Caso Xylella Fastidiosa, inchiesta sugli ulivi pugliesi

DOPO IL SEQUESTRO DEGLI ULIVI SALENTINI PROVIAMO A FARE UN PO’ DI CHIAREZZA

di dott.ssa Letizia Bongelli

immagine articoloLo scorso 28 dicembre 2015, Il GIP del Tribunale di Lecce Alcide Maritati ha convalidato il sequestro preventivo d’urgenza degli ulivi salentini disposto il 18 dicembre scorso dai pm Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione in Puglia dell’emergenza Xylella, inchiesta in cui figurano 10 indagati tra cui l’ex commissario straordinario Giuseppe Silletti che il 24 dicembre ha rassegnato le dimissioni.

I reati ipotizzati a vario titolo sono di diffusione di una malattia delle piante, violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale, falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici, falso ideologico, getto pericoloso di cose, distruzione o deturpamento di bellezze naturali. I reati sarebbero stati commessi nel leccese e zone limitrofe dal 2010 ad oggi.

Il sequestro riguarda tutte le piante di ulivo interessate dalle operazioni di rimozione immediata delle piante infette previste in esecuzione del piano Silletti, tutte le piante interessate da rimozione volontaria e tutte le piante già destinatarie di provvedimenti di ingiunzione e prescrizione di estirpazione di piante infette emessi dall’Osservatorio fitosanitario.

Il GIP condivide la tesi secondo cui gli abbattimenti degli alberi e l’utilizzo di pesticidi non sarebbero l’unico sistema idoneo a evitare l’eventuale diffusione della malattia degli ulivi che può essere comunque arginata attraverso l’adozione di metodi graduali comunque previsti dalle direttive europee.

Questo è solo l’ultima vicenda di una emergenza che dura ormai da più di due anni.

Era l’autunno del 2013 quando il batterio Xylella fastidiosa è comparso in Italia e da quel momento è associato al cosiddetto CoDiRO, il Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, una malattia che è risultata fatale e devastante per le immense distese di oliveti della penisola salentina.

Da quel momento, quindi, che ci si interroga su come fermare la diffusione della malattia, come curarla, quali ne siano le cause e come è arrivata nel Salento, domande importanti perché la produzione olearia del nostro Paese è la seconda in Europa e ha un fatturato e un indotto essenziali per l’economia di tutta la penisola.

Ma i magistrati leccesi nel decreto di convalida ritengono che non sia stato accertato alcun nesso diretto di causalità fra laXylella fastidiosa e la moria degli ulivi salentini e che, pertanto, l’abbattimento non contiene la diffusione della malattia ma si configura addirittura inutile.

Il cosiddetto “batterio killer” è stato riscontrato in alcuni ulivi sani, e viceversa non è stato trovato in alcune piante affette da disseccamento. Segno evidente che non c’è un immediato rapporto causa-effetto. La constatazione è stata confermata anche dai rilievi effettuati in due uliveti confinanti che pur presentando piante della stessa varietà, queste si mostravano in condizioni diverse di salute, malati da una parte e sani dall’altra.

Inoltre gli accertamenti svolti hanno evidenziato come la diffusione del batterio non sia recente, ma che la Xylella fastidiosa sia presente in Salento da almeno 15/20 anni. Tale circostanza viene dedotta dalla presenza di nove ceppi diversi di tale batterio, elemento che segnala una avvenuta mutazione genetica del batterio che per affermarsi richiede un periodo piuttosto lungo.

Infine, dopo questa decisione saranno inevitabili le sanzioni da parte dell’Europa, ovvero una multa e l’estensione dell’embargo alle esportazioni vivaistiche. 

Il mancato adempimento alle norme comunitarie aveva, infatti, già portato all’apertura di un procedimento di infrazione, perché già prima di questa decisione della procura, l’Ue non riteneva che l’Italia stesse facendo tutto quanto in suo potere per la ”eradicazione, il contenimento e la sorveglianza di Xylella”.

 

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