di TOMMASO ROSSI (contributo già pubblicato ne “L’Amministrativista, Il Portale sugli appalti e i contratti pubblici”)
COMMENTO A CASS. CIV., SEZ. UN., 9 GENNAIO 2019, N. 332
Il caso. La vicenda trae origine da i ricorsi proposti da una Società contraente contro gli esiti della procedura di gara bandita da ATM (l’Azienda Trasporti Milanesi S.p.A.) per la locazione di spazi commerciali all’interno delle stazioni metropolitana ad uso ristorazione-bar. I ricorsi venivano accolti dal TAR Lombardia, che riconosceva la propria giurisdizione.
Il Consiglio di Stato ribaltava le decisioni di primo grado, ritenendo che dovesse essere dichiarata la giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto l’attività oggetto del rapporto controverso, rispetto alle operazioni di trasporto pubblico affidate in concessione dal Comune alla concessionaria ATM, era da considerarsi non necessaria ma solo eventuale.
La ricorrente Società chiedeva la cassazione delle sentenze del Consiglio di Stato, sottolineando in vari motivi come la concessionaria ATM, anche per la sua natura di società “in-house”, dovesse essere annoverata come organismo di diritto pubblico e il contratto oggetto della controversia dovesse essere qualificabile come vera e propria concessione tra la P.A. e concessionario, con conseguenza che le controversie relative all’affidamento del contratto spetterebbero alla giurisdizione del G.A.
Veniva posta alle Sezioni Unite la questione dell’individuazione della giurisdizione relativa alla controversa riguardante esiti della procedura di gara volta ad individuare i contraenti per i contratti di locazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale milanese (ATM), con riguardo agli immobili commerciali concessi allo stesso da parte del Comune di Milano, e posti all’interno della Metropolitana ambrosiana.
La giurisdizione sulla controversia inerente la gara indetta dalla concessionaria del trasporto pubblico per la locazione di spazi ad uso bar rientra nella giurisdizione del G.O.
Secondo la Suprema Corte è infatti irrilevante la natura di ATM, ovvero se la stessa sia un’impresa pubblica o un organismo pubblico, poiché in ogni caso la natura pubblica del soggetto non farebbe derivare l’applicabilità in toto della disciplina pubblicistica all’attività da questo svolta.
Nel caso de quo, il contratto stipulato da ATM non aveva ad oggetto un servizio connesso e strumentale con quello di trasporto pubblico oggetto della concessione, e costituiva viceversa un contratto di locazione all’interno di una vicenda del tutto privatistica, di natura commerciale, estranea all’ambito pubblicistico oggetto della concessione, che di esso costituiva mero presupposto.
In conclusione, nel fissare il principio di diritto sopra spiegato, la Suprema Corte a Sezioni Unite rimarcava la giurisdizione del Giudice ordinario, ponendosi sul solco dell’indirizzo maggioritario delle Sezioni Unite Civili (tra le altre, Cass. Civ., SS.UU.,n.4884/2017; n. 7363/2016; n. 8623/2015; n. 9233/2002).
CASS. CIV., SEZ. UN., 9 GENNAIO 2019, N. 332
Fatto
COMMENTO A CASS. CIV., SEZ. UN., 9 GENNAIO 2019, N. 332
Il caso. La vicenda trae origine da i ricorsi proposti da una Società contraente contro gli esiti della procedura di gara bandita da ATM (l’Azienda Trasporti Milanesi S.p.A.) per la locazione di spazi commerciali all’interno delle stazioni metropolitana ad uso ristorazione-bar. I ricorsi venivano accolti dal TAR Lombardia, che riconosceva la propria giurisdizione.
Il Consiglio di Stato ribaltava le decisioni di primo grado, ritenendo che dovesse essere dichiarata la giurisdizione del Giudice ordinario, in quanto l’attività oggetto del rapporto controverso, rispetto alle operazioni di trasporto pubblico affidate in concessione dal Comune alla concessionaria ATM, era da considerarsi non necessaria ma solo eventuale.
La ricorrente Società chiedeva la cassazione delle sentenze del Consiglio di Stato, sottolineando in vari motivi come la concessionaria ATM, anche per la sua natura di società “in-house”, dovesse essere annoverata come organismo di diritto pubblico e il contratto oggetto della controversia dovesse essere qualificabile come vera e propria concessione tra la P.A. e concessionario, con conseguenza che le controversie relative all’affidamento del contratto spetterebbero alla giurisdizione del G.A.
