Epatite C:il 2016 sarà l’anno della definitiva sconfitta 

IMPORTANTI NOVITÀ NELLA LOTTA ALLA MALATTIA

del dottor Giorgio Rossi

  Il virus dell’epatite C è stato scoperto nel 1989, soltanto 26 anni fa, prima tale forma di epatite veniva definita come “epatite non A e non B” in quanto non era causata né dal virus A né dal virus B.  

 

L’epatite C è una malattia infettiva che colpisce il fegato causata dal virus HCV. Il virus determina infiammazione e formazione di tessuto cicatriziale nel fegato evolvendo in epatite cronica, fibrosi, cirrosi, carcinoma epatico.    

                                                                                                                                                                  Dall’individuazione del HCV è seguito un lungo periodo in cui l’unico trattamento efficacie era rappresentato dall’interferone associato alla ribavirina; terapia in grado di guarire circa il 40 % dei pazienti dopo circa un anno di cura a fronte di importanti effetti collaterali che costringevano, non infrequentemente, alla sospensione.

 

Infatti, se da una parte tale associazione terapeutica ha rappresentato la svolta nella cura dell’epatite C, dall’altra è uno dei trattamenti più pesanti e impegnativi.

 

Numerosi sono gli effetti collaterali: sindrome simil influenzale ( febbre, dolori muscolari ed ossei, debolezza, mal di testa, ecc.) che si può protrarre per mesi, perdita di peso, riduzione dell’appetito, cambiamenti dell’umore, perdita di capelli, riduzione del desiderio sessuale, dolore o rossore nel sito di iniezione.

 

Inoltre può indurre riduzione dei livelli di globuli bianchi e piastrine. Tutto ciò spesso spinge i pazienti a interrompere o a non osservare in maniera puntuale il trattamento.

 

Due anni fa è arrivata la svolta e ora, finalmente, vediamo il traguardo dell’eradicazione con l’introduzione dei nuovi farmaci antivirali ad azione diretta, i cosiddetti Directly Acting Antivirals (DAAs), farmaci non solo più efficaci, ma che consentono cicli di trattamento più brevi e con minori effetti collaterali.

 

Queste nuove terapie anti-HCV sono rappresentate da combinazioni di farmaci ad azione diretta, somministrabili esclusivamente per via orale, che non necessitano di interferone e spesso neanche di ribavirina, sicuri e ben tollerati, efficaci anche nei pazienti con cirrosi, in grado di eradicare il virus nel 90-100% dei casi in tempi brevi ( 8-12 settimane), non soltanto sono risolutivi e in grado di cambiare la storia naturale della malattia di tanti pazienti, ma, in prospettiva, potrebbero modificare l’epidemiologia globale di questa infezione, come sostenuto dagli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

La disponibilità dei nuovi regimi orali ha offerto la possibilità di cura a pazienti complessi come gli ultrasettantenni e con cirrosi, pazienti con severa insufficienza epatica, scompensati per i quali sono controindicati i trattamenti a base di interferone; gruppi di pazienti per i quali fino a ieri non esisteva alcuna possibilità di cura e che oggi hanno concrete possibilità di guarigione.

 

Il 2016 potrebbe essere l’anno decisivo, con l’introduzione di nuovi regimi terapeutici ancora più semplici, di minore durata , in grado di ottenere una risposta virologica in appena 12 settimane di trattamento anche su pazienti con precedenti fallimenti terapeutici.

 

Esiste, però, un grosso problema: sono farmaci particolarmente costosi. Offrirli ad un’ampia platea di pazienti rappresenta un enorme impegno per il Servizio Sanitario Nazionale.

 

Secondo uno studio di farmaco economia pubblicato da Global e Regional Health Technology Assessment resta il nodo del grande investimento iniziale perché poi basterebbero 5 anni affinché il Sistema Sanitario Nazionale ripaghi l’investimento. Infatti, da quel momento in poi comincerebbero i risparmi derivanti dal fatto che i pazienti non svilupperebbero le complicanze della malattia che a tutt’oggi rappresentano, anche esse, un altrettanto enorme costo.

 

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