SENTENZA RIBALTATA: CONDANNATI A 28 E 25 ANNI DI RECLUSIONE PER L’OMICIDIO DI MEREDITH KERCHER
di Alessia Rondelli (praticante avvocato presso lo studio legale RPC)
FIRENZE, 02 FEBBRAIO 2014- Una nuova clamorosa svolta riporta l’attenzione su uno dei casi di omicidio più dibattuti degli ultimi tempi accompagnati da un percorso giudiziario tortuoso che sembra senza fine. Netti ribaltamenti hanno caratterizzato tale vicenda processuale, che ha avuto inizio nel 2008 quando si è instaurato il procedimento di primo grado per l’omicidio della giovane studentessa inglese di soli 22 anni, in Erasmus a Perugia, uccisa nella sua camera da letto con svariate coltellate al collo. Imputati di omicidio e violenza sessuale sono l’amica-coinquilina 20enne Amanda Knox ed il suo fidanzato di allora Raffaele Sollecito, ed un terzo uomo loro conoscente, Rudy Guede, i quali avrebbero trascorso assieme la sera del crimine tra l’1 ed il 2 novembre 2007. Il giudizio di primo grado si conclude con condanna rispettivamente a 26, 25 e 30 anni di reclusione, ma tutti proseguiranno il processo in appello, i fidanzati con rito ordinario mentre Guede con rito abbreviato. La Corte d’assise d’appello di Perugia, mentre per Guede conferma 16 anni di carcere, per gli altri due imputati la ricostruzione dei fatti viene ribaltata, a colpi di perizie e testimonianze viene messo in dubbio l’intero piano accusatorio tanto che i due vengono assolti ‘per non aver commesso il fatto’. In Cassazione la nuova inversione di marcia: annullamento della sentenza di appello di assoluzione con rinvio del giudizio alla Corte d’assise d’appello di Firenze, esprimendo una dura critica verso le lacune e le contraddizioni ravvisate in quella sentenza e demolendo tutte le ‘prove scientifiche’ che erano state disposte. Il cd appello bis è giunto proprio pochi giorni fa a conclusione con una pesante decisione, arrivata dopo ben 12 ore di camera di consiglio: condanna per i due imputati a 28 anni e mezzo per Amanda e a 25 anni per Raffaele. Ma ovviamente non si tratta della parola definitiva perché i legali di entrambi hanno già annunciato che proporranno ricorso in cassazione trattandosi per loro di un grosso errore giudiziario.
La Knox ha appreso la notizia della condanna da Seattle ed ha subito rilasciato un’intervista: “Sono rattristata e spaventata da questa sentenza ingiusta. Non sono stata presente al processo perché mi sarei messa nelle mani di persone che hanno dimostrato chiaramente di volermi in carcere per qualcosa che non ho fatto e io non posso farlo”.
Sollecito, invece, presente a tutte le udienze è mancato solo nel momento della lettura della sentenza perché non ce l’ha fatta ed è rimasto poi annichilito e incredulo alla notizia; a lui è stato applicato anche il divieto di espatrio perché “si ritiene abbia sviluppato supporti logistici in Paesi con i quali l’Italia non ha accordi di estradizione”. Lo stesso è stato fermato nei dintorni di Udine dove era stato individuato appena rientrato da un giro in Austria con una amica, è stato poi portato in Questura per la notifica del provvedimento e gli è stato ritirato il passaporto.
Hanno ascoltato la lettura del dispositivo nel silenzio più assoluto i familiari di Meredith, costituiti parte civile, che si dicono sollevati, ma non di certo contenti: “Non è tempo di festeggiare. Questi sette anni sono stati difficili e dolorosi. Niente ci riporterà Meredith, la cosa migliore che possiamo sperare è portare a conclusione questa vicenda. Siamo ancora in viaggio verso la verità, può essere che non sapremo mai cosa è veramente successo quella sera. Ci dobbiamo mettere il cuore in pace…”. È evidente dietro queste parole amareggiate lo strazio di una famiglia, sempre composta e misurata, ritrovatasi di botto in un incubo che sembra non finire mai e non avere soluzione, che poi comunque non colmerà mai un dolore così forte.