Lotta per la libertà e memoria storica

SAGGIO DI RUGGERO GIACOMINI

ANCONA – di Alvaro Rossi – Con questo libro uscito per i tipi di “Affinità Elettive” di Valentina Conti, lo storico Ruggero Giacomini – tre anni dopo “Il giudice e il prigioniero: il carcere di Antonio Gramsci” (stampato dal romano Castelvecchi) – rimette al centro del suo interesse la sua terra e le vicende occorse nelle Marche nella prima metà del ‘900, periodo storico del quale è tra i maggiori conoscitori (lo testimonia l’intera sua opera e, segnatamente, il monumentale “Ribelli e partigiani”, la cui seconda edizione è da tempo esaurita e si è in attesa di una terza…). 
Con quest’opera – l’autore si è ripromesso di risarcire tre debiti di diversa natura, contratti in tempi diversi e con soggetti diversi.

Il primo – in parte affrontato con una precedente e dotta operina dedicata al suo paese natale, al suo territorio e ai suoi fiumi: “Castelvecchio e Pianelle tra le due Tenne” (2007) – era con i personaggi, i racconti e i ricordi della sua Sarnano, materia viva e palpitante che evidentemente premeva per avere una sua sistemazione in un quadro organizzato e coerente.

Il secondo debito era con la figura e la memoria del comunista sarnanese Zeno Rocchi, un personaggio la cui vicenda esistenziale, breve ma di singolare intensità, avvolta in una mitologia tramandata oralmente, che da giovane Giacomini aveva ascoltato, necessitava di essere meglio studiata. Oltre tutto apparendo un necessario atto di giustizia, per restituire al protagonista e al tempo in cui è vissuto la dovuta profondità e tutte le sfaccettature che la mitografia tradizionale, come le rappresentazioni oleografiche dai colori squillanti ma appiattiti sulle due dimensioni di un foglio di carta, non sanno mai dare. 

Il terzo debito, anch’esso in qualche modo inevitabile, l’autore l’aveva contratto con la storia, le vicende e i personaggi della Resistenza a Sarnano e nel maceratese, materia poco approfondita, dispersa in una miriade di pubblicazioni minime e introvabili e ancora in parte controversa, che qui viene invece interpretata e definita, sulla base di una amplissima documentazione letteraria ed archivistica, con mirabile chiarezza espositiva.

Questi tre filoni sono confluiti in un’opera densa, informata e documentata come deve essere il lavoro di uno storico, ma al tempo stesso leggibile con immutato interesse dalla prima all’ultima pagina. 

Un buon esempio di come la ricostruzione storica degli eventi di una piccola comunità rimandi costantemente agli eventi “maggiori” che hanno contrassegnato il mondo nel secolo da poco trascorso, uno dei più cruenti della storia dell’umanità. Con la speranza che per qualcuno sia anche uno stimolo, una suggestione, o uno spunto metodologico capace di trasformare in dovere e in impegno l’avvertita necessità di raccogliere e documentare altrettanto seriamente storie e vicende di uomini, di comunità e di istituzioni. 

Il libro è corredato di un’ampia documentazione fotografica, in parte proveniente dai faldoni del Casellario Politico Centrale del Ministero dell’Interno che si trovano nell’Archivio di Stato di Roma e da numerosi altri archivi pubblici e privati, mentre un amplissimo repertorio di note a piè di pagina chiarisce ogni dubbio, fornisce riferimenti o suggerisce, a chi lo volesse, tutti i possibili approfondimenti. 

Il volume si chiude, oltre che col consueto e indispensabile indice dei nomi e delle località citate, con un documento tanto importante quanto poco conosciuto: l’elenco dei partigiani e dei patrioti dei vari gruppi e distaccamenti che hanno operato nell’area tra Sarnano e Macerata, riconosciuti dalla “Commissione regionale per il riconoscimento delle qualifica di partigiano” che era stata istituita con Decreto Legislativo Luogotenenziale nell’agosto del 1945. Sono molte centinaia di nomi, personaggi noti e perfetti sconosciuti, uomini e donne che in quegli anni difficili, minoranza consapevole ed eroica, qualche volta col sacrificio della vita, più spesso, fortunatamente, con l’azione e la testimonianza, ha riscattato agli occhi del mondo, per loro stessi e per le generazioni future, un ventennio di sottomissione e di abominio.

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

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