IL RICORSO VITTORIOSO DI UN BANCARIO PER “ABUSO” DI MOUSE
In tempi come questi in cui tutto o quasi tutto sembra passare attraverso l’uso di pc, tablet, smartphone e tecnologie sempre più varie, mi trovo a leggere (guarda caso proprio tramite pc!) una sentenza della Corte di Appello dell’Aquila del 14 febbraio 2013 con la quale è stata confermata la sentenza del Tribunale di Pescara (n. 990/2012) di riconoscimento ad un lavoratore di un’inabilità lavorativa pari al 15% per cosidetta “overuse” (ovvero uso eccessivo) del mouse.
All”impiegato, lavoratore di 53 anni e bancario sin dal 1983, addetto alla “movimentazione titoli” dell’istituto, è stata infatti diagnosticata quale malattia professionale la «sindrome pronatoria» dell’arto superiore destro a causa del continuo utilizzo del mouse richiesto dal suo lavoro.
Tutto ha inizio con il ricorso del lavoratore dapprima in sede amministrativa avanti l’Inail per il riconoscimento dell’inabilità lavorativa poi, a seguito del diniego dell’Ente, avanti al Tribunale di Pescara con tanto di perizia medica che, rifacendosi alla letteratura inglese sull’argomento, dimostrava la responsabilità dell’uso continuativo del mouse nella degenerazione dei tessuti e dei muscoli coinvolti. Il tribunale. respingendo le difese dell’Inail, ha accolto il ricorso riconoscendo al bancario l’inabilità lavorativa del 15% e il pagamento, da parte dell’ente del corrispettivo compenso come da articolo 13 del Dlgs 38/2000, più i relativi interessi.
Non soddisfatta evidentemente per il risultato ottenuto, l’Inail presentava ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado che però veniva respinto e cosi, stante il mancato ricorso in cassazione, lil provvedimento diveniva definivo assumendo valore di giudicato.
Come detto in primo grado si sono affrontati anche, anzi soprattutto, giudizi meramente tecnici sia per la documentazione fornita dal lavoratore che per la consulenza tecnica disposta dal Giudice; quest’ultima in particolare aveva ricondotto l’insorgenza della malattia all’esercizio della abituale attività lavorativa del ricorrente. In particolare il funzionario utilizzava il mouse tutti i giorni dalle 8:15 fino alle 17:00-18:00, ora di chiusura della Borsa.
Secondo la perizia, che cita anche letteratura anglosassone sulla materia, nella SOU (sindrome da over ouse) accade che la ripetuta attività muscolo-tendinea esaurisca la capacità ricostitutiva dei tessuti che manifestano un danno locale acuto di tipo flogistico, nell’esercizio cronico il danno cumulativo tende ad estendersi alle strutture limitrofe compromettendo il microcircolo di uno o di tutti i compartimenti del segmento interessato con un sub-edema interstiziale ipertensivo che, l’eventuale ulteriore flogosi riparativa, stabilizza fino a provocare ispessimento e retrazione della trama connettivale ed un ulteriore aumento di tensione. Nell’avambraccio, questa condizione può condurre all’instaurarsi di una sindrome compartimentale cronica, con eventuale associato danno nervoso”.
L’Inail aveva tentato, invano, di smontare la tesi portata avanti in giudizio giustificando la malattia del ricorrente come congenita ma come si legge in sentenza “il consulente tecnico d’ufficio, sulla scorta della documentazione in atti, nonché di diretti e specifici accertamenti, tenendo anche adeguatamente conto degli elementi indicati dalla stessa parte attrice, ha accertato che il ricorrente è affetto da ‘sindrome pronatoria con compressione del nervo mediano all’avambraccio destro da overuse’, ed altresì stabilito che l’insorgenza di tale malattia deve ritenersi determinata dai fattori morbigeni cui il medesimo è stato nell’esercizio della sua abituale attività lavorativa”.
Insomma un chiaro legame causa-effetto tra patologia riscontrata e lavoro del ricorrente che ha portato all’esito vittorioso del giudizio per il bancario.
Attenzione dunque il “mal di mouse” e più in generale un uso eccessivo della tecnologia possono avere delle conseguenze anche gravi sulla mente ed il fisico. Nessuna ricerca su internet potrà poi riconsegnarci la salute!