Amianto killer: anche la Olivetti finisce sotto indagini

 LA PROCURA DI IVREA HA AVVIATO INDAGINI SU 20 MORTI SOSPETTE NEGLI STABILIMENTI  DELL’INDUSTRIA INFORMATICA

di Avv. Valentina Copparoni (Studio legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

 olivetti17 novembre 2013-  Dopo lo storico processo Eternit l’amianto di nuovo sotto accusa. Secondo quanto anticipato dal quotidiano “la Stampa” la Procura di Ivrea avrebbe aperto un’inchiesta per 20 morti sospette a causa del contatto con l’asbesto che sarebbe avvenuto negli stabilimenti dell’azienda. I decessi (tutti avvenuti tra il 2003 e l’inizio del 2013) riguardano operai che per tanti anni hanno lavorato negli stabilimenti dell’azienda informatica (nello specifico tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90) e che si sono ammalati di mesotelioma pleurico. Le indagini si baserebbero sul sospetto che  durante quegli anni di lavoro gli operai sarebbero stati impiegati in reparti contaminati da fibre di amianto che venivano inalate inconsapevolmente.

Nel registro degli indagati ci sarebbero più di 20 nomi tra i quali Carlo De Benedetti, presidente dell’azienda dal 1978 al 1996 e suo fratello Franco Olivetti che è stato vicepresidente e amministratore delegato dell’azienda, Corrado Passera, ex ministro del governo Monti,  che ha svolto il ruolo di co-amministratore delegato tra il 1992 e il 1996, oltre a numerosi dirigenti e manager. L’accusa per tutti sarebbe quella di  omicidio colposo e lesioni colpose plurime causate dalla mancata adozione di misure necessarie ed adeguate per proteggere gli operai dall’amianto le cui fibre, respirate anno dopo anno, avrebbero causato il mesotelioma pleurico ossia una forma molto aggressiva di tumore polmonare.
Dopo l’anticipazione sulle indagini da parte del quotidiano “La Stampa”, è arrivata la conferma da parte della Procura di Ivrea. Il procuratore capo Giuseppe Ferrando ha affermato “Il caso è delicato. Le parti lese sono numerose e ci sono degli indagati”.
Sei anni fa i familiari di una ex dipendente dell’azienda informatica, Lucia DeLaurenti, aveva presentato una denuncia contro la Olivetti . Infatti la donna che aveva lavorato nello stabilimento di San Bernardo a Ivrea dal 1965 al 1980 era deceduta  nel 2007 a causa di un mesotelioma pleurico maligno; le perizie avevano dimostrato che si era ammalata per aver inalato talco contaminato con amianto.
Dalla denuncia si è arrivati ad un processo a carico di Ottorino Bertrami, amministratore delegato della Olivetti fino al 1978. Nel novembre scorso è arrivata la sentenza di appello con cui all’ex amministratore sono stati inflitti sei mesi di carcere per omicidio colposo in relazione alla morte della dipendente. Il 4 dicembre prossimo il giudizio di Cassazione ma  nelle scorse settimane Beltrami, all’età di 96 anni, è deceduto.
Da quella denuncia e dalle indagini successive è emersa una realtà molto complessa e altrettanto grave:  l’esistenza di diversi decessi dovuti per le medesime cause  (contatto con l’asbesto) tutti accomunati dal lavoro di tutti fino ai primi anni 90 negli stabilimenti Olivetti: alle Officine Ico, nei capannoni di San Bernardo e nel comprensorio industriale di Scarmagno. Tutti gli atti e la documentazione  venivano cosi trasmessi i in Procura dove successivamente iniziarono a confluire le prime denunce, molter delle quali da parte della erano arrivate le prime denunce. Molte di queste da parte della  Fiom Cgil del Canavese.

 Sulla notizia delle indagini a carico della  Olivetti  il portavoce dell’ex Presidente dell’azienda Carlo de Benedetti cosi  in una nota: “In merito all’inchiesta della Procura della Repubblica di Ivrea, di cui danno conto oggi varie notizie di stampa, e nella quale sarebbe indagato, tra gli altri, insieme al compianto Ing. Beltrami, a suo fratello Franco e al dottor Passera, l’Ingegner Carlo De Benedetti, nel rispetto degli operai e delle loro famiglie, attende fiducioso l’esito delle indagini nella certezza della sua totale estraneità ai fatti contestati”.
Nella nota di De Benedetti si precisa che “la realizzazione delle strutture oggetto di indagine precede infatti di diversi anni l’inizio della sua gestione all’Olivetti” e che nel periodo della permanenza di Carlo De Benedetti in azienda, inoltre, l’Olivetti “ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alle conoscenze scientifiche dell’epoca”.

