strumenti utili a ridurre questa distanza stia nel dare nuovo vigore e risposte, finalmente credibili, alle iniziative legislative dei cittadini, come quella sul “rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia” che veniste a presentarmi a Montecitorio nello scorso ottobre”.
Con queste parole – oggetto di un messaggio inviato all’XI Congresso dell’Associazione Luca Coscioni tenutosi a Roma dal 19 al 21 Settembre 2014 – Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, esprime il suo impegno per l’avvio della discussione della proposta di legge di iniziativa popolare depositata a Montecitorio, insieme ad oltre 67mila firme, il 19 Settembre 2013. Il testo è consultabile online sul sito www.eutanasialegale.it.
“A.A.A. Cerchiamo malati terminali” è il provocatorio titolo della campagna-shock dell’Associazione Luca Coscioni del 2012 per raccogliere le testimonianze di persone malate che chiedono l’eutanasia e portare all’attenzione dell’opinione pubblica e politica il problema della c.d. “dolce morte” e del testamento biologico. In parte grazie a questa campagna, si sono potute raccogliere le firme necessarie per la proposta di legge popolare.
“Eutanasia: il Parlamento si faccia vivo” è, invece, il video appello presentato lo scorso 10 dicembre in Parlamento, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, per far sì che la proposta di legge, depositata oltre un anno fa, venga finalmente discussa. Al video, di 200 secondi, hanno partecipato in molti, tra malati, medici, infermieri, cittadini e, in particolare, personaggi famosi, scelta strategica – quest’ultima – che ha quanto meno consentito all’Associazione e ai promotori della proposta di diffondere le immagini anche in televisione.Il problema dell’eutanasia è solitamente accostato alla concezione del suicidio adottata dal nostro ordinamento, dal momento che riguarda quei soggetti che, malati incurabili o comunque fisicamente inabili, non possono, da soli, porre in essere condotte autosoppressive che pongano fine a quella che avvertono come una non-vita perché faticosa, non dignitosa, debilitante per se stessi e per i propri cari.Come noto, in Italia il suicidio non ha alcuna rilevanza penale, ma tale antigiuridicità è un fenomeno relativamente recente, pur trovando riscontro in tutte le moderne legislazioni.
L’opinione più tradizionale giustifica tale non punibilità con il principio secondo il quale tutto si estingue con la morte. Altri, in una posizione intermedia, vedono il suicidio come una libertà “autorizzata negativamente dall’ordinamento”, il quale ne comprende il disvalore, ma adotta un atteggiamento “neutrale” di mancata intromissione in tutte quelle attività che, non mettendo a repentaglio i diritti altrui ma solo il proprio diritto alla vita e all’integrità psico-fisica, devono essere tollerati. Infine, vi sono posizioni più “estreme” che rinvengono nel suicidio un diritto inviolabile e “garantito” dall’art. 2 Cost., secondo le quali, quindi, lo Stato avrebbe l’obbligo di soddisfare la volontà di quei soggetti che, per inabilità fisica, non sono in grado di suicidarsi da soli, al fine di rimuovere una possibile discriminazione.Soprattutto quest’ultima ricostruzione si pone in maniera aspramente critica di fronte agli artt. 579 (omicidio del consenziente) e 580 (istigazione o aiuto al suicidio) c.p.In parole povere, chi determina un soggetto sano (o, con il suo consenso, lo aiuta) a morire rischia di essere punito ai sensi degli artt. 579 e 580 c.p. Tuttavia, il soggetto sano ben può operare la scelta di morire da solo.Chi aiuta, con il suo consenso, un soggetto infermo o malato terminale a morire rischia di essere punito ai sensi dell’art. 575 c.p. per omicidio comune doloso (magari aggravato dall’uso di sostanze venifiche o dalla premeditazione) o ai sensi dell’art. 589 c.p. per omicidio colposo. La differenza tra le due posizioni è evidente.Il soggetto sano e cosciente che decide di suicidarsi non necessita “della mano altrui”, mentri chi si trova in condizioni di deficienza psichica e fisica non gode di tale libertà di scelta e deve richiedere l’intervento, commissivo, omissivo o indiretto, di altre persone, le quali rischierebbero conseguenze penali.
Proprio a superare questa lacuna dell’ordinamento e a dar voce a tutti quei malati che sono costretti a recarsi all’estero per essere aiutati a “morire dolcemente” la proposta di legge, ancora indiscussa in Parlamento, è ispirata.
Essa si preoccupa di introdurre una disciplina normativa esplicita e chiara che renda ogni cittadino in grado di rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari o di sostegno vitale nonché ogni terapia nutrizionale (per non incorrere nelle difficoltà di Eluana Englaro) tanto nel caso in cui il soggetto sia in grado di intendere e di volere quanto nel caso in cui si trovi in una situazione di incapacità sopravvenuta (art. 1).Ancora, la proposta di legge prevede che il medico o il sanitario, qualora non rispetti tale volontà del malato, sia tenuto al risarcimento del danno (art. 2), mentre, qualora la rispetti, non sia punibile ai sensi degli artt. 575, 579, 580, 593 c.p. (art. 3).
Infine, disciplina il c.d. “testamento biologico”, ossia la dichiarazione sottoscritta dal cittadino presso il proprio Comune di residenza o domicilio con la quale si esplicita la richiesta di eutanasia, qualora in un futuro ne ricorrano i presupposti e salva la conferma di una persona nominata come fiduciario (art. 4). In verità, in numerosi Comuni italiani è da anni già in atto la raccolta di queste dichiarazioni anticipate di fine-vita, costituendo queste l’azione necessaria (e, attualmente, unica) affinché, se ce ne fosse bisogno, non sia impossibile, particolarmente difficoltoso o doloroso ricostruire la volontà dell’interessato, come avvenne nel caso Englaro.
«Ritengo un mio diritto inalienabile poter scegliere se, come e quando morire» afferma Corrado Augias nel video-appello. «Se l’eutanasia fosse legale non aumenterebbero le morti, diminuirebbero le sofferenze» le parole di Neri Marcorè. «Io non so se lo farei, ma vorrei fossimo liberi di decidere» quelle di Mara Maionchi. «Onorevoli parlamentari, regolamentare l’eutanasia non significa permettere di morire, ma permettere di scegliere di che morte morire. Chi chiede l’eutanasia vuole solo morire con dignità. Ogni paziente dovrebbe essere libero di scegliere come, e fino a che punto, vivere la propria malattia. Se avesse potuto scegliere, mia madre avrebbe detto “no, grazie”. Mia madre è morta tra atroci dolori e io non ho potuto fare nulla… Se perdo definitivamente conoscenza, voglio che siano rispettate le mie volontà. Per questo serve una legge anche sul testamento biologico… Onorevoli, è passato più di un anno. Eppure il tema riguarderebbe un po’ tutti.. Anche il Presidente della Repubblica vi ha chiesto di discutere delle scelte di fine-vita. La maggioranza degli italiani è già a favore di una legge sull’eutanasia… Si tratta solo di riconoscere un diritto umano, il diritto di morire» proseguono altri. «Parrebbe semplice, no?» domanda ironicamente Pannella. «Ed è semplice», conferma Tagliaferri, «Basta cominciare a discuterne».