9 MAGGIO ’13, ROMA – In tempi dove il femminicidio e la violenza sulle donne sono fenomeni che stanno diffondendosi in maniera eclatante e preoccupante, i Ministri della Giustizia, delle Pari Opportunità e dell’Interno pensano ad un dispositivo elettronico per tenere sotto controllo lo stalker sottoposto a provvedimento interdittivo ed evitare che questi si avvicini alla persona oggetto delle sue molestie. Oltre a questo, si pensano anche ad altri interventi che mirino a supportare e tutelare chi denuncia atti persecutori e quei soggetti che, allarmati e spaventati, hanno paura di ribellarsi e di uscire dalle proprie abitazioni o, semplicemente, di chiedere aiuto.
Lo dice chiaramente il ministro Anna Maria Cancellieri che annuncia la volontà di «rendere efficaci tutte quelle misure attualmente già previste dalla legge, spesso non applicate per mancanza di risorse». E poi spiega: «Parliamo di “braccialetto” per semplificare e dare l’idea di quello che dovrebbe essere lo strumento da utilizzare. Abbiamo la necessità di impedire a chi ha già mostrato comportamenti aggressivi di poter colpire e questa – al termine di un’approfondita indagine – potrebbe essere una soluzione efficace». Non è l’unico provvedimento allo studio del suo dicastero: «Mi confronterò con i magistrati al fine di creare dei pool specializzati all’interno delle procure. Non dovrà mai più accadere che una persona indagata per reati così gravi possa tornare libera per errore come è accaduto a Reggio Emilia». Il riferimento è all’uomo che ha strangolato ed ucciso la propria ragazza, reo confesso, rimasto 12 mesi in carcere in attesa del rinvio a giudizio, poi rilasciato qualche giorno fa con obbligo di dimora per la scadenza dei termini della custodia cautelare, entro i quali non era stata fissata l’udienza preliminare. Purtroppo, accadono anche cose di questo genere.
Il resoconto degli ultimi giorni assomiglia ad un bollettino di guerra che ha fatto scattare l’appello al Governo ed al Parlameto di “Feriteamorte”, ilprogetto curato da Serena Dandini e Maura Misiti: cinque donne uccise in una settimana, altre aggredite, picchiate, violentate. Le risposte non si sono fatte attendere, almeno per una volta, e già due giorni fa Angelino Alfano ha annunciato la discussione al prossimo consiglio dei ministri: è necessario “trovare tutti i soldi che servono perché non può essere un limite di spesa o un vincolo di bilancio che possa fermare un governo che vuole difendere le donne”. Una promessa che adesso dovrà essere messa in pratica. Perché non sono le leggi a mancare, ma i fondi. E questo sta provocando la chiusura di numerosi centri antiviolenza. Nella relazione che lo stesso Alfano porterà a Palazzo Chigi sarà evidenziata la necessità di proporre al Parlamento la ratifica della Convenzione di Istanbul, in modo da ottenere proprio lo sblocco dei fondi attraverso la Convenzione «NoMore» che impone tra l’altro interventi per la formazione del personale e per la creazione di una banca dati che possa consentire la valutazione dell’entità del fenomeno per predisporre le misure di contrasto, del resto già prevista nel piano nazionale antiviolenza finora attuato solo in parte.
Tra le misure allo studio di Cancellieri e Alfano, ci sarebbe anche l’ipotesi di rendere più concreta la possibilità di procedere all’arresto dello stalker, considerando che spesso è la pressione psciologica cui la vittima è sottoposta a difenderlo, in quanto la stessa ha paura di reagire e per questo motivo si studia una modifica all’art. 612 bis c.p., il quale prevede “la reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Questa pena «è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa». Il limite della norma sta nel fatto he questo reato è procedibile solo a querela della persona offesa, la quale ha 6 mesi di tempo per denunciare le molestie. Proprio su questo si proverà adesso a intervenire con una modifica che invece dia all’autorità giudiziaria la possibilità di procedere anche se la vittima non ha presentato la denuncia. Se il reato verrà reso perseguibile d’ufficio, a far scattare le indagini e i controlli saranno sufficienti segnalazioni di conoscenti o familiari o anche un referto del Pronto Soccorso.
MOSE’ TINTI