SI RIAPRE IL DIBATTITO DOPO LA MORTE DEL RAGAZZO IN GITA SCOLASTICA
di Avv. Fabiana Latte
Negli ultimi periodi si sente spesso parlare di “atti di bullismo”. L’acceso dibattito scaturisce da una profonda linea di demarcazione tra la classica bravata da adolescente e un reato vero e proprio. I genitori dei “bulli” da un lato e la scuola dall’altro. Quest’ultima, ha come compito essenziale e fondamentale la formazione dei propri studenti. Una scuola che, come ben sappiamo, è anche scuola di vita.
A chi non è capitato di essere preso in giro o di subire alcuni scherzi. Ciò che però desta più sconcerto è che di recente, questi scherzi non possono più definirsi tali perché si risolvono troppo spesso in una vera e propria umiliazione e violenza psicologica con annesse condotte vessatorie nei confronti del compagno di classe o coetaneo vittima dei comportamenti posti in essere.
Queste condotte possono assurgere e qualificare come un vero e proprio “fenomeno”. Sempre più dilagante. Sempre più incontrollato.
Non pensiamo soltanto al caso del 19enne deceduto durante una gita e precipitato da un hotel di Milano dove, tra l’altro, sono ancora in corso gli accertamenti e le indagini e, nonostante l’omertà dei compagni di classe del ragazzo deceduto, non può ancora definirsi o ricondursi a condotte annoverabili tra i fenomeni di bullismo
Parliamo di un altro episodio verificatosi sempre durante una gita scolastica dove i compagni di classe di un ragazzo hanno approfittato del suo stato di incoscienza, dovuto dall’alcol ingerito, per metterlo nella vasca da bagno dell’hotel, depilarlo, urinargli addosso, cospargerlo di sapone, nutella, cibo negli slip e avvolgerlo nella carta igienica. Il tutto contornato sia dalle risate sguaiate degli autori dello scherzo sia da uno smartphone pronto a riprendere tutta la scena e, per completare l’umiliazione, pronto a caricare il video sui social network per diffonderlo in rete. Il bullismo è anche fenomeno social oltre che sociale.
In tale frangente il preside della scuola ha punito i 14 studenti responsabili del gesto con una sospensione dalla scuola dai 3 ai 15 giorni e, per alcuni di essi, il 4 o 5 in condotta con il rischio di dover ripetere l’anno.
In episodi come questi, mediamente, i genitori dei “bulli” sono pronti ad adire le vie legali perché reputano ingiusta la punizione inflitta e si prodigano a giustificare i comportamenti dei propri figli come una mera bravata. Mentre i genitori della vittima di bullismo non ricevono nemmeno le scuse da parte dei primi.
Sembra che il tutto sia capovolto e in tali frangenti la scuola non può arrivare ovunque. La scuola può insegnarti che se eccedi e con il tuo comportamento provochi sofferenze fisiche o psichiche ad una persona, vieni punito ma se i genitori sono sempre pronti a proteggere i figli dalle possibili sanzioni , il rischio è che il messaggio che si vuole inviare non venga affatto recepito ma, anzi, certi di una perenne protezione si resti del tutto indifferenti.
Nel nostro codice penale non vi è una norma che tuteli nello specifico le vittime di bullismo.
Vi è una costellazione di norme di varia derivazione: dal codice civile al codice penale. Non vi è una previsione specifica perché molto spesso la condotta del “bullo” riprende numerose condotte, dalle percosse alle minacce o dal danneggiamento a cose fino ad arrivare alla calunnia o all’ingiuria (nelle migliore delle ipotesi!).
Il minore di anni 14, non è mai imputabile penalmente ma, in vista della sua personalità e della condotta posta in essere, può sempre essere considerato (in via residuale) “socialmente pericoloso” con la correlata previsione di misure di sicurezza (come, ad esempio, la libertà controllata).
Differentemente dal minore che non ha compiuto i quattordici anni, la posizione del minore infraquattordicenne (di età compresa tra i 14 e i 18 anni) che, qualora venga ritenuto capace di intendere e volere, sarà soggetto al procedimento penale avanti al Tribunale per i minorenni.
Ma il fenomeno del bullismo coinvolge sia la scuola che i genitori. La responsabilità di questi ultimi, di stampo civilistico, richiama la mancata attuazione di azioni correttive del comportamento dei figli e, più in generale, la cd. Culpa in vigilando. Per quanto riguarda gli insegnanti, invece, sono titolari di una posizione che non si discosta troppo da quella dei genitori, ma l’illecito deve essere commesso dall’allievo durante il tempo in cui è sottoposto alla sua vigilanza. L’insegnante può liberarsi da responsabilità soltanto dimostrando di non aver potuto impedire il fatto. Infine, qualora si parli di scuole statali, alla responsabilità dell’insegnante si affianca quello dello Stato.
Al di fuori di tutte queste precisazioni, il bullismo si concretizza in veri e propri atti di inciviltà che possono assurgersi come irrilevanti per il diritto (sia esso penale che civile).
Si dovrebbe accrescere la tutela di tali vittime silenziose e che spesso si trovano sole e vessate continuamente dai propri compagni.
Sensibilizzare e far arrivare il giusto messaggio: un conto uno scherzo di pessimo gusto al quale poter reagire anche in prima persona, un conto è l’umiliazione, il dolore psicologico e il dolore fisico che va denunciato, fatto presente e che necessita di una risposta ferma e senza alibi o giustificazione alcuna.