Veniva posta alle Sezioni Unite la questione dell’individuazione della giurisdizione relativa alla controversa riguardante esiti della procedura di gara volta ad individuare i contraenti per i contratti di locazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale milanese (ATM), con riguardo agli immobili commerciali concessi allo stesso da parte del Comune di Milano, e posti all’interno della Metropolitana ambrosiana.
La giurisdizione sulla controversia inerente la gara indetta dalla concessionaria del trasporto pubblico per la locazione di spazi ad uso bar rientra nella giurisdizione del G.O.
Secondo la Suprema Corte è infatti irrilevante la natura di ATM, ovvero se la stessa sia un’impresa pubblica o un organismo pubblico, poiché in ogni caso la natura pubblica del soggetto non farebbe derivare l’applicabilità in toto della disciplina pubblicistica all’attività da questo svolta.
Nel caso de quo, il contratto stipulato da ATM non aveva ad oggetto un servizio connesso e strumentale con quello di trasporto pubblico oggetto della concessione, e costituiva viceversa un contratto di locazione all’interno di una vicenda del tutto privatistica, di natura commerciale, estranea all’ambito pubblicistico oggetto della concessione, che di esso costituiva mero presupposto.
In conclusione, nel fissare il principio di diritto sopra spiegato, la Suprema Corte a Sezioni Unite rimarcava la giurisdizione del Giudice ordinario, ponendosi sul solco dell’indirizzo maggioritario delle Sezioni Unite Civili (tra le altre, Cass. Civ., SS.UU.,n.4884/2017; n. 7363/2016; n. 8623/2015; n. 9233/2002).
CASS. CIV., SEZ. UN., 9 GENNAIO 2019, N. 332
Fatto
FATTI DI CAUSA1.- Il TAR per la Lombardia – sede di (OMISSIS) ha accolto i ricorsi proposti da Chef Express SpA contro gli esiti della procedura di gara bandita da ATM nel corso dell’anno 2015 “per la locazione di spazi commerciali posti nei mezzanini delle stazioni delle linee (OMISSIS) della metropolitana di (OMISSIS)” (ossia dei locali posti nelle zone ubicate tra il suolo stradale e la linea dei tornelli), ed ha dichiarato l’inefficacia dei contratti di locazione stipulati tra l’Azienda Trasporti Milanese – ATM SpA e i soggetti individuati quali locatari (il sig. B.A., il Bar Stazione M.M.-Lambrate srl, il sig. T.F. e la Gestione Bar Metropolitana Argentina snc di M.A.L. e S.D.A.).
2.- Nel corso dell’anno 2014, infatti, erano venuti a scadenza i contratti di locazione commerciale stipulati dall’ATM, relativi agli esercizi svolti nei detti mezzanini della metropolitana milanese (in relazioni ai quali erano in corso le procedure di accatastamento da parte del Comune proprietario), e il Comune, ente proprietario e concedente, aveva ritenuto di stipulare con le organizzazioni di categoria un accordo finalizzato alla proroga dei contratti ma solo per i titolari degli esercizi (in essere nei detti locali) che fossero stati in regola con i pagamenti dei canoni di locazione.
2.1.- L’accordo prevedeva, però, l’indizione di una gara per la locazione degli spazi indicati, con la garanzia, offerta ai titolari dei contratti scaduti, di un diritto di prelazione.
3.- Il 19 giugno 2015, ATM ha pubblicato sul proprio sito internet un avviso di manifestazione di interesse avente ad oggetto la locazione degli immobili commerciali posti nelle stazioni (OMISSIS) della metropolitana di (OMISSIS), con la precisazione che l’assegnazione degli spazi era subordinata al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dell’attuale conduttore, in regola con il pagamento dei canoni (o con l’indennità di occupazione).
4.- La società Chef Express SpA ha impugnato, come già si è detto, con successo davanti al TAR, la nota con cui l’ATM aveva comunicato l’intervenuta decadenza dall’aggiudicazione a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione da parte dei locatari.
5.- I menzionati locatari, nel contraddittorio con ATM e Chef Express, hanno appellato le decisioni, loro sfavorevoli, del TAR Lombardia davanti al Consiglio di Stato, che ha accolto in parte qua le dette impugnazioni ed ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario.
5.1.- Secondo il giudice di appello, l’attività oggetto del rapporto controverso, rispetto alle operazioni di trasporto pubblico locale affidate in concessione dal Comune alla concessionaria ATM, non aveva natura necessaria ma solo eventuale essendo, tra l’altro, remunerata senza l’impegno di una quota parte del prezzo del trasporto.
