DALLA SUA ISTITUZIONE ALLA CONDANNA PER I RESPONSABILI DEL GENOCIDIO CONTRO I MUSULMANI BOSNIACI
di avv. Fabiana Latte e avv. Tommaso Rossi
20 anni fa, l’11 luglio 1995, migliaia di musulmani bosniaci furono trucidati da parte delle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Mladic, nella zona protetta di Srebrenica che si trovava apparentemente al sicuro sotto la tutela delle truppe olandesi delle Nazioni Unite.
Le delimitazioni delle zone protette furono stabilite a tutela e difesa della popolazione civile bosniaca, quasi completamente musulmana, costretta a fuggire dal circostante territorio, ormai occupato dall’esercito serbo-bosniaco, e li migliaia di profughi si recavano alla ricerca di un luogo sicuro. Il 9 luglio la zona protetta di Srebrenica fu invasa dall’esercito serbo bosniaco, ancora ritornano agli occhi le immagini del generale Mladic che prende in braccio un bimbetto apparentemente rassicurandolo. Dopo un’offensiva durata alcuni giorni, l’11 luglio l’esercito serbo-bosniaco riuscì ad entrare definitivamente nella città di Srebrenica. Gli uomini dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne, dai bambini e dagli anziani. Si diceva loro che questo serviva per farli sfollare in maniera più ordinata e sicura. In realtà migliaia di uomini vennero uccisi e sepolti in fosse comuni. Si parla di oltre 8000 persone.
A seguito della Conferenza diplomatica di Roma del 17 dicembre 1998, venne istituito un organo ad hoc con il compito di giudicare gli individui che, come organi statali o come privati, erano accusati da aver commesso i più gravi crimini cd. Internazionali.
Il trattato istitutivo della Corte penale internazionale, è entrato in vigore il 1° luglio 2002.
A decorrere da quella data, la Corte internazionale è stata chiamata a giudicare i crimini di genocidi, gli altri crimini contro l’umanità e i crimini di guerra. Ivi incluso il crimine di aggressione.
Possono dirsi esclusi, i delitti di terrorismo in quanto tali fattispecie criminose sono previste, contemplate e punite dai trattati internazionali ma non nel diritto consuetudinario.
E’ importante sapere che il Tribunale dell’Aia agisce in base al principio di complementarietà.
Quest’ultimo, regola l’intera attività di tale organo. Difatti la Corte stessa non può essere chiamata a giudicare i crimini cd. Internazionali se lo Stato che ha giurisdizione sul caso non abbia la volontà o la capacità di perseguire il crimine mediante propri tribunali.
Un ulteriore limite alla sua giurisdizione è rappresentato dal fatto che la Corte può pronunciarsi solo ed esclusivamente nei confronti dei cittadini di Stati che abbiano aderito al trattato istitutivo o su situazioni verificatesi in tali Stati. Altrimenti, non ha la competenza né il potere di intervenire salvo che lo Stato membro non firmatario accetti la giurisdizione della Corte con una specifica dichiarazione.
Per tutti gli altri Stati aderenti, la giurisdizione della Corte viene definita come automatica. Ciò sta a significare che per i crimini previsti nello Statuto, se commessi nel territorio di uno degli Stati firmatari possono essere sottoposti al giudizio dell’organo internazionale.
Durante questi anni la Corte è stata chiamata a decidere su episodi di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nei diversi paesi deturpati da guerre civili o da gravi crisi interne. Si pensi ad esempio ai crimini commessi in Darfur. Dove in tal caso, anche qualora si tratti di uno Stato non parte dello statuto, l’azione propulsiva è stata posta in essere dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Si badi, che qualora il caso è sottoposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, siamo già dinnanzi a ipotesi di violazione della pace o minaccia della pace o aggressione e in tali casi non occorre il consenso della Stato.
Altre volte, sono gli stessi Stati a denunciare i crimini previsti nello Statuto. Pensiamo all’Uganda, agli episodi della Repubblica democratica del Congo o alla Repubblica centro africana. Infine, analogo potere propulsivo dell’azione della Corte internazionale, spetta anche al procuratore generale.
E, ancora una volta il Tribunale è stato chiamato a giudicare sui più gravi crimini di guerra, quelli avvenuti nella striscia di Gaza. All’oggi, difatti, il Tribunale è chiamato a individuare le responsabilità di quanto accaduto nell’estate scorsa, ove l’offensiva Scudo di difesa, nell’estate 2014, ha causato la morte di oltre 2200 palestinesi (la maggior parte civili) e 73 israeliani. Vedremo se le vittime palestinesi riusciranno ad ottenere giustizia.
Tornando da dove siamo partiti, sulla strage di Srebrenica e su tutti i crimini compiuti dall’esercito e dalle truppe paramilitari guidate da Mladic e dagli altri suoi “bracci armati”, si espresse il Tribunale internazionale. Il 2 marzo 2007 il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, pur definendo il massacro un genocidio a tutti gli effetti, assolse la Serbia dalle responsabilità , mentre condannò e dispose l’arresto dell’ex leader politico serbo bosniaco Radovan Karadzic e del suo capo militare Ratko Mladic, oltre che di molti altri militari del suo esercito tra cui “La Tigre Arkan”. Inteso il genocidio secondo i principi di Norimberga, l’assoluzione sollevò la Serbia dall’obbligo di pagare un indennizzo di guerra alla Bosnia. I responsabili del genocidio erano state singole persone, e non lo stato intero della Serbia.
Fu una vittoria a metà per i familiari delle vittime, che nel 2015 trovarono un altro piccolo tassello di “pace” per i propri defunti sepolti all’epoca come cani nelle fosse comuni. In oltre 6000 furono esumati dalle fosse, e grazie alla comparazione del loro DNA con quello dei familiari superstiti, si potè attribuire un nome a migliaia di corpi coperta dalla polvere.
La polvere della storia che copre la vergogna ma non cancella la memoria.