di Tommaso Rossi
Il libro di Beppe Conti “Ciclismo storie segrete“, edito da Diarkos, è un viaggio su due ruote.
Non le ruote dei pedali di una bicicletta, non solo: la ruota della memoria e la ruota del mito.
Il grande ciclismo, infatti, non è solo il racconto di imprese sportive, di scalate a grandi montagne e discese folli per leggendari tornanti, di lotte al centesimo contro il tempo e corse a tappe conquistate con tattica, potenza e follia.
Il ciclismo, quello vero, è soprattutto racconto di retroscena, grandi rivalità, amicizie lunghe una vita o durate il tempo di una salita, di tradimenti, di accordi proibiti, di storie di vita e di vite che hanno fatto la storia.
Tutto questo è il libro di Beppe Conti, il viaggio di un giornalista, di uno storico, e di un amante profondo del ciclismo nei tornanti della memoria e dell’epica dello sport più faticoso e forse amato dalla gente.
Dai duelli storici tra Coppi e Bartali, il famoso passaggio della borraccia e tutto quanto si cela dietro quel gesto; dalla vicenda di Merckx positivo all’antidoping al Giro del 1969, all’esclusione del “Pirata” Pantani a Campiglio nel 1999.
E poi ci sono aneddoti meno noti, come la Sanremo del 1946, che nessuno ricorda forse, ma che stava per passare alla storia perché lì Coppi rischiò di morire sotto un treno sull’Aurelia, passando incurante, mentre era in fuga, sotto ad un passaggio a livello che cercava di ostacolare la sua impresa ciclistica.
O la vicenda di Petrucci, “toscanaccio grintoso e ciarliero, sicuro di sé e deciso a spaccare il mondo“, che commise l’errore di parlare troppo in un ciclismo che qualcuno definì “mafioso“, e che gli si rivoltò contro quando ebbe l’ardire di sfidare Coppi e fu messo a tacere con del lassativo nella borraccia.
Dallo “sberleffo della Dama Bianca”, Giulia Occhini, che costò a Fausto Coppi la sesta vittoria al Giro di Lombardia del 1956, la “Classica delle foglie morte”: la donna, quando Fausto stava per avviarsi in testa al traguardo del “Vigorelli”, dall’ammiraglia si accostò a Fiorenzo Magni urlandogli “Anche stavolta Fausto ti ha fregato!!” e scatenando tutto il suo amor proprio di leone ferito, che va a riprendere Coppi in testa a un gruppo di inseguitori.
E poi c’è il racconto di quando Bugno fece perdere il Tour de France all’avversario Claudio Chiappucci. “El Diablo” va in fuga a più di cento chilometri dal traguardo, una follia, ed è virtualmente maglia gialla, rimontando tutto il distacco che aveva da Indurain, il campionissimo spagnolo. E salendo verso Sestriere, sul Moncenisio, succede l’inimmaginabile: Gianni Bugno, con la maglia di campione del mondo, va a caccia di Chiappucci, e per Indurain accodarsi è un inaspettato regalo. Chiappucci vinse la tappa, ma la maglia gialla restò sulle spalle dello spagnolo.
Ecco, di storie come queste il libro di Beppe Conti ne è pieno zeppo.
Niente retorica, il linguaggio asciutto ma epico di chi le imprese del ciclismo le ha vissute da vicino, il ricordo nitido di chi la storia l’ha vista scrivere chilometro dopo chilometro. Nelle sue pagine si sente il rumore del vento, lo stridore dei freni, l’odore sudato della fatica.
Si scorge il cuore nascosto tra i muscoli degli atleti e sembra di stare ai lati delle mitiche strade che hanno impresso nel proprio asfalto la memoria di grandi imprese.
In un tempo come il nostro, tempo di covid e di sport a porte chiuse, queste pagine fanno bene al cuore, e ci proiettano con speranza alla grande gioia di quando torneranno a passare le due ruote tra ali di pubblico in tripudio.