SIAMO ALLA SOLITA TRUFFA DELLE ETICHETTE O SI TRATTA DI QUALCOSA DI PIU’?
Di Barbara Fuggiano
C’erano una volta gli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari). Adesso ci sono le REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza).
Dagli O.P.G. alle R.E.M.S. Tutto è iniziato nell’ormai lontano 2008, nell’O.P.G. di Aversa, quando il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) ne denunciò le scandalose condizioni di vita: reparti sprovvisti di mobilio; scarse dotazioni sanitarie e pessime condizioni igieniche (addirittura fu accertata la presenza di ratti); soluzioni di fortuna per i pazienti allettati o incontinenti e disumani mezzi di costrizione e isolamento; pazienti legati al letto da giorni, sedati, senza alcuna assistenza medica. Seguì, nel 2010-2011, la diffusione degli esiti dell’inchiesta della Commissione del Senato guidata da Ignazio Marino, oggetto anche di un’interessante puntata di “Presa diretta”, il programma RAI condotto da Iacona, che si fece carico di trasmettere immagini davvero sconcertanti girate all’interno di alcuni O.P.G.
La prima tappa per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari è il d.p.c.m. del 1 aprile 2008, con il quale le competenze in materia di medicina penitenziaria – dunque anche in merito agli O.P.G. – sono state trasferite dal Ministero di Grazia e Giustizia a quello della Sanità, sancendo definitivamente una territorializzazione del servizio sanitario psichiatrico che a tutto ha portato fuorché al risultato auspicato, ossia il rafforzamento delle funzioni terapeutiche e sanitarie degli istituti penitenziari e di internamento. Il problema principale, infatti, nasceva dal fatto che gli O.P.G. rimanevano nelle mani del direttore penitenziario (responsabile degli aspetti amministravi, contabili e di sicurezza della struttura), mentre ai direttori sanitari (responsabili degli aspetti terapeutici) era demandato solo un ruolo secondario. Insomma: sorvegliare e punire era il “motto”.
La seconda tappa è rappresentata, invece, dal d.l. 211/2011 (converito nella legge 9/2012) che ha previsto ufficialmente la chiusura degli O.P.G. per il 1 febbraio 2013 nonché l’istituzione di nuove strutture (le R.E.M.S.) idonee ad accogliere i soggetti che, per ragioni di sicurezza e protezione, non era possibile dimettere. E qui finalmente si ebbe quell’inversione di ruoli e priorità tanto auspicata: a differenza degli O.P.G., l’unica funzione svolta in tali strutture avrebbero dovuto essere la gestione sanitaria degli ospitati, infatti “l’attività perimetrale di sicurezza e di vigilanza esterna, ove necessario in relazione alle condizioni dei soggetti interessati” sarebbe stata svolta “nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente” (in parole povere, a costo zero).
Queste strutture avrebbero dovuto ospitare soggetti “provenienti, di norma, dal territorio regionale di ubicazione delle medesime“. La novità starebbe anche in questo: gli O.P.G. erano solo sei e ospitavano internati di più regioni limitrofe, mentre le R.E.M.S. sarebbero dislocate, in maniera omogenea e proporzionale al numero di abitanti, in ciascuna regione.
Lo stesso decreto aveva fissato nel 31 marzo 2013 il limite massimo per l’adozione del decreto ministeriale con cui definire i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle nuove strutture: si tratta del d.m. 1 ottobre 2012.
Il d.l. 24/2013 dà atto di quello che sin dall’inizio si sospettava: la chiusura degli O.P.G. in tempi così ravvicinati è pura utopia, pertanto il termine massimo è prorogato fino al 31 marzo 2014. La legge di conversione (57/2013) mette fretta alle regioni: occorre definire nel più breve tempo possibile ciascun programma regionale e fissare “tempi certi e impegni precisi per il superamento degli O.P.G.”. Ma va ben oltre. La legge n. 57, infatti, finalmente prevede la dimissione di tutti i soggetti per i quali sia esclusa la pericolosità sociale, con l’impegno per le AUSL di farsene carico per mezzo di progetti terapeutici, riabilitativi e individuali.
Diversi autori hanno sottolineato quanto sia paradossale che il legislatore, per imporre alle istituzioni di dare esecuzione ad una legge dello Stato già vigente, debba approvarne una seconda che glielo ricordi.
L’ultima tappa è rappresentata dal d.l. 52/2014 (conv. legge 81/2014), che ha prorogato allo scorso 31 marzo 2015 il termine per la chiusura definitiva degli O.P.G., con l’entrata in funzione delle R.E.M.S. Questa legge, chiudendo il cerchio, ha anche previsto, una volte per tutte, l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. o in una casa di cura e custodia (C.C.C.) solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura, nonché una serie di corsi di formazione per gli operatori del settore. Dal punto di vista sostanziale, ha anche posto fine a quello che era definitivo come l’”ergastolo bianco”, poiché ad oggi le misure di sicurezza, a differenza del passato, devono avere una durata massima che non può superare la pena detentiva massima prevista per il reato commesso.
I piccoli passi che dal 2008 sono stati avanzati nel campo delle misure di sicurezza, a sostegno dei soggetti ritenuti “pericolosi” ma, allo stesso tempo, non imputabili, sicuramente sono stati troppo lenti e faticosi, ma almeno si è scongiurata l’ennesima temutissima proroga per la chiusura degli O.P.G.
