ROMA, 14 Maggio 2013 – L’Italia, per la sua posizione geografica e il blando management amministrativo, è terra d’assalto per l’immigrazione irregolare. Chi fugge dalle guerre, da situazioni di estrema povertà, ma anche chi viene in Italia per lavorare, trova inizialmente una mano tesa a dare un aiuto. Gli italiani non lasceranno mai un barcone pieno di immigrati affondare a pochi chilometri dalla riva, né rifiuterebbero un primo soccorso a chi arriva in situazioni di emergenza.
Tuttavia, molti si chiedono che fine fanno gli immigrati che arrivano in massa nel nostro paese, dall’Africa nera, Maghreb, Bangladesh, Pakistan, Cina…Ogni popolo ha i suoi meccanismi di “sopravvivenza” all’interno del territorio italiano, svolgendo, quando è necessario, anche attività illecite come lo spaccio, la contraffazione, la gestione del racket della prostituzione. Tuttavia, con la legge in vigore è quasi impossibile essere un immigrato “regolare”, poiché occorrerebbe avere un contratto di lavoro prima di entrare nel Paese, e come è facilmente deducibile, nessuno di questi stranieri riesce ad ottenerlo.
E allora, quando uno di questi immigrati irregolari viene trovato dalle forze dell’ordine, verrà collocato in uno dei CIE presenti in Italia, in attesa di essere identificato e rimpatriato nel suo paese d’origine. Questa permanenza nei CIE però, oltre che un pesantissimo costo per il nostro sistema, rappresenta una vera e propria detenzione carceraria che va a peggiorare la situazione dell’immigrato, il quale non avrà alcuna occasione di riscatto sociale. D’altra parte, è evidente che le condizioni di questi CIE non sono così spaventose da inibire l’affluenza di nuovi immigrati nel nostro Paese. Molti ospiti ad esempio, riescono ad andarsene dai centri.
E’ stato presentato in questi giorni il rapporto di un anno di indagine sui Centri Italiani di Identificazione (CIE) per migranti, a cura dell’Associazione Medici per i diritti umani. Il rapporto, “Arcipelago CIE” ha messo in luce alcune delle questioni fondamentali legate a queste strutture, “I CIE sono diventati strutture molto peggiori delle carceri e le condizioni delle persone lì trattenute peggiori di quelle dei detenuti” ha commentato Pietro Marcenaro, autore della prefazione.
Secondo il rapporto “Arcipelago CIE”, questi centri non sono solo inutili, ma posti dove non è possibile tutelare i diritti fondamentali degli immigrati. Innanzitutto, gli ospiti dei Centri, che dovevano permanervi inizialmente solo 180 giorni, potrebbero passarvi addirittura degli anni. Non hanno alcuna attività da svolgere e spesso fanno uso di psicofarmaci somministrati dagli enti gestori.
Nei CEI italiani vi sono rinchiuse attualmente circa 8.000 persone, che rappresentano un peso anche economico per il sistema. Nel 2011 sono costati 18,6 milioni di euro, senza contare gli stipendi del personale. A Crotone un ospite costa al sistema 21 euro al giorno, mentre prima la media era di 70 euro al giorno. Questo perché i centri sono “affidati in appalto” a società che ovviamente cercano di ridurre sempre di più le spese.
Un altro problema è che a volte finiscono nei centri categorie che non dovrebbero, come le ex prostitute nigeriane che decidono di collaborare con la giustizia, e gli immigrati rumeni che sono cittadini europei. I laboriosissimi cinesi, rinchiusi a Ponte Galiera, si sono distinti anche in questi Centri, cucendo borse con materiali di recupero come buste e lenzuola monouso.
Secondo il Medu, in conclusione, i CIE devono essere chiusi per inadeguatezza strutturale e funzionale e il trattenimento dello straniero ai fini di rimpatrio deve essere ridotto a misura eccezionale. Tuttavia, il problema dell’immigrazione irregolare sussiste e occorrerebbe finalmente adottare una politica condivisa a livello europeo, poiché l’Italia non può gestire da sola interi popoli in fuga dalle guerre e dalla fame. Essendo il paese più facile da raggiungere via mare, il Bel Paese si trova in una posizione difficilissima: non può rifiutare un primo soccorso agli immigrati in difficoltà, ma non riesce amministrativamente ed economicamente a gestire i migliaia di immigrati che affluiscono continuamente nel nostro Paese. Urge una soluzione condivisa da Bruxelles.
Che cosa sono i CIE? I CIE (Centri per l’identificazione e l’espulsione), regolati con decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, sono gli ex ‘Centri di permanenza temporanea ed assistenza’: ovvero strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione. Questi centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari. Secondo il Decreto-Legge n. 89 del 23 giugno 2011, il termine massimo di permanenza degli stranieri in tali centri è stato prolungato dai 180 giorni ( previsti dalla legge n. 94/2009) a 18 mesi complessivi. A Trapani, vi sono due di questi centri: il Serraino Vulpitta – 43 posti e il Trapani, loc Milo – 204 posti.( Fonte: Ministero dell’Interno)
CLARISSA MARACCI