NELLA NOTTE TRA IL 23 E 24 DICEMBRE, TOIA E’ STATO VITTIMA DI UNA SPEDIZIONE PUNITIVA, LEGATA PROBABILMENTE AD ALTRE FRANGE DEL TIFO BIANCONERA
di Mosè Tinti (PRATICANTE AVVOCATO PRESSO STUDIO PROSPERI)
Il 18 agosto 2013 la Juventus vince la Supercoppa Italiana battendo la Lazio all’Olimpico di Roma con un sonoro e netto 4 a 0, che non ammette repliche. Quando i giocatori passano sotto la curva occupata dai tifosi juventini con la coppa in mano, questa viene passata ad un tifoso, che la prende e la alza al cielo prima che un responsabile della sicurezza della squadra bianconera se lo faccia restituire. Quell’uomo sconosciuto che mlti hanno visto in quelle immagini televisive è Umberto Toia.
L’episodio appena descritto fa certo pensare ad una persona che gode di grande rilevanza, in quanto non è una cosa abitudinaria che un tifoso alzi la coppa vinta dalla propria squadra. Infatti, a Umberto Toia i tifosi della curva bianconera dello Juventus Stadium riconoscono indiscussa autorità. L’uomo gestisce il Black & white, che non è solo il nome del bar, ma anche un marchio: Umberto Toia è chiamato il presidente. Il suo bar-tavola calda è in via Moncalieri, a Grugliasco, sud di Torino, una vetrina affacciata su un piccolo slargo, e dietro un cortile.
Nella notte tra il 23 ed il 24 dicembre, il presidente è stato pestato proprio vicino al suo locale: pugni, calci, bastonate fino allo svenimento ed al ricovero in ospedale con qualche frattura e condizioni gravi, ma non in pericolo di vita. La Digos sta seguendo le indagini. Ma la dinamica lascia pochi dubbi: una spedizione punitiva. Che segna una nuova emersione delle violentissime dinamiche all’interno della curva della Juve. Lotte intestine tra tifoserie della stessa squadra che però con il tifo riescono a creare un giro d’affari. La sera in cui Toia ha preso in mano la Supercoppa,indossava la maglietta del suo gruppo, Tradizione . È il cuore di una galassia di altre sigle (Fighters , Antichi valori ), che allo Juventus Stadium occupano la parte bassa della curva, vicino al campo, e che in passato si sono contrapposte a chi oggi sta in alto, al secondo anello, i Drughi .
Quei posti in curva, nell’estate 2011, durante il ritiro della Juve a Bardonecchia, alcuni gruppi se li contesero in una rissa a coltellate. E non perché da un settore si veda meglio o peggio. La posizione vuol dire potere, che significa seguito, e quindi guadagno per i professionisti del tifo. Le cifre non sono astronomiche, ma si riesce a fare dei buoni guadagni: con il commercio, ad esempio. Non a caso, Umberto Toia è titolare, con un socio di business e di tifo, di un’azienda di abbigliamento che porta il nome dei «suoi» stessi ultras: Tradizione lifestyle Srl . Un’altra via per fare soldi sono le trasferte: dal loro sito i Drughi pubblicizzano in questi giorni i charter per la partita Juve-Trabzonspor, a fine febbraio in Turchia. I gruppi ultras si comportano come delle agenzie di viaggio, che crea introiti. Possono farlo (succede con molte tra le più grandi tifoserie) perché i sistemi di vendita dei biglietti sono degli imbuti, e chi riesce a gestire una parte dei tagliandi può venderli e fare cassa.
“Ambiente stadio, ma non strettamente questioni di tifo”, dicono gli investigatori. È qui che probabilmente bisognerà cercare le ragioni del pestaggio di Toia fuori dal suo bar. Proprio là dietro al Black & white dove, nel 2007, la Digos trovò una cinquantina di mazze, bastoni e manganelli. “Sventata una probabile giornata di battaglia”, si disse. Quella volta come oggi, l’ipotesi più accreditata è una lotta fratricida all’interno della tifoseria bianconera.