NEW YORK – Dicono che non ci sia mai stato un Presidente così contestato negli Stati Uniti. Il paese è diviso. Da una parte chi dice che Donald Trump rappresenta il cambiamento che ci voleva, portando lavoro, controllando l’immigrazione e mettendo fine alla questione del terrorismo restituendo una nuova stabilità al Medioriente. Dall’altra chi sostiene che Trump rappresenta l’america rurale e gretta, quella dei fucili e dei fast food, che porterà il paese indietro, dopo 8 anni in cui – dati alla mano – Obama ha regalato agli USA ad una crescita esponenziale ridando a molti fiducia nel sogno americano.
L’Amministrazione Obama di fatto lascia un paese dove c’è solo un 4.6% di disoccupazione, dove c’è un sistema sanitario molto più inclusivo del precedente, dove di fatto, non ci sono stati attentati terroristici durante il suo mandato e sono stati approvati diritti sociali fondamentali, come quello di matrimoni gay. I “millennials” così chiamano i giovani 25-34, qui hanno la possibilità di lavorare, aprono business, start-ups, hanno la possibilità di studiare se meritevoli, di costruirsi un futuro, di comprarsi un’auto, una casa – ormai miraggi per i coetanei italiani.
La grande differenza con noi italiani infatti è che gli americani possono cambiare idea sul voto, anche all’ultimo minuto, mentre noi siamo fedeli ai partiti, anche quando dovessero portare il paese alla rovina. Così, anche chi aveva votato Obama nelle precedenti elezioni, sorprendentemente ora ha scelto di votare per Trump. Per alcuni ( abbastanza da determinare il risultato delle elezioni) Hillary rappresenta il potere prestabilito, la moglie arrivista di un ex Presidente che è stata nei corridoi del potere e della politica per ben 30 anni. Oltre a questo, lo scandalo delle 30.000 email cancellate, quello della fondazione Clinton sui fondi destinati alle vittime di Haiti, le politiche imperialiste portate avanti in Libia, e una generale diffidenza verso una donna che probabilmente non ha le qualità retoriche di Trump, che invece parla ai suoi elettori proprio come un amico al bar.
Poi ci sono loro, le donne. Le donne americane si sentono minacciate dalla Presidenza di Trump, e con loro, molte delle minoranze, come la comunità LGBTI, quella ebrea, musulmana, e afro-americana. In una città come New York, multietnica, multiculturale, una città di immigrati, si respira un clima di sfiducia dalla sera dei risultati elettorali. In fondo, New York è la città delle minoranze. Ed è questa la sua bellezza, la sua ricchezza culturale.
Così, Sabato, durante l’Inaugurazione della nuova presidenza alla Casa Bianca, una folla di 250.000 persone ha marciato per le vie della Grande Mela, durante l’Inaugurazione della presidenza di Donald Trump. A questi, si sommano il mezzo milione di partecipanti a Washington DC e moltissime altre città negli USA, come Los Angeles, dove la marcia ha raccolto 350.000 partecipanti. In totale la marcia ha raccolto in tutto il mondo milioni di partecipanti.
A New York il corteo avrebbe dovuto raggiungere la Trump Tower, sulla 58esima strada, ma è stato bloccato dalla polizia per ragioni di sicurezza, per cui si è conclusa pacificamente alle 5 del pomeriggio. La marcia delle donne, un movimento femminista pacifico, nato durante queste contestate elezioni politiche ha come fondamentale messaggio quello di “resistere” alle politiche sessiste, razziste, xenofobe che l’amministrazione repubblicana di Trump intende approvare.
Così, non meno importanti di quello femminista, il movimento #blacklivesmatter , quello LGBT e quello degli ambientalisti si sono uniti alle Marcia delle Donne, dando ancora più spessore alla protesta. Interessante il discorso di Madonna, ambasciatrice della protesta, che ha espressamente mandato a quel paese i detrattori del movimento “Ci è voluto questo momento di buio per svegliarci. E’ come se avessimo dormito nel comfort pensando che la giustizia e il bene avessero comunque prevalso alla fine, invece non è stato così. Oggi è l’inizio della nostra storia, della rivoluzione, della lotta per il sacrosanto diritto di essere chi siamo, di essere considerati alla pari”. Al centro del movimento sono i diritti riproduttivi, la parità di stipendio tra uomini e donne, una sanità alla portata di tutti e l’attenzione ai cambiamenti climatici e all’ambiente.
Qual è il futuro del movimento? Come scrive David Brooks sul New York Times, senza un’identità politica di partito questi movimenti per i diritti sociali potrebbero rimanere una mera espressione di rabbia, specialmente nell’era dell’individualismo. E così, la marcia di protesta è un sostituto dell’azione durante l’era dell’antipolitica e non offre una reale alternativa, lasciando il campo libero a personaggi come Trump.
In fondo però, le battaglie politiche per i diritti sociali sono sempre iniziate così, dalla strada, ed era forse il momento che le donne prendessero coscienza che i diritti acquisiti attraverso il movimento femminista degli anni ’70 sono stati largamente messi in discussione negli ultimi anni in uno stato di assopimento generale, mentre ciascuna di noi è concentrata nel raggiungimento dei propri obiettivi individuali. Dietro un’apparente uguaglianza di opportunità, sulla carta, in realtà c’è sempre meno solidarietà e più competizione tra le donne. La violenza domestica, il femminicidio e una generale discriminazione della donna all’interno delle relazioni, del nucleo familiare e lavorativo sono ancora molto presenti.
Una donna deve ancora scegliere tra famiglia e carriera, viene ancora guardata con sospetto se non ha un figlio entro i 35 anni, se tradisce finisce alla pubblica gogna sul web e magari si suicida dalla vergogna, ma deve al contempo accettare di essere tradita. Lo scioccante caso di Lucia Annibali rappresenta bene lo stato delle cose: una brillante avvocatessa che si ribella al ruolo di amante a cui era costretta dall’uomo che amava e viene per questo sfregiata con l’acido. E nonostante tutto quell’uomo ha ancora la storica fidanzata accanto a sé, una donna che lo “accetta per come è”. Ecco, il messaggio ultimo di questo movimento è “non accettiamolo per come è”! Non accettiamoli per come sono! Non accettiamo che il presidente degli Stati Uniti si permetta di dire “Grab them by the pussy!”.
L’elezione di Trump certamente ha certamente risvegliato una coscienza collettiva tra le donne e la consapevolezza che i diritti civili guadagnati attraverso difficilissime battaglie non possono essere mai dati per scontati. Sui diritti civili bisogna essere sempre vigili, costantemente all’erta, non si possono mai fare compromessi o passi indietro. E questo movimento dovrà essere lì a ricordarci di alzare la testa ogni volta di quello che abbasseremo lo sguardo per controllare l’ultima notifica di Facebook sul nostro smartphone.