5.2.- Del resto, l’estraneità del Comune rispetto al rapporto in oggetto era confermata dal fatto che il disciplinare di concessione lasciava ampia libertà ad ATM in ordine alla valorizzazione commerciale degli spazi dati in disponibilità e che i proventi della locazione erano soggetti ad una contabilità separata, rispetto a quella relativa alla remunerazione dei servizi di trasporto pubblico.
5.3.- Trovavano perciò applicazione i principi espressi da queste SU in varie pronunce (nn. 4884 del 2017, 7363 del 2016, 8623 del 2015, 9233 del 2002, 9288 del 2002).
6.- Per la cassazione delle menzionate sentenze del Consiglio di Stato Chef Express ha proposto distinti ricorsi, con atti notificati il 23 novembre 2017, sulla base di tre motivi, illustrati anche con memorie.
6.1. – Il conduttore, Gestione Bar Metropolitana Argentina snc di M.A.L. e S.D.A., e ATM hanno resistito con controricorso e depositato memorie illustrative.
6.2. – Il Comune di Milano non ha svolto difese.
6.3. – Il P.G., nella persona dell’Avv. Gen., Luigi Salvato, ha depositato requisitoria scritta, concludendo affinchè la Corte respinga il ricorso.
Diritto
2.- Nel corso dell’anno 2014, infatti, erano venuti a scadenza i contratti di locazione commerciale stipulati dall’ATM, relativi agli esercizi svolti nei detti mezzanini della metropolitana milanese (in relazioni ai quali erano in corso le procedure di accatastamento da parte del Comune proprietario), e il Comune, ente proprietario e concedente, aveva ritenuto di stipulare con le organizzazioni di categoria un accordo finalizzato alla proroga dei contratti ma solo per i titolari degli esercizi (in essere nei detti locali) che fossero stati in regola con i pagamenti dei canoni di locazione.
2.1.- L’accordo prevedeva, però, l’indizione di una gara per la locazione degli spazi indicati, con la garanzia, offerta ai titolari dei contratti scaduti, di un diritto di prelazione.
3.- Il 19 giugno 2015, ATM ha pubblicato sul proprio sito internet un avviso di manifestazione di interesse avente ad oggetto la locazione degli immobili commerciali posti nelle stazioni (OMISSIS) della metropolitana di (OMISSIS), con la precisazione che l’assegnazione degli spazi era subordinata al mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dell’attuale conduttore, in regola con il pagamento dei canoni (o con l’indennità di occupazione).
4.- La società Chef Express SpA ha impugnato, come già si è detto, con successo davanti al TAR, la nota con cui l’ATM aveva comunicato l’intervenuta decadenza dall’aggiudicazione a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione da parte dei locatari.
5.- I menzionati locatari, nel contraddittorio con ATM e Chef Express, hanno appellato le decisioni, loro sfavorevoli, del TAR Lombardia davanti al Consiglio di Stato, che ha accolto in parte qua le dette impugnazioni ed ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario.
5.1.- Secondo il giudice di appello, l’attività oggetto del rapporto controverso, rispetto alle operazioni di trasporto pubblico locale affidate in concessione dal Comune alla concessionaria ATM, non aveva natura necessaria ma solo eventuale essendo, tra l’altro, remunerata senza l’impegno di una quota parte del prezzo del trasporto.
5.2.- Del resto, l’estraneità del Comune rispetto al rapporto in oggetto era confermata dal fatto che il disciplinare di concessione lasciava ampia libertà ad ATM in ordine alla valorizzazione commerciale degli spazi dati in disponibilità e che i proventi della locazione erano soggetti ad una contabilità separata, rispetto a quella relativa alla remunerazione dei servizi di trasporto pubblico.
5.3.- Trovavano perciò applicazione i principi espressi da queste SU in varie pronunce (nn. 4884 del 2017, 7363 del 2016, 8623 del 2015, 9233 del 2002, 9288 del 2002).
6.- Per la cassazione delle menzionate sentenze del Consiglio di Stato Chef Express ha proposto distinti ricorsi, con atti notificati il 23 novembre 2017, sulla base di tre motivi, illustrati anche con memorie.
6.1. – Il conduttore, Gestione Bar Metropolitana Argentina snc di M.A.L. e S.D.A., e ATM hanno resistito con controricorso e depositato memorie illustrative.
6.2. – Il Comune di Milano non ha svolto difese.
6.3. – Il P.G., nella persona dell’Avv. Gen., Luigi Salvato, ha depositato requisitoria scritta, concludendo affinchè la Corte respinga il ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE1. – La ricorrente denuncia, con tre motivi la “violazione dell’art. 103 Cost., artt. 7 e 133 c.p.a.”.
