LA SUPREMA CORTE ANNULLA L’ASSOLUZIONE DI 5 MEDICI DISPONDENDO UN NUOVO APPELLO PER OMICIDIO COLPOSO. INDAGINE BIS SU ALCUNI CARABINIERI DELLA STAZIONE APPIA DI ROMA
di Avv. Valentina Copparoni (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
20 dicembre 2015- E’ solo il tempo a volte a dare le risposte e a far emergere la verità. Forse anche per Stefano Cucchi sembra che dopo tanto tempo, a più di sei anni dalla morte, stia arrivando il tempo della Verità.
Dopo il tempo del dolore, della disperazione, della rabbia, del rancore e forse perchè no anche dell’odio, ora l’intrigato tragico puzzle che raffigura la vicenda del giovane romano deceduto nel 2009 sembra assumere un aspetto diverso. I pezzetti del puzzle non sembrano più forzati a dare un’immagine non reale ma stanno assumendo tutti, uno dopo l’altro, il loro posto.
Nel novembre dell’anno scorso scrivevamo dell’epilogo in secondo grado del processo per la morte di Stefano. I giudici della prima Corte d’assise d’appello di Roma, presieduti dal Giudice D’Andria, dopo ore di camera di consiglio avevano scritto la verità, quantomeno quella processuale, sugli imputati nel processo per la morte del giovane: sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria.
Un processo lungo, difficile, sotto i riflettori mediatici, pieno di consulenze dagli esiti spesso contrastanti tra loro, una maxi-perizia e dichiarazioni di quasi 150 testimoni.
La decisione finale era stata l’assoluzione di tutti gli imputati. Nello specifico un ribaltamento di giudizio per il primario del Reparto detenuti del Pertini, Aldo Fierro, i medici Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo e Rosita Caponetti (quest’ultima imputata per il solo reato di falso ideologico) ed una conferma della sentenza di assoluzione per gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli, Domenico Pepe e per gli agenti della Penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio, Antonio Domenici.
Gli esiti potevano essere diversi: una conferma della sentenza di primo grado con cui erano stati condannati soltanto i medici per omicidio colposo (tranne una, Rosita Caponnetti condannata solo per falso) oppure un ribaltamento della decisione di primo grado con la condanna di tutti gli imputati oppure, da ultimo, l’accoglimento delle richieste dei difensori degli imputati con l’assoluzione dei loro assistiti.
E cosi è stato. Anche gli imputati condannati in primo grado tutti assolti. Le reazioni anche in aula non mancarono, forti, cariche di emozioni, lacrime, rabbia, delusione per i familiari di Stefano ma anche cariche di soddisfazione da parte degli imputati assolti.
Oggi, a poco di di un anno di distanza dalla verità processuale sancita in appello, arriva la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha ribaldato in parte quella verità annullando l’assoluzione di 5 medici (Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo) e disponendo un appello-bis a loro carico per omicidio colposo.
Definitivamente assolti, invece, i tre agenti di polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio, Antonio Domenici), il medico che per primo visitò Cucchi Rosita Caponnetti (già prosciolta per falso ideologico) ed i tre infermieri finiti sotto processo ( Giuseppe Flauto, Elvira Martelli, Domenico Pepe).
Il Procuratore Generale aveva chiesto un parziale accoglimento del ricorso della Procura di Roma e il rigetto dei ricorsi presentati dai familiari di Stefano contro le assoluzioni dei tre agenti di Polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. Di fatto la famiglia aveva già deciso e comunicato alla Corte la decisione di rinunciare al ricorso contro l’assoluzione dei tre agenti di polizia penitenziaria.
La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, parla con soddisfazione di un “nuovo inizio” affermando che “i medici sono responsabili della morte di mio fratello, se lo avessero curato non ci sarebbe alcun motivo di parlare di lui e della sua vicenda” “Si respira un’aria completamente diversa rispetto a quando sei anni fa mi mandarono il certificato dell’autopsia di mio fratello: adesso vedo che la Procura ha voglia di fare chiarezza e mi sento finalmente in sintonia con i magistrati”.
Soddisfatto anche l’avvocato Fabio Anselmo, difensore della famiglia Cucchi che da sempre sin dall’origine della tragica vicenda ha lottato con i familiari di Stefano alla ricerca di verità e giustizia: “Se i medici avessero fatto anche solo una briciola del loro dovere, Stefano sarebbe vivo. Per una scelta di coscienza seppure con rammarico, abbiamo abbandonato il ricorso contro le assoluzioni dei tre agenti della polizia penitenziaria. Adesso però aspettiamo al processo i carabinieri che hanno compiuto il pestaggio di Stefano e per loro l’accusa sarà di omicidio e non di lesioni”.
Ed infatti sempre di questi giorni è la notizia che ha di nuovo sconvolto le coscienze già provate da questa storia. Ma ricostruiamo ciò che emerso di nuovo.
La Procura di Roma ha formalmente avanzato richiesta di incidente probatorio per chiedere al Gip una nuova perizia medico-legale sulle lesioni riportate da Stefano Cucchi. La richiesta è stata avanzata nel quadro di un’inchiesta bis portata avanti dal Procuratore Pignatone e dal Sostituto Musarò nella quale si afferma con evidenza che “nella notte tra il 15 ed il 16 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu sottoposto a un violentissimo pestaggio da parte di carabinieri appartenenti al comando stazione di Roma Appia“.
