STORIA DI UNA VERGOGNA SENZA FINE: DAGLI ANNI DI PIOMBO A MITERRAND A LULA.
di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)
La storia del terrorista Cesare Battisti, scampato alla giustizia italiana per troppi anni, rifugiatosi prima in Francia ai tempi della “dottrina Miterrand” e poi in Brasile, non fa ancora pace con i morti e con la memoria.2 ergastoli, 4 morti accertati sulla coscenza, e una condanna che ancora resta lettera morta, quantomeno in Italia, mentre l’impunito terrorista sembra continuare a schernire uno Stato debole come il nostro, che non è mai riuscito a trovare gli strumenti politici per farsi consegnare quest’uomo.
Per fargli espiare la sua meritata pena.
Battisti, 62 anni, condannato in Italia a due ergastoli per quattro omicidi compiuti durante gli anni di piombo, fu tratto in arresto nel 2007 a Rio de Janeiro ma l’ex presidente brasiliano Lula respinse la richiesta di estradizione presentata dall’ Italia e, come ultimo atto del suo mandato, gli concesse lo status di rifugiato politico in quanto in Italia avrebbe “rischiato di finire in mani non democratiche a scontare una pena non giusta”.
Al momento Cesare Battisti è di nuovo libero in Brasile, dopo che il giudice federale Odilon de Oliveira ha convalidato l’arresto al termine dell’udienza svoltasi in videoconferenza nel commissariato di Corumbà e due giorni dopo è stato rimesso in libertà.
L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo era nuovamente stato arrestato in Brasile mentre cercava di passare il confine con la Bolivia. .
Secondo la polizia, Battisti aveva 5000 dollari e 2000 euro in contanti: in base alla legge brasiliana, per poter portare fuori dai confini valori superiori ai diecimila reais (circa tremila euro) bisogna dichiarare tutto alle autorità. Battisti è stato fermato dunque con l’ accusa di evasione fiscale e riciclaggio.
Come sempre Battisti, con la sua consueta faccia da schiaffi, dichiara di “non temere di essere estradato in Italia”, perché si sente “protetto” da un decreto dell’ex presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, che gli ha concesso un “visto permanente” nel Paese sudamericano. Agli inquirenti l’ex PAC ha dichiarato che era a Corumbà perché voleva andare in Bolivia per “pescare e fare shopping”, e per questi motivi aveva tutto quel denaro contante.
Chissà poi chi glielo avrà fornito: passi i dollari, ma gli euro??
La politica italiana (sembra che) si muove per avanzare nuovamente la richiesta per dare avvio all’iter di estradizione. Sarebbe un briciolo di dignità dopo anni in cui la politica ha nascosto la giustizia sotto il tappeto, insieme a polvere e immondizia.
L’estradizione in Italia resta per ora solo un miraggio, un sogno di giustizia per la famiglia Torregiani e per tanti altri cittadini onesti, anche quelli che combattevano per difendere le proprie idee, ma sempre e solo con le armi della parola.
Sono anni che la politica, in un modo o in un altro, ha avallato una lurida ingiustizia come quella che ha salvato Cesare Battisti dall’unico posto in cui meritava di stare. A vita.
Ormai è tardi, ormai sono passati troppi anni, ormai anche il carcere non sarebbe giusto, lui è cambiato, anche se ha sempre mantenuto la sua altera arroganza che lo rende odioso. La vita farà il suo corso e probabilmente i conti con essa arriveranno prima di quelli con la giustizia.
Ma questa è stata una scelta politica, una scelta fatta o condivisa da Paesi che a volte di ergono a paladini di democrazia, giustizia e legalità.
Ma chi è Cesare Battisti? Proviamo a ripercorrere brevemente i passaggi salienti della sua vicenda:
Dopo un paio di arresti da minorenne, per rapine, Battisti fu arrestato nel 1977 e rinchiuso nel carcere di Udine dove entrò in contatto con Arrigo Cavallina, ideologo dei Proletari Armati per il Comunismo, che lo accolse nell’organizzazione.
