C’eravamo tanto amati, la riforma del divorzio breve

A 41 ANNI DAL REFERENDUM SUL DIVORZIO TEMPI PIU’ BREVI

di avv. Fabiana Latte


A distanza di 41 anni dal referendum sul divorzio, anche l’Italia decide di adeguarsi alle tempistiche più brevi (già previste in altri Paesi europei) per giungere allo scioglimento del matrimonio.

Dopo oltre 10 anni di discussioni in Parlamento, finalmente, si prevede una riduzione del periodo di cd. ininterrotta separazione tra gli ex coniugi per poter giungere al divorzio. Nulla cambia se nella coppia ci sono figli minori o meno.

E così la svolta epocale è avvenuta il 22 aprile 2015, quando, l’assemblea della Camera dei deputati ha approvato definitivamente la proposta di legge sul divorzio (ora cd. breve).

Che cosa cambia. Tempistiche ridotte sia per le separazioni giudiziali che per quelle consensuali. Per le prime, il tempo richiesto dalla legge per giungere all’effettivo scioglimento degli effetti civili del matrimonio è pari a 12 mesi (ante-riforma la legge del 1970 prevedeva un periodo pari a 3 anni). Per le separazioni consensuali, invece, si potrà proporre la domanda di divorzio una volta decorsi sei mesi.

La decorrenza di tale termine, come nel passato, si verifica nel momento in cui i coniugi si presentano avanti al Presidente del Tribunale per dichiarare la propria volontà di porre fine al vincolo coniugale.

Cosa succede ai coniugi in regime di comunione legale dei beni? Ebbene la riforma interviene anche in questo contesto prevedendo lo scioglimento della comunione dei beni nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separatamente. Anche in questo caso, si effettua una distinzione: nella separazione consensuale dei coniugi, lo scioglimento della comunione avverrà all’atto della sottoscrizione del verbale di separazione omologato.

Le reazioni sono state numerose. Per molti si tratta di un ottimo connubio tra tutela e difesa della famiglia e diritto dei coniugi di avere la possibilità di intraprendere una nuova vita. Ma le critiche non mancano, in quanto, dal testo della riforma sembra dirsi inaccettabile (come è stato definito) “un matrimonio usa e getta soprattutto in presenza di figli”. Ove questi ultimi, proprio in vista della delicatezza dell’ambito in cui tale riforma va ad operare, dovrebbero essere sempre maggiormente tutelati.
Tra gli esponenti politici contrari, alcuni la definiscono (addirittura) una vera e propria “aberrazione”.

Infine, non manca la reazione negativa da parte della Chiesa e dei suoi esponenti, per i quali tale riforma rappresenta un vero e proprio “attacco” alla famiglia e ai figli sempre meno tutelati e vittime dell’irresponsabilità. Ulteriormente aggiungendo, che il triennio di separazione tra i coniugi previsto dalla legge del 1970, possa dirsi idoneo e necessario per consentire alla coppia quantomeno di riflettere sulla propria decisione, in particolar modo in presenza di prole. Portando, altresì, l’esempio di quelle coppie che cambiano idea e ristabiliscono l’unione familiare.

Ma nonostante le critiche, i lavori parlamentari non si fermano qui. In questo forte contesto di riforme, tra l’altro, già si inizia a parlare di un nuovo disegno di legge in tema di “love contracts” ovvero i tanto celebri contratti prematrimoniali.
Molto in voga nella Hollywood delle star (e non solo), potrebbero approdare anche in Italia. Nel vuoto legislativo del nostro codice, ove tale possibilità non è prevista, l’obiettivo sarà quello di consentire ai neo coniugi di poter pianificare il regime che si vuole in caso di divorzio, sia sotto l’aspetto patrimoniale sia per quanto riguarda la relativa e possibile prole.

 

 

 

 

 

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