Ed ancora. “Fu scientificamente orchestrata una strategia finalizzata a ostacolare l’esatta ricostruzione dei fatti e l’identificazione dei responsabili per allontanare i sospetti dai carabinieri appartenenti al comando stazione Appia“. Nell’inchiesta bis risulterebbero indagati cinque carabinieri della stazione Roma Appia ( Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco tutti per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità ; Vincenzo Nicolardi per falsa testimonianza e false informazioni al pubblico ministero; Roberto Mandolini per falsa testimonianza.
A i carabinieri Di Bernardo, D’Alessandro e Tedesco si contesterebbe che, dopo avere proceduto all’arresto di Cucchi e dopo aver eseguito una perquisizione domiciliare, avrebbero continuato “spingendolo e colpendolo con schiaffi e calci, facendolo violentemente cadere in terra” cagionandogli lesioni personali, con frattura della quarta vertebra sacrale e della terza vertebra lombare.
Sempre nella richiesta di incidente probatorio si legge che “non si diede atto della presenza dei carabinieri Raffaele D’Alessandro e di Alessio Di Bernardo nelle fasi dell’arresto di Stefano Cucchi. Il nominativo dei due militari infatti non compariva nel verbale di arresto, pure essendo gli stessi pacificamente intervenuti già al momento dell’arresto di Cucchi e pur avendo partecipato a tutti gli atti successivi“. Non solo . “Fu cancellata inoltre ogni traccia di passaggio di Cucchi dalla compagnia Casilina per gli accertamenti fotosegnaletici e dattiloscopici al punto che fu contraffatto con bianchetto il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento”; “nel verbale di arresto non si diede atto del mancato fotosegnalamento“.
Secondo la Procura Stefano “non non fu arrestato in flagranza per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale perpetrato presso i locali della compagnia carabinieri di Roma Casilina né fu denunciato per tale delitto, omissione che può ragionevolmente spiegarsi solo con il fine di non fornire agli inquirenti alcun elemento che potesse spostare l’attenzione investigativa sui militari del comando stazione carabinieri di Roma Appia”. I fatti accaduti alla caserma Casilina, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, non sarebbero stati portati a conoscenza degli altri che parteciparono all’arresto del giovane ed in particolare il Comandante Mandolini e l’appuntato scelto Nicolardi, avrebbero nascosto davanti alla Corte d’Assise ciò che sapevano sulle condizioni di Stefano e sulle responsabilità dei carabinieri della caserma accusati di aver picchiato, tutti insieme, Cucchi.
Ma come mai una richiesta ora di una nuova perizia medico -legale?Tutto nasce da una consulenza del radiologo Carlo Masciocchi che nelle radiografie avrebbe riscontrato una frattura lombare recente sul corpo di Cucchi. Tale elemento di novità “rende necessaria una rivalutazione dell’intero quadro di lesività anche ai fini della sussistenza o meno di un nesso di causalità tra le lesioni patite da Stefano Cucchi a seguito del pestaggio, e poi la morte”.
Ma ciò che ancor più indigna tutti, semmai sia possibile una scala di livello, è ciò che emerso da alcune intercettazioni facenti parti delle indagini dell’inchiesta bis.
“Hai raccontato la perquisizione… hai raccontato di quanto vi eravate divertiti a picchiare quel drogato di merda“.
Queste le parole intercettate nel mese di settembre 2015 dell’ex moglie di uno dei carabinieri indagati che sentita dal Pubblico Ministero avrebbe confermato di aver saputo proprio dal marito che la notte dell’arresto Stefano Cucchi era stato pestato da lui e da altri colleghi della Stazione Appia.
Ed ancora le parole intercettate:
“Non ti preoccupare… che poco alla volta ci arriveranno perché tu mi hai raccontato a me… lo hai raccontato a tanta gente di quello che hai fatto”
Secondo la donna l’ex marito gli avrebbe riferito:”Gliene abbiamo date tante a quel drogato di merda” e sempre secondo il suo racconto “raccontava anche di pestaggi ai danni di altri soggetti, che erano stati arrestati o che comunque avevano portato in caserma in altre circostanze. Ricordo in particolare che mi parlò di pestaggi ai danni di extracomunitari, anche se non si trattava di pestaggi di questo livello“.
Le parole del Procuratore Generale sono tuonate forti, molto forti, nell’aula della Cassazione qualche giorno fa prima che la Corte si riunisse in camera di consiglio per un nuovo tassello del drammatico puzzle che è stata la morte di Stefano. E con le sue parole che vorrei chiudere questo articolo con la speranza che possano essere un monìto per tutti:
“dai membri di Corpi di Polizia e dai medici la collettività ha il diritto di esigere il massimo di correttezza, di rispetto umano, di osservanza delle leggi dello Stato di diritto se si vuole evitare che il potere dello Stato degradi ad arbitrio ed a mera violenza e sia irrimediabilmente delegittimato agli occhi dei cittadini . Lo Stato senza diritto è una banda di briganti, come ha scritto Sant’Agostino e come ci ha ricordato un fine teologo come Benedetto XVI”.