Olimpiadi a Rio de Janeiro e rischio Zika

GLI ESPERTI TRACCIANO UNA MAPPATURA DEL RISCHIO E LE SOLUZIONI PER PROTEGGERSI

del dottor Giorgio Rossi

UnknownSiamo ormai alla vigilia di Rio 2016, le Olimpiadi che si svolgeranno in Brasile dal 5 al 21 agosto e sta crescendo la preoccupazione per il virus Zika.

Alcuni campioni dello sport di fama mondiale e molto attesi in Brasile, proprio in questi giorni hanno dato forfait perché preoccupati per i rischi potenziali che il virus potrebbe creare in caso di future gravidanze delle relative mogli con ripercussioni sui futuri membri della famiglia.

Il virus Zika, è stato isolato per la prima volta nel 1947 in Uganda da un macaco nella foresta di Zika (da cui il nome) e nel 1954 in un essere umano in Nigeria, ma il numero di infezioni riportate nei decenni successivi rimase estremamente basso, con pochissimi casi segnalati in Africa e nel sud-est asiatico.

Nel 2007 furono rilevati i primi casi della malattia in Micronesia e negli anni seguenti in alcuni arcipelaghi della Polinesia e delle Isole Cook.

Nell’aprile del 2015 è iniziata un’epidemia da Zika in Brasile che ha portato a migliaia di nuovi casi nel sud e centro America con una diffusione così rapida da rappresentare la caratteristica principale di questa epidemia e di cui non è ancora chiara la causa; si pensa alla costituzione genetica del virus modificata negli anni e diventata adatta ad una rapida moltiplicazione.

 

La trasmissione del virus avviene con la puntura di zanzare appartenenti al genere Aedes aegypti, tipiche delle aeree tropicali e sub-tropicali che trasporta altri virus parenti di Zika, come quelli della febbre gialla e della dengue. E proprio questa affinità, fa pensare che Zika può essere trasmesso anche dalla zanzara tigre, appartenente al genere Aedes albopticus, abbondantemente distribuita in tutto il mondo.

In pratica una zanzara punge una persona infetta e quando ne punge un’altra le trasmette il virus.

Rara la trasmissione tra uomo a uomo, anche se, sembrerebbe possibile una trasmissione per via sessuale e attraverso emotrasfusioni, comunque tutto da dimostrare.

 

I sintomi della malattia, chiamata febbre di Zika, si manifestano dopo un periodo di incubazione che può variare tra i 3 e i 12 giorni. Non sono sintomi particolarmente gravi : febbre non molto elevata, eruzioni cutanee ( punti rossi sul corpo), dolori a muscoli e articolazioni, mal di testa e talvolta congiuntivite. I sintomi durano da due giorni ad una settimana al massimo ed è molto raro che sia richiesto un ricovero ospedaliero. Non tutti manifestano sintomi.

 

Come per altre malattie virali, non esiste per la febbre da Zika, una cura propriamente detta; si tende solo a controllare i sintomi e si attende che l’organismo reagisca formando anticorpi che distruggo il virus e mantengono la memoria in modo che ad una reinfezione non si manifesti nessuna malattia.

 

Ma ciò che allarma le autorità sanitarie specie del Brasile e centro America è la segnalazione, aumentata di circa 20 volte negli ultimi mesi, di bambini nati con una malformazione chiamata microcefalia che consiste nel ridotto sviluppo del cervello che resta sensibilmente più piccolo del normale con conseguente riduzione della circonferenza del cranio. Tale malformazione,causa di importanti deficit funzionali e cognitivi nel bambino che, addirittura,soltanto nei casi più gravi, possono essere letali. Da sempre conosciuta, la microcefalia è considerata di natura genetica, ma può essere anche causata da virus. In questo caso il virus Zika avrebbe infettato le donne durante la gravidanza.

 

Nel solo Brasile nel 2014 sono stati registrati 150 casi di microcefalia; nel 2015, concentrati soprattutto negli ultimi mesi, sono stati più di 3500. Il virus è stato rintracciato non solo nel liquido amniotico e nella placenta delle mamme, ma anche nel cervello di due bambini deceduti e sottoposti ad autopsia.

 

Da allora è stato un crescendo di allarmi in vari paesi del sud e centro America con quattro Paesi ( El Salvador, Giamaica, Colombia ed Ecuador) che sono arrivati a dare una raccomandazione senza precedenti, invitando le donne a rimandare, se possibile, la gravidanza per alcuni mesi.

 

Il modo migliore per arginare la diffusione del virus, è ridurre le possibilità di contagio, tenendo sotto controllo le popolazioni di zanzare. Nei paesi in cui il virus è molto diffuso le autorità sanitarie stanno effettuando la bonifica della aeree più infestate dalla zanzara e consigliano di eliminare i ristagni d’acqua, dove le zanzare possono deporre le loro uova, non accumulare rifiuti in casa e utilizzare zanzariere e prodotti repellenti per tenere gli insetti alla larga.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sta tenendo sotto controllo i rapporti sulla malattia, valutando quali soluzioni adottare per arginarla. Al momento consiglia di informarsi bene prima di viaggiare verso Paesi in cui sono stati segnalati molti casi di febbre di Zika . Le raccomandazioni riguardano soprattutto le donne in stato di gravidanza, per motivi di precauzione visto il legame, ancora solo sospettato, tra il virus e la microcefalia.

 

Anche il Ministero della Salute nel nostro Paese ha emanato delle raccomandazioni sconsigliando viaggi in sud e centro America a donne in gravidanza, pazienti con immunodeficienze e con malattie croniche gravi.

 

Per quanto riguarda le Olimpiade ,il Comitato di emergenza, istituito dall’OMS, nel ribadire che non ci sarà il rischio di aumento della diffusione del virus Zika, da’ sostanzialmente il via libera ai Giochi Olimpici, contro il parere di alcuni scienziati i quali avrebbero caldeggiato il rinvio o addirittura l’abolizione dell’evento.

 

D’altro canto, sia l’OMS che il Cio fanno notare che sono previsti per i Giochi Olimpici dai 300 ai 500 mila spettatori , che sono poca cosa rispetto ai circa 6 milioni di persone che ogni hanno visitano il Brasile e ai circa 9 milioni di brasiliani che vanno all’estero.

 

Contemporaneamente, arriva la notizia che in due differenti laboratori degli Stati Uniti, il vaccino anti-Zika ha dato i primi risultati positivi, pubblicati su Nature: una singola dose di tali vaccini è riuscita a proteggere i topolini cavia che erano stati infettati con il virus quattro o otto settimane dopo l’immunizzazione. I dati, ovviamente, sono ancora preliminari, ma i ricercatori ritengono che vaccini simili destinati agli umani potrebbero proteggere allo stesso modo.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Back To Top