1.1. – Con il primo, Chef Express deduce che il Consiglio di Stato avrebbe erroneamente negato la giurisdizione del G.A., in quanto il Comune di Milano non sarebbe “rimasto estraneo all’affidamento del servizio bar”. La contestata prelazione in favore dei conduttori sarebbe stata, infatti, prevista da ATM “in adempimento degli ordini del Comune” che, quindi, avrebbe “esercitato un’ingerenza” rispetto alla scelta del contraente ed alla destinazione degli spazi. Inoltre, a suo avviso, il contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano e l’ATM attribuirebbe al primo un rilevante potere di ingerenza e di controllo sulla gestione degli spazi, secondo quanto risulterebbe dagli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 (pg. 14-15).
1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente sostiene che le pronunce delle S.U. richiamate dalla sentenza impugnata non sarebbero pertinenti, in quanto concernerebbero i servizi aeroportuali; comunque, il Consiglio di Stato non avrebbe considerato che il servizio bar costituirebbe “servizio accessorio o complementare al TPL, ai sensi dell’art. 2 del contratto di servizio e della L.R. n. 6 del 2012, art. 2”. I locali in questione dovevano essere necessariamente ed inderogabilmente destinati a uso bar e, poichè lo schema di contratto per la gestione dei bar stabiliva che le clausole del contratto sono “formulate nell’interesse e a tutela del pubblico servizio di trasporto”, sarebbe chiaro che la stessa ATM ha riconosciuto ed esplicitato i caratteri della “necessarietà e strumentalità” del servizio bar rispetto al servizio di TPL.
1.3. – Il terzo motivo denuncia, infine, che il Consiglio di Stato non avrebbe considerato che ATM è una società in house del Comune di Milano e, comunque, è “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”. Il contratto oggetto della controversia sarebbe qualificabile come “vera e propria concessione tra Pubblica Amministrazione e concessionario” e, quindi, le controversie relative all’affidamento del contratto spetterebbero alla giurisdizione del GA.
2. – E’ posta alle S.U. la questione dell’individuazione della giurisdizione relativa alla controversia riguardante la legittimità degli esiti della procedura di gara, volta ad individuare i contraenti per i contratti di locazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale milanese (l’Azienda Trasporti Milanese – ATM SpA), con riguardo agli immobili commerciali concessi ad ATM (società in house, “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”) dal Comune di Milano (concedente) e posti nelle stazioni (OMISSIS) della metropolitana ambrosiana. Altro soggetto privato, la ricorrente Chef Express SpA, infatti, contesta la legittimità dell’individuazione del resistente come legittimo contraente di ATM, in esito alla gara svoltasi con la previsione di un diritto di prelazione riconosciuto ai titolari degli esercizi (in essere nei detti locali) in regola con i pagamenti dei pregressi canoni di locazione.
2.1. – Avendo il TAR affermato la propria giurisdizione ed il Consiglio di Stato dichiarato l’appartenenza della controversia al G.O., la ricorrente Chef Express SpA chiede la cassazione della pronuncia del giudice di appello, dovendo riconoscersi la correttezza delle statuizioni del primo giudice.
2.2. – La ricorrente fonda le proprie convinzioni su tre ordini di ragioni (sostanzialmente corrispondenti ai tre mezzi di cassazione proposti con il ricorso): a) la scelta del contraente, con la contestata prelazione in favore dei conduttori, sarebbe stata prevista da ATM “in adempimento degli ordini del Comune” che avrebbe “esercitato un’ingerenza” rispetto alla scelta del contraente ed alla destinazione degli spazi. Tale ingerenza risulterebbe dagli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 del contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano e l’ATM; b) il servizio bar costituirebbe un “servizio accessorio o complementare al TPL, ai sensi dell’art. 2 del contratto di servizio e della L.R. n. 6 del 2012, art. 2”, essendo i locali in questione necessariamente ed inderogabilmente destinati a uso bar e, perciò, regolati da clausole “formulate nell’interesse e a tutela del pubblico servizio di trasporto”, sì che il servizio bar, rispetto a quello di TPL (trasporto pubblico locale), avrebbe i caratteri della “necessarietà e strumentalità”; c) essendo ATM una società in house del Comune di Milano, comunque “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”, il contratto a monte, oggetto della controversia, sarebbe qualificabile come “vera e propria concessione tra Pubblica Amministrazione e concessionario” e, quindi, le controversie che ne discenderebbero (relative all’affidamento dei beni oggetto di concessione) spetterebbero alla giurisdizione del GA.
