ANALISI DEL RAPPORTO TRA ORE DI SONNO ED ECONOMIA
del dottor Giorgio Rossi
Nell’era della globalizzazione in cui il “mercato” scandisce la vita sociale dei cittadini, in ogni parte del mondo, a causa dei livelli assai elevati di competizione economica, il sonno viene considerato una causa di riduzione di crescita economica.
Questo è un po’ il dogma che da alcuni anni ricercatori del mondo della scienza e dell’economia indicano come linea guida : il dormire ci impedisce ancora di consumare e produrre per ben un quarto del nostro tempo.
Come le festività, anche il sonno riduce le capacità di crescita di un’economia. Nasce il mito del “always open”, del 24/7 ( 24 ore su 24 / 7 giorni su 7), colpevolizzando chi non si adegua ai nuovi ritmi e inventando un presunto diritto del cittadino a consumare in ogni momento.
Il tempo del riposo umano viene gabellato quindi come caratteristica dei deboli, dei perdenti, dei “drop aut” sociali.
Secondo alcuni ricercatori, il sonno è rimasto l’unica barriera all’estensione totalizzante del consumismo globale, che è già quasi ovunque nello spazio territoriale del pianeta e vuole essere ovunque anche nel tempo delle persone.
Come spesso capita, specie nell’ambito medico-scientifico, una nuova teoria può essere completamente opposta ad una precedente; proprio ciò che è accaduto nei giorni appena trascorsi in cui è uscita una pubblicazione dell’Associazione Rand Europe, parte di Rand Corporation, ( Istituto di ricerca no-profit) in cui si afferma che perdere ore di sonno significa perdere entrate economiche, nel dormire di più l’economia ci guadagna.
Lo studio, il primo che associa sonno ed economia, dimostra che gli effetti della carenza di sonno sono giganteschi. La mancanza di sonno non solo influisce sulla salute e il benessere dei singoli individui, ma ha un impatto significativo sull’economia di una nazione, abbassando i livelli di produttività e aumentando il rischio di mortalità tra i lavoratori.
La ricerca pubblicata con il titolo:” Why Sleep Matters-The Economics Costs of Insufficient Sleep” , riguarda cinque differenti Paesi ( USA, Regno Unito, Canada, Germania e Giappone).
Secondo lo studio la mancanza di sonno comporta infatti un maggior rischio di morte e una minore produttività. Chi dorme meno di 6 ore a notte ha un rischio di mortalità del 13% in più rispetto a chi riesce a garantirsi il salutare riposo di sette, otto, nove ore.
I ricercatori per arrivare alle loro conclusioni hanno incrociato i dati dei datori di lavoro e degli impiegati associandoli alle ora di sonno dei lavoratori nei cinque paesi esaminati.
Gli Stati Uniti sono il paese che conta i danni economici maggiori dovuti alla mancanza di sonno dei lavoratori e anche il numero più alto di giornate di lavoro perse: 1,2 milioni di giorni all’anno saltati per il poco sonno, equivalenti al costo economico di 411 miliardi di dollari, pari al 2,28 % del Pil .
Il Giappone è al secondo posto, con 600 mila giornate lavorative mandate all’aria, con 138 miliardi di dollari persi, pari a quasi il 3% del Pil.
Va molto meglio in Canada, il paese che dorme meglio. Qui le ore di sonno perse fanno un danno più contenuto : 2,4 miliardi di dollari.
La ricetta per la salute e per l’economia di un intero Paese è la stessa : mantenere orari regolari, coricarsi e svegliarsi all’incirca alla stessa ora, non usare dispositivi elettronici poco prima di andare a letto.
Insomma siamo di fronte alla versione opposta di “chi dorme non piglia pesci”. Sembra, infatti, valere esattamente il contrario: chi dorme pesca meglio e di più.