E’ possibile che anche la stessa società Olivetti possa essere indagata per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose plurime?

Si, teoricamente è possibile perché nel nostro ordinamento giuridico esiste anche  la previsione di una responsabilità amministrativa degli enti collettivi in sede penale che si va a cumulare con la responsabilità penale delle persone fisiche che materialmente hanno commesso l’illecito purchè quest’ultimo sia stato compiuto nell’interesse o vantaggio dell’ente stesso. Si tratta del Decreto Legislativo n. 231/2001 (“Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300”), entrato in vigore ormai un decennio fa. La responsabilità dell’ente è in ogni caso autonoma in quanto sussiste anche qualora l’autore del reato non sia stato identificato o non sia imputabile.L’ente diventa quindi responsabile per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio sia da soggetti c.d. “apicali” (persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità o che esercitano, anche solamente di fatto, funzioni di gestione) che da soggetti c.d. “sottoposti” (persone sottoposte alla direzione o al controllo dei soggetti apicali).               Le sanzioni previste sono pecuniarie ed interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi);confisca;pubblicazione della sentenza di condanna.In ogni caso il D.lgs. 231/2001, nell’ottica di una premiazione e sensibilizzazione di una cultura aziendale improntata alla prevenzione del rischio di reati, prevede per l’ente una sorta di esonero dalla responsabilità qualora, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001, dimostri una serie di condizioni tra cui, in particolare, l’adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (i c.d. compliance programs) e la creazione di un organo interno di controllo per verificare il funzionamento, l’attuazione e l’aggiornamento di detti modelli.

Il catalogo dei reati rilevanti ai fini della responsabilità di cui al D.lgs. 231/2001 è espressamente previsto dal Legislatore che nel corso degli anni ha ampliato (e sta ancora ampliando) le ipotesi delittuose rientranti in tale elenco anche in adempimento a specifici obblighi comunitari in tale senso.

In materia di sicurezza sul lavoro, la legge n. 123/2007 ha introdotto nel novero di tali reati-presupposto anche l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies D.lgs. 231/2001).
Il successivo D.lgs. 80/2008 (Testo Unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) all’art. 30 ha confermato anche per tale settore la natura esimente dell’adozione ed attuazione di modelli organizzativi purchè conformi a specifiche caratteristiche .

 

A proposito di amianto-killer, la nostra legislazione come tutela i lavoratori dei siti industriali da potenziali conseguenze sulla salute dovute alla lavorazione, al contatto, alla vicinanza, estrazione o manipolazione del minerale?

E’ con la legge 257/1992 che in Italia è stata decisa la messa al bando dell’amianto attraverso un particolare programma di dismissione con il quale dal successivo 1994  è stata vietata l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione anche dei prodotti contenenti questo materiale ed è stata  istituita anche una Commissione Nazionale Amianto.
Per quanto riguarda invece l’esposizione all’amianto per motivi professionali, sono stati creati appositi trattamenti assicurativi per i lavoratori colpiti da malattie legate all’amianto con una specifica normativa sui controlli preventivi oltre che periodici.
Le norme di riferimento sono, tra le altre, il DPR 1124/1965 ed il D.lgs. 277/91 quest’ultimo  abrogato nel 2006 con l’introduzione, nell’ambito del d.lgs. 626/94 sulla sicurezza sui luoghi di lavoro (confluita ora nel Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro), di un apposito titolo dedicato proprio alla “protezione dei lavoratori contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto” in cui si indicando quelle attività  maggiormente a rischio e gli obblighi a carico dei datori di lavoro. Quest’ultimi devono indagare sulla possibile presenza dell’amianto sul luoghi di lavoro e valutarne preventivamente i possibili rischi adottando nel contempo tutte le misure adeguate e necessarie  per eliminare o comunque ridurre i pericoli. In ogni caso l’esposizione non deve superare i limiti fissati per legge e se è necessario proseguire l’attività lavorativa anche in caso di esposizione oltre i limiti, il datore deve predisporre e fornire ai lavoratori tutte le protezioni adeguate.
La rimozione dell’amianto può essere eseguita soltanto da soggetti iscritti in un apposito albo e prima dell’inizio della bonifica deve essere data la comunicazione all’organo di vigilanza competente per territorio.

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