3. – Appare utile, per comodità di argomentazione, cominciare l’esame delle doglianze della ricorrente partendo dal secondo dei tre motivi di ricorso, contenente alcuni profili in fatto che non hanno formato oggetto di contestazione.
3.1. – E’ stato, infatti, accertato che il servizio bar (oggetto dei contratti stipulati da ATM con i vari locatari) è da svolgere in locali “siti nel sottosuolo, ma prima dei tornelli”, sicchè l’utilizzo e la frequentazione degli stessi (e del servizio di ristorazione negli stessi fornito) non sarebbe stato opera del solo pubblico del servizio di trasporto locale ma di un’utenza indistinta, composta anche da persone che non necessariamente avrebbero utilizzato il trasporto gestito dal concessionario.
3.2. – Già tale dato, idoneo a far respingere il secondo motivo di doglianza, lungi dal costituire un elemento di fatto irrilevante ai fini della qualificazione del servizio, come osservato dal P.G., “integra (un) preciso e significativo indice dell’inesistenza di un rapporto di strumentalità necessaria tra l’attività commerciale svolta nei locali locati ed il servizio di TPL”.
3.3. – A tale osservazione critica, la ricorrente oppone (con il primo motivo) la regolazione normativa contenuta negli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 del contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano (concedente) e l’ATM (concessionaria), previsioni che, tuttavia, non risultano neppure trascritte e riportate nel loro contenuto precettivo.
3.4. – Ma poichè la decisione della questione di giurisdizione implica che l’apprezzamento degli elementi che attengono al merito compete anche alla Corte di Cassazione, che in materia è giudice del fatto, al fine di rendere il giudizio de qua agitur, non potrà prescindersi dal contenuto di tali clausole.
4. – A tale riguardo questa Corte deve far proprie le osservazioni svolte, nella sua requisitoria, dal P.G. il quale ha condivisibilmente affermato che ” nessuna delle clausole del contratto invocate dalla ricorrente (in particolare alle pg. 14-15 del ricorso, nonchè quella dell’art. 4, implicitamente e tuttavia chiaramente considerata dalla pronuncia in esame), consente di ritenere erronea la conclusione del Consiglio di Stato secondo cui “il disciplinare di concessione lascia ampia libertà ad A.T.M. in ordine alla valorizzazione commerciale degli spazi messi a disposizione”. Quanto alle clausole che potrebbero ritenersi non considerate dalla sentenza, quella dell’art. 2, con cui il Comune si era riservato di stipulare appositi atti di disciplina dei “servizi connessi e strumentali”, presuppone che tale fosse il servizio in esame, come invece non è (per le ragioni di seguito esplicitate), mancando comunque il richiamo degli articoli in cui sarebbero state stabilite ulteriori prescrizioni per il servizio bar. La previsione della verifica periodica degli effetti economici delle iniziative commerciali di cui agli artt. 7 e 14 è poi irrilevante nel senso sostenuto dalla ricorrente, siccome preordinata all’eventuale revisione del corrispettivo della concessione tra ATM e Comune e, appunto per questo, inidonea a fare escludere il carattere della stessa di mero presupposto del rapporto controverso”.
4.1. – Nè la previsione di un orario nell’attività di esercizio (sulla quale la difesa della ricorrente ha insistito nella discussione orale) può ritenersi clausola conformante il rapporto locatizio derivato, atteso che il Comune è comunque l’ente a cui è attribuito, per tradizione legislativa, il potere di regolare l’orario dello svolgimento dell’attività di tutti gli esercizi commerciali, finanche nel mutato regime di cd. liberalizzazione (ex lege n. 111 del 2011 e successive modificazioni) delle attività, facendo uso in tali casi di un potere lato e certamente non incentrato sulla regolazione del servizio di trasporto.
4.2. – Nè, peraltro, la presunta adesione di ATM ad un “atto di indirizzo politico” (pg. 11 del ricorso) del Comune, è sufficiente ad integrare una prescrizione in grado di costituire l’elemento di collegamento tra il rapporto derivato (tra il concessionario e il terzo) e l’atto concessorio, così da confortare il convincimento che quest’ultimo sia stato mero presupposto del primo. Senza dire che, in ogni caso, il rapporto tra il concedente e il concessionario non ha, di regola, alcun rilievo per il terzo contraente, che resta del tutto estraneo al primo accordo: si deve, pertanto, respingere anche il primo motivo di ricorso.
5. – Resta da dire del terzo mezzo di cassazione.