Le R.E.M.S. Dal 31 marzo 2015, ogni riferimento codicistico (sia del c.p. che del c.p.p.) agli “O.P.G.” e alle “C.C.C.” s’intende rivolto alle Residenze di Esecuzione delle Misure di Sicurezza che, come abbiamo visto, soffrono la stessa territorializzazione delle precedenti strutture, pur perseguendo, quale unica finalità espressa, il recupero del soggetto interessato attraverso un personalizzato percorso terapeutico e risocializzante. Non punire, bensì curare: questo il nuovo “motto”. Con estremo ottimismo e ignorando gli eccessivi (inutili) allarmismi sollevati da più parti circa i rischi per la sicurezza pubblica dovuti alla nuova normativa, ci si augura non si tratti solo di una “truffa delle etichette”. La vocazione sanitaria delle nuove strutture è lasciata nelle mani delle regioni, che dovranno essere monitorate per non risultare inadempienti.
Si è scongiurato il pericolo dell’ennesima proroga del superamento degli O.P.G., tuttavia non tutte le R.E.M.S. sono attive. Anzi, accanto a regioni (l’Emilia Romagna prima tra tutte) nelle quali le strutture sono già pronte, vi sono regioni in cui ci si è limitati ad individuare solo i luoghi dove sorgeranno e altre nelle quale nulla è stato fatto. Tra queste ultime, spicca il Veneto. Luca Zaia motiva l’inadempienza della sua regione con parole forti: “Il Veneto non cambia idea, perché con la nostra scelta stiamo difendendo la dignità dei malati e la sicurezza dei cittadini dall’ennesima vergogna perpretrata da un Governo che scarica qua e là malati di mente pericolosi per sé e per gli altri”. Intanto il Ministero di Giustizia minaccia di nominare un commissario ad acta per la realizzazione di una R.E.M.S. veneta.
Stefano Cecconi, leader di StopOpg, ritiene “inaccettabile e ingiustificabile una proroga della chiusura degli O.P.G. Per questo, se necessario, come previsto in modo chiaro dalla legge, il governo può commissariare le regioni che, a pochi giorni dalla scadenza del 31 marzo, non sono ancora pronte ad accogliere i propri cittadini internati. Non sarebbe una punizione ma un atto di responsabilità, visto che in molte realtà sono state trovate soluzioni, seppur transitorie”.
Ma vediamo la mappa delle R.E.M.S. attualmente attive, regione per regione, secondo i dati forniti da StopOpg.
La provincia di Bolzano ha già attivato dal 1 gennaio 2014 la R.E.M.S. di San Isidoro (6 posti letto). La Valle d’Aosta e la Lombardia dall’1 aprile si appoggiano alla R.E.M.S. realizzata presso l’ex O.P.G. di Castiglione delle Stiviere (160 posti), altrettanto per la Liguria anche se soltanto in via provvisoria. In Toscana erano già attive due R.E.M.S. (8 e 10 posti) e dall’1 aprile hanno aperto altre due strutture (12 e 10 posti); mentre ad ottobre apriranno anche due residenze di 4 posti ciascuna, tra aprile e maggio, nei pressi di Firenze, sarà inaugurata anche un’altra R.E.M.S. di 20 posti per la regioneUmbria. Dall’1 aprile hanno aperto anche le quattro strutture del Lazio (di 20, 40, 20 e 11 posti), nonché le altrettante strutture della Campania. Infine, tra le adempienti, si collocano la regione Sicilia(due R.E.M.S. di 20 posti ciascuna), la Basilicata (una struttura di 10 posti) e la Sardegna (una struttura provvisoria con 16 posti).
Tra le regioni in ritardo ma con aperture programmate nel breve periodo, ritroviamo: le Marche (il 15 aprile dovrebbe aprire la struttura di Montegrimano terme (PU) con 16 posti), il Friuli Venezia Giulia(dal 4 maggio, due residenze di 2 posti ciascuna), la Puglia (apertura di una struttura in provncia di BAT di 20 posti, prevista per il 30 maggio), la Calabria (una struttura di 20 posti per il 1 luglio), ilPiemonte (due residenze di 20 e 15 posti per il 1 settembre).
Il Veneto rimane, quindi, l’unica regione inadempiente.
I ritardi programmati e annunciati hanno reso impossibile l’effettiva chiusura dei sei O.P.G. esistenti, eccetto quello di Castiglione delle Stiviere (Mantova), dal momento che la struttura è rimasta la stessa, salvo il “cambio di targa” in R.E.M.S. SI tratta di una scelta in molti casi necessitata, perché ciascun O.P.G. è deputato ad ospitare gli internati non solo della propria regone ma anche di quelle limitrofe, quindi l’inadempienza o il ritardo di una di queste, anche a fronte della tempestività dell’ospitante, costringe a non chiuedere le porte dell’O.P.G. È quello che sta accadendo in Siciia, dove sono collocati pugliesi, calabresi e lucani che, altrimenti, non saprebbero dove andare.
Insomma, tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il male. Staremo a vedere cosa accadrà nelle R.E.M.S. e, soprattutto, quale soluzione sarà adottata se queste strutture dovessero registrare il “tutto esaurito”.