Una volta libero, si trasferì a Milano e iniziò a partecipare alle azioni del gruppo, che si caratterizzarono prima per una serie di rapine a banche e supermercati in nome dei cosiddetti “espropri proletari”, e successivamente anche di alcuni omicidi di commercianti e appartenenti alle forze di polizia, omicidi rispetto ai quali Battisti ha sempre proclamato la sua estraneità. Battisti venne arrestato nel 1979 e condannato a 13 anni e 5 mesi di reclusione per l’omicidio del gioielliere Pierluigi Torregiani e al ferimento del figlio, nel febbraio 1979
Il 4 ottobre1981 Battisti riuscì ad evadere dal carcere di Frosinone e a rifugiarsi in Francia dove per circa un anno visse da clandestino a Parigi. In quel periodo conobbe la sua compagna e futura moglie, con la quale poi si trasferì in Messico, dove nacque la sua prima figlia. Lì iniziò a scrivere e fondò la rivista “Via Libre”.
Nel periodo della latitanza messicana intervengono le condanne italiane in contumacia.
Con sentenza della Corte d’assise d’appello di Milano nel 1988 (sentenza divenuta definitiva in Cassazione nel 1993), fu infatti condannato all’ergastolo per omicidio plurimo, oltre che per i reati di banda armata, rapina e detenzione di armi.
In totale in Italia Cesare Battisti è stato dichiarato reponsabile di quattro omicidi: in tre è stato ritenuto concorrente nell’esecuzione mentre in uno come ideatore e mandante:
1) Il 6 giugno 1978 a Udine, omicidio di Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria accusato dai PAC di maltrattamenti ai danni di detenuti; il delitto viene rivendicato il giorno dopo dai PAC con una telefonata al Messaggero Veneto.
2) Il 16 febbraio 1979 a Milano, omicidio di Pierluigi Torregiani, gioielliere, reo di aver ucciso mesi prima un rapiuatore durante un tentata rapina e ferimento del figlio. Il delitto fu rivendicato dai Nuclei Comunisti per la Guerriglia Proletaria. Battisti fu condannato come co-ideatore e organizzatore.
3) Il 16 febbraio 1979 , dopo alcune ore dal precedente, a Santa Maria di Sala, viene ucciso durante un tentativo di rapina Lino Sabbadin, che svolgeva attività di macellaio a Mestre; Battisti fu dichiarato colpevole come complice nell’omicidio facendo da “copertura ” all’esecutore Diego Giacomin.
4) Il 19 aprile 1979 a Milano, omicidio di Andrea Campagna, agente della Digos che aveva compiuto alcuni arresti legati al delitto Torregiani. Il delitto fu subito rivendicato dai PAC.Battisti fu riconosciuto esecutore materiale.
Successivamente alle condanne italiane, Battisti dal Messico fece ritorno a Parigi, dove poteva contare su una rete di appoggi e conoscenza con altri terroristi latitanti italiani, che lì trovavano un porto sufficientemente sicuro grazie alla cosiddetta “dottrina Mitterrand”. Intanto scrisse un altro romanzo e si guadagnava da vivere traducendo in italiano racconti di autori noir francesi.
Poco tempo dopo, però, venne arrestato a seguito di una richiesta di estradizione del governo italiano. Nell’aprile 1991, dopo circa quattro mesi di detenzione, la Chambre d’accusation di Parigi lo dichiarò non estradabile.
Nel 2002 i ministri della giustizia italiano e francese, Castelli e Perbén firmarono un patto che limitava l’estradabilità per i reati anteriori al 1982 ai soli casi di eccezionale gravità.
Battisti fu nuovamente arrestato a Parigi nel 2004.
La magistratura italiana richiese nuovamente la sua estradizione, che il 30 giugno fu concessa dalle autorità francesi, dove nel frattempo si era insediato alla presidenza Jacques Chirac, che, contrariamente al suo predecessore Mitterandt, si disse favorevole all’estradizione di Battisti in caso di esito negativo del ricorso in Cassazione. Il Consiglio di Stato francese e la Corte di Cassazione, con due distinte deliberazioni sulla richiesta di estradizione, autorizzarono la consegna di Battisti alle autorità italiane, segnando la fine della cosiddetta dottrina Mitterrand.