5.1. – A tal proposito va condivisa l’osservazione del P.G. circa il fatto che, ai fini che qui interessano, è irrilevante la natura di ATM SpA, ossia se essa sia un'”impresa pubblica” e/o un “organismo pubblico” poichè “neppure la natura (latu sensu) pubblica del soggetto comporta infatti l’applicabilità in toto della disciplina pubblicistica all’attività da questo svolta ed è, da sola, insufficiente ad interferire sulla regola del riparto”. Nella specie, la constatazione che il contratto stipulato da ATM non aveva ad oggetto lo svolgimento di un servizio connesso e strumentale a quello oggetto della concessione, che in quest’ultima rinveniva un mero presupposto e che costituiva un contratto di locazione, come tale non riconducibile a quelli oggetto del D.Lgs. n. 163 del 2006 (applicabile nella specie ratione temporis), portano a ritenere che “correttamente il Consiglio di Stato ha affermato che si era al cospetto di una vicenda in tutto privatistica e di natura prettamente commerciale (concessione – recte, locazione -…), indubbiamente accessoria rispetto all’attività di TPL, ma altrettanto certamente estranea allo specifico oggetto pubblicistico della concessione che di esso costituiva mero presupposto”.
5.2. – Anche il terzo motivo di ricorso va, pertanto, respinto.
6. – In conclusione, confermando la decisione del Consiglio di Stato in questa sede impugnata, deve essere dichiarata la sussistenza della giurisdizione dell’AGO, davanti alla quale le parti devono essere rimesse, anche per le spese di questa fase del giudizio, e deve enunciarsi il seguente principio di diritto:
la controversia riguardante la contestazione della legittimità degli esiti della procedura di gara, volta ad individuare i contraenti per lo svolgimento dell’attività di bar ristorazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale (l’Azienda Trasporti Milanese ATM SpA), con riguardo agli immobili commerciali concessi (ad ATM, società in house, “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”) dal Comune di Milano e posti nelle stazioni della metropolitana, spetta all’A.G.O., atteso che il rapporto tra il concedente e il concessionario non ha alcun rilievo per il terzo contraente, che resta del tutto estraneo al primo accordo, che ne costituisce un mero presupposto e, pertanto, il rapporto tra il concessionario e il terzo si risolve in un contratto di diritto privato.
1.1. – Con il primo, Chef Express deduce che il Consiglio di Stato avrebbe erroneamente negato la giurisdizione del G.A., in quanto il Comune di Milano non sarebbe “rimasto estraneo all’affidamento del servizio bar”. La contestata prelazione in favore dei conduttori sarebbe stata, infatti, prevista da ATM “in adempimento degli ordini del Comune” che, quindi, avrebbe “esercitato un’ingerenza” rispetto alla scelta del contraente ed alla destinazione degli spazi. Inoltre, a suo avviso, il contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano e l’ATM attribuirebbe al primo un rilevante potere di ingerenza e di controllo sulla gestione degli spazi, secondo quanto risulterebbe dagli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 (pg. 14-15).
1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente sostiene che le pronunce delle S.U. richiamate dalla sentenza impugnata non sarebbero pertinenti, in quanto concernerebbero i servizi aeroportuali; comunque, il Consiglio di Stato non avrebbe considerato che il servizio bar costituirebbe “servizio accessorio o complementare al TPL, ai sensi dell’art. 2 del contratto di servizio e della L.R. n. 6 del 2012, art. 2”. I locali in questione dovevano essere necessariamente ed inderogabilmente destinati a uso bar e, poichè lo schema di contratto per la gestione dei bar stabiliva che le clausole del contratto sono “formulate nell’interesse e a tutela del pubblico servizio di trasporto”, sarebbe chiaro che la stessa ATM ha riconosciuto ed esplicitato i caratteri della “necessarietà e strumentalità” del servizio bar rispetto al servizio di TPL.
1.3. – Il terzo motivo denuncia, infine, che il Consiglio di Stato non avrebbe considerato che ATM è una società in house del Comune di Milano e, comunque, è “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”. Il contratto oggetto della controversia sarebbe qualificabile come “vera e propria concessione tra Pubblica Amministrazione e concessionario” e, quindi, le controversie relative all’affidamento del contratto spetterebbero alla giurisdizione del GA.
2. – E’ posta alle S.U. la questione dell’individuazione della giurisdizione relativa alla controversia riguardante la legittimità degli esiti della procedura di gara, volta ad individuare i contraenti per i contratti di locazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale milanese (l’Azienda Trasporti Milanese – ATM SpA), con riguardo agli immobili commerciali concessi ad ATM (società in house, “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”) dal Comune di Milano (concedente) e posti nelle stazioni (OMISSIS) della metropolitana ambrosiana. Altro soggetto privato, la ricorrente Chef Express SpA, infatti, contesta la legittimità dell’individuazione del resistente come legittimo contraente di ATM, in esito alla gara svoltasi con la previsione di un diritto di prelazione riconosciuto ai titolari degli esercizi (in essere nei detti locali) in regola con i pagamenti dei pregressi canoni di locazione.
2.1. – Avendo il TAR affermato la propria giurisdizione ed il Consiglio di Stato dichiarato l’appartenenza della controversia al G.O., la ricorrente Chef Express SpA chiede la cassazione della pronuncia del giudice di appello, dovendo riconoscersi la correttezza delle statuizioni del primo giudice.
2.2. – La ricorrente fonda le proprie convinzioni su tre ordini di ragioni (sostanzialmente corrispondenti ai tre mezzi di cassazione proposti con il ricorso): a) la scelta del contraente, con la contestata prelazione in favore dei conduttori, sarebbe stata prevista da ATM “in adempimento degli ordini del Comune” che avrebbe “esercitato un’ingerenza” rispetto alla scelta del contraente ed alla destinazione degli spazi. Tale ingerenza risulterebbe dagli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 del contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano e l’ATM; b) il servizio bar costituirebbe un “servizio accessorio o complementare al TPL, ai sensi dell’art. 2 del contratto di servizio e della L.R. n. 6 del 2012, art. 2”, essendo i locali in questione necessariamente ed inderogabilmente destinati a uso bar e, perciò, regolati da clausole “formulate nell’interesse e a tutela del pubblico servizio di trasporto”, sì che il servizio bar, rispetto a quello di TPL (trasporto pubblico locale), avrebbe i caratteri della “necessarietà e strumentalità”; c) essendo ATM una società in house del Comune di Milano, comunque “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”, il contratto a monte, oggetto della controversia, sarebbe qualificabile come “vera e propria concessione tra Pubblica Amministrazione e concessionario” e, quindi, le controversie che ne discenderebbero (relative all’affidamento dei beni oggetto di concessione) spetterebbero alla giurisdizione del GA.
3. – Appare utile, per comodità di argomentazione, cominciare l’esame delle doglianze della ricorrente partendo dal secondo dei tre motivi di ricorso, contenente alcuni profili in fatto che non hanno formato oggetto di contestazione.
3.1. – E’ stato, infatti, accertato che il servizio bar (oggetto dei contratti stipulati da ATM con i vari locatari) è da svolgere in locali “siti nel sottosuolo, ma prima dei tornelli”, sicchè l’utilizzo e la frequentazione degli stessi (e del servizio di ristorazione negli stessi fornito) non sarebbe stato opera del solo pubblico del servizio di trasporto locale ma di un’utenza indistinta, composta anche da persone che non necessariamente avrebbero utilizzato il trasporto gestito dal concessionario.
3.2. – Già tale dato, idoneo a far respingere il secondo motivo di doglianza, lungi dal costituire un elemento di fatto irrilevante ai fini della qualificazione del servizio, come osservato dal P.G., “integra (un) preciso e significativo indice dell’inesistenza di un rapporto di strumentalità necessaria tra l’attività commerciale svolta nei locali locati ed il servizio di TPL”.
3.3. – A tale osservazione critica, la ricorrente oppone (con il primo motivo) la regolazione normativa contenuta negli artt. 2, 4, 5, 7 e 14 del contratto di servizio stipulato tra il Comune di Milano (concedente) e l’ATM (concessionaria), previsioni che, tuttavia, non risultano neppure trascritte e riportate nel loro contenuto precettivo.
3.4. – Ma poichè la decisione della questione di giurisdizione implica che l’apprezzamento degli elementi che attengono al merito compete anche alla Corte di Cassazione, che in materia è giudice del fatto, al fine di rendere il giudizio de qua agitur, non potrà prescindersi dal contenuto di tali clausole.
4. – A tale riguardo questa Corte deve far proprie le osservazioni svolte, nella sua requisitoria, dal P.G. il quale ha condivisibilmente affermato che ” nessuna delle clausole del contratto invocate dalla ricorrente (in particolare alle pg. 14-15 del ricorso, nonchè quella dell’art. 4, implicitamente e tuttavia chiaramente considerata dalla pronuncia in esame), consente di ritenere erronea la conclusione del Consiglio di Stato secondo cui “il disciplinare di concessione lascia ampia libertà ad A.T.M. in ordine alla valorizzazione commerciale degli spazi messi a disposizione”. Quanto alle clausole che potrebbero ritenersi non considerate dalla sentenza, quella dell’art. 2, con cui il Comune si era riservato di stipulare appositi atti di disciplina dei “servizi connessi e strumentali”, presuppone che tale fosse il servizio in esame, come invece non è (per le ragioni di seguito esplicitate), mancando comunque il richiamo degli articoli in cui sarebbero state stabilite ulteriori prescrizioni per il servizio bar. La previsione della verifica periodica degli effetti economici delle iniziative commerciali di cui agli artt. 7 e 14 è poi irrilevante nel senso sostenuto dalla ricorrente, siccome preordinata all’eventuale revisione del corrispettivo della concessione tra ATM e Comune e, appunto per questo, inidonea a fare escludere il carattere della stessa di mero presupposto del rapporto controverso”.