Battisti, da vera primula rossa, riuscì nuovamente a rendersi latitante e a far perdere le sue tracce dalla Francia.
I suoi legali presentarono un ulteriore ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo che fu respinto nel dicembre del 2006 in quanto manifestamente infondato.
Cesare Battisti arriva in Brasile nel 2004 e viene poi arrestato, a Rio de Janeiro, il 18 marzo del 2007.
Il 3 aprile 2008 la procura generale di Rio de Janeiro concede l’estradizione richiesta dall’Italia, a condizione che Roma commuti l’ergastolo in una pena di 30 anni.
Poco dopo viene respinta la richiesta di Battisti di ottenere lo status di rifugiato politico. I legali dell’ex terrorista presentano ricorso al ministro della Giustizia, Tarso Genro.
Nel gennaio 2009, contrariamente alla decisione del Conare, Genro concede l’asilo politico. L’ultima parola passa all’STF (supremo tribunale federale).
Dopo due rinvii, il 18 novembre 2009 l’ STF da il via definitivo, 5 voti a 4, all’estradizione. Poco dopo, in un secondo dibattimento, gli stessi giudici stabiliscono, anche questa volta per 5 a 4, che sia il presidente Lula ad avere l’ultima parola sulla decisione finale.
Il 31 dicembre 2010 , nell’ultimo giorno della sua presidenza, Lula annuncia di non concedere l’estradizione, sulla scia di quanto scritto dall’ Avvocatura generale dello stato, che si è a sua volta basato sulle “clausole del trattato di estradizione in vigore fra Brasile e Italia”.
Dopo vari ricorsi dell Stato italiano, tutti considerati inammissibili, la difesa di Battisti chiede all’Stf la scarcerazione dell’ex terrorista e il 9 giugno scorso, la Corte Suprema brasiliana, per 6 voti a 3, vota contro l’estradizione di Battisti in Italia e ne dispone la definitiva scarcerazione.
Torna a parlare nel 2011, Cesare Battisti e, come sempre, lascia sgomenti. «Cosa vorrei? Una riconciliazione con il popolo italiano. Ci vuole un’amnistia, altri Paesi ci sono riusciti». In un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde, Battisti affermava che il suo unico desiderio è «girare quella maledetta pagina» del terrorismo politico. «Mi assumo le mie responsabilità politiche e militari ma, attenzione, non ho ucciso nessuno – insiste Battisti, che ha sempre ribadito la sua innocenza per i quattro omicidi a lui attribuiti – ero solo una ruota del carro in una delle innumerevoli organizzazioni di estrema sinistra allora in guerra con lo Stato». Battisti proseguiva la sua intervista puntando il dito contro le autorità statali italiane, che accusò di «voler far espiare i sogni» ai militanti degli anni Settanta: «Sono stati fatti errori, è evidente – ammette – pretendere di cambiare la società con le armi è una cavolata. Ma in fondo, all’epoca tutti avevano delle pistole! C’erano guerriglieri nel mondo intero. L’Italia viveva una situazione prerivoluzionaria… è facile oggi criticare e fare di tutta l’erba un fascio».
L’orgoglio di quest’uomo, come sempre in questi anni, supera la dignità, ammettere le colpe è segno di un coraggio verso la storia che Cesare Battisti non ha e non ha mai avuto.
L’amnistia passa attraverso la riconciliazione con il passato, e la riconciliazione passa attraverso una presa di coscenza.
Cesare Battisti non ha mai voloto prendere coscenza del suo passato. Ci dice oggi che, all’epoca, tutti giravano con le pistole. Non tutti.
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Proviamo ora a capire cosa significano alcune figure giuridiche che, purtroppo, sono state piuttosto ricorrenti nella storia di Battisti:
D: cosa si intende per evasione?