4.1. – Nè la previsione di un orario nell’attività di esercizio (sulla quale la difesa della ricorrente ha insistito nella discussione orale) può ritenersi clausola conformante il rapporto locatizio derivato, atteso che il Comune è comunque l’ente a cui è attribuito, per tradizione legislativa, il potere di regolare l’orario dello svolgimento dell’attività di tutti gli esercizi commerciali, finanche nel mutato regime di cd. liberalizzazione (ex lege n. 111 del 2011 e successive modificazioni) delle attività, facendo uso in tali casi di un potere lato e certamente non incentrato sulla regolazione del servizio di trasporto.
4.2. – Nè, peraltro, la presunta adesione di ATM ad un “atto di indirizzo politico” (pg. 11 del ricorso) del Comune, è sufficiente ad integrare una prescrizione in grado di costituire l’elemento di collegamento tra il rapporto derivato (tra il concessionario e il terzo) e l’atto concessorio, così da confortare il convincimento che quest’ultimo sia stato mero presupposto del primo. Senza dire che, in ogni caso, il rapporto tra il concedente e il concessionario non ha, di regola, alcun rilievo per il terzo contraente, che resta del tutto estraneo al primo accordo: si deve, pertanto, respingere anche il primo motivo di ricorso.
5. – Resta da dire del terzo mezzo di cassazione.
5.1. – A tal proposito va condivisa l’osservazione del P.G. circa il fatto che, ai fini che qui interessano, è irrilevante la natura di ATM SpA, ossia se essa sia un'”impresa pubblica” e/o un “organismo pubblico” poichè “neppure la natura (latu sensu) pubblica del soggetto comporta infatti l’applicabilità in toto della disciplina pubblicistica all’attività da questo svolta ed è, da sola, insufficiente ad interferire sulla regola del riparto”. Nella specie, la constatazione che il contratto stipulato da ATM non aveva ad oggetto lo svolgimento di un servizio connesso e strumentale a quello oggetto della concessione, che in quest’ultima rinveniva un mero presupposto e che costituiva un contratto di locazione, come tale non riconducibile a quelli oggetto del D.Lgs. n. 163 del 2006 (applicabile nella specie ratione temporis), portano a ritenere che “correttamente il Consiglio di Stato ha affermato che si era al cospetto di una vicenda in tutto privatistica e di natura prettamente commerciale (concessione – recte, locazione -…), indubbiamente accessoria rispetto all’attività di TPL, ma altrettanto certamente estranea allo specifico oggetto pubblicistico della concessione che di esso costituiva mero presupposto”.
5.2. – Anche il terzo motivo di ricorso va, pertanto, respinto.
6. – In conclusione, confermando la decisione del Consiglio di Stato in questa sede impugnata, deve essere dichiarata la sussistenza della giurisdizione dell’AGO, davanti alla quale le parti devono essere rimesse, anche per le spese di questa fase del giudizio, e deve enunciarsi il seguente principio di diritto:
la controversia riguardante la contestazione della legittimità degli esiti della procedura di gara, volta ad individuare i contraenti per lo svolgimento dell’attività di bar ristorazione da stipularsi da parte del concessionario del trasporto locale (l’Azienda Trasporti Milanese ATM SpA), con riguardo agli immobili commerciali concessi (ad ATM, società in house, “annoverabile nell’ambito degli organismi di diritto pubblico”) dal Comune di Milano e posti nelle stazioni della metropolitana, spetta all’A.G.O., atteso che il rapporto tra il concedente e il concessionario non ha alcun rilievo per il terzo contraente, che resta del tutto estraneo al primo accordo, che ne costituisce un mero presupposto e, pertanto, il rapporto tra il concessionario e il terzo si risolve in un contratto di diritto privato.
PQM
P.Q.M.La Corte, a Sezioni Unite;
Rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione dell’A.G.O, davanti alla quale rimette le parti, anche per le spese di questa fase del giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite, il 20 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2019