R: Il reato di evasione c.d. generica -art. 385 codice penale- consiste nel sottrarsi all’arresto o detenzione ed è punito con la reclusione da 6 mesi ad 1 anno. Sono previste due aggravanti speciali qualora il fatto venga commesso con violenza o minaccia verso persone o mediante effrazione (reclusione da 1 a tre anni) e qualora la violenza e minaccia sia commessa con armi o da più persone riunite (reclusione da 3 a 5 anni). E’ altresì prevista una circostanza attenuante speciale qualora l’evaso si costituisca in carcere prima della condanna.
Esistono altre due ipotesi di evasione (c.d. impropria): la prima (art. 385, comma 3 c.p.) consiste nel fatto di colui che, trovandosi agli arresti domiciliari presso la propria abitazione o in altro luogo (es. luogo di cura o assistenza), se ne allontana senza autorizzazione o in ogni caso non rispetta le prescrizione impostegli. La seconda (art. 385, comma 3, seconda parte) si verifica qualora il condannato, ammesso a lavorare fuori dal carcere, si allontana dal luogo di lavoro designato dal Giudice.
D: Cosa significa invece essere latitante?
R:Il soggetto che si sottrae ad un mandato di cattura per una pena definitiva o ad una ordinanza applicativa di misura cautelare custodiale si dice latitante. La latitanza è una aggravante laddove nel periodo di latitanza si commettano altri reati ma non costituisce autonomo reato. La differenza con l’evasione, autonomo reato, consiste nel fatto che in quest’ultima la restrizione della libertà personale (carcere o arresti domiciliari) è già avvenuta ed il soggetto si sottrae ad essa.
D: Cos’è il reato di banda armata?
R:E’ un reato che consiste nel formare o partecipare ad una particolare associazione a delinquere con lo scopo di commettere uno o più tra i più gravi dei delitti contro la personalità dello Stato (art. 306 c.p.). Rispetto all’associazione a delinquere si differenzia per il diverso fine (la commissione di reati contro la personalità dello stato) e per la presenza di armi che, a differenza della circostanza aggravante di scorrere in armi le campagne o le pubbliche vie prevista dall’art. 416 c.p., nel delitto di banda armata è elemento costitutivo del reato.
Per la costituzione di una banda armata la pena è della reclusione da 5 a 15 anni. Per la partecipazione la pena è della reclusione da 3 a 9 anni.
D: In cosa consiste l’estradizione?
R: E’ la consegna, da parte dello Stato cui perviene la richiesta allo Stato richiedente, di una persona ricercata o perché oggetto di una sentenza di condanna definitiva ad una pena detentiva o ad una misura di sicurezza (estradizione esecutiva) o perchè oggetto di una ordinanza di custodia cautelare (estradizione processuale). L’estradizione è normata, nell’ordinamento italiano, dalla Costituzione (artt. 10 e 26), dall’art. 13 c.p. e dagli artt. 696 – 722 c.p.p., dalle Convenzioni internazionali e dalle norme di Diritto internazionale. L’estradizione può essere passiva: consegna dall’Italia ad uno Stato estero e attiva: consegna da uno Stato estero all’Italia.
D: Che cosa è l’amnistia e quando può essere concessa nel nostro Paese?
R: L’amnistia è una causa di estinzione del reato: è un provvedimento generale di clemenza, ispirato in teoria a ragioni di opportunità politica e pacificazione sociale, in pratica spesso solo a motivi di sovraffollamento delle carceri.Può estinguere il reato mentre il procedimento è in corso (amnistia propria) o intervenire dopo che è stata pronunciata una sentenza definitiva di condanna (amnistia impropria).
Prevista dall’art. 79 della Costituzione, l’amnistia si applica ai reati commessi anteriormente alla data di presentazione del disegno di legge in Parlamento. A partire dal 1992 l’amnistia viene disposta con Legge dello Stato, votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, mentre in passato era un atto che promanava dal Presidente della Repubblica.
I reati oggetto dall’amnistia vengono di regola individuati con riferimento al massimo edittale della pena ma possono essere utilizzate altre modalità: possono essere previste preclusioni oggettive per tipo di reato. L’amnistia non si applica ai recidivi aggravati o reiterati, ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza. L’indulto invece estingue solo la pena.