De Magistris: le inaccettabili accuse del grande accusatore

LA REAZIONE DOPO LA CONDANNA PER ABUSO D’UFFICIO

di Avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

LDM_400x400Mi capita di rado, nello stesso articolo, di dover difendere la Magistratura associata, rimpiangere Silvio Berlusconi e 

Abbiamo imparato a conoscere Lugi De Magistris di lotta e di governo nel corso degli anni, anche grazie alla grancassa televisiva di Michele Santoro ad “Annozero”, dove, spesso ospite assieme a Travaglio, si ergeva a grande giustizialista e moralizzatore nell’epoca dei “costumi inquieti” di Berlusconi.

De Magistris: prima Pubblico Ministero di “lotta” poi primo cittadino “di governo” a Napoli.

Una frase che spesso riecheggiava nel salotti dove la “questione morale ” veniva ridotta ad avanspettacolo, era: “Le sentenze non vanno discusse, vanno rispettate”.

Ora i toni non sono già più quelli del primo cittadino, né tantomeno quelli del Magistrato. Ora i toni sono quelli del difensore di se stesso, cioé l’antinomica macchietta di un difensore che accecato dal livore e dalla rabbia dimentica la sua provenienza, dimentica le tante parole che accompagnavano le sbandierate battaglie, e si comporta come il più becero degli imputati indifendibili.

All’indomani della notizia della condanna a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio in relazione all’inchiesta “Why not”, De Magistris  spara pesante. «Mi chiedono di dimettermi per questa condanna, ma guardandosi allo specchio e provando vergogna devono dimettersi quei giudici», dice  in Consiglio Comunale. E prosegue: «Siamo di fronte a uno Stato profondamente corrotto». «Le istituzioni sapranno riparare a queste violazioni di legge». «Avverto intatta la mia forza, ma anche un’energia più forte. Chiedo a chi ha la forza di andare avanti, a chi vuole giustizia e non legalità formale di mettercela tutta. Quando il quadro appare così confuso appare anche più chiaro chi sta lavorando per mettere le mani sulla città. Quello che dobbiamo fare è far capire ai nostri cittadini che la posta in gioco è alta, al di là di ogni distinguo». «Quando si alza il tiro e non ci si piega, l’artiglieria pesante diventa più pericolosa. Noi non abbiamo armi ma sappiamo resistere e resisteremo. La nostra esperienza non è solo Napoli ma va ben oltre e la porteremo fino alla fine».

Sparare a zero contro chi l’ha accusato prima, e condannato poi. A me ricorda qualcuno, e a voi?

Ai soloni mediatici di cui prima, evidentemente, no. Da certe voci abituate a gridare, ora, soltanto un gran silenzio.

«Non credo che si possa cancellare questa esperienza a colpi di formalismi giuridici di norme», conclude il sindaco. Fa chiaramente riferimento è alla legge Severino, che prevede in questi casi che il sindaco condannato, anche in primo grado, laddove non si dimetta spontaneamente, debba esser sospeso dal prefetto, per un periodo massimo di 18 mesi.

Le reazioni.

I difensori di De Magistris e del Coimputato Giocchino Genchi (superpoliziotto informatico di cui si avvaleva il PM) intanto annunciano ricorso : «Genchi e de Magistris – spiegano i legali – avrebbero stretto un patto scellerato  finalizzato a procurare ai parlamentari un danno rappresentato dalla «conoscibilità» dei loro tabulati. Non «conoscenza» si badi, ma «conoscibilità»: ed ecco il reato di danno trasformato in reato di pericolo».

«La legge Severino è una legge che va applicata, è stata già applicata anche ad altri sindaci. Penso sia inevitabile che sia applicata»: così il presidente del Senato, Pietro Grasso interviene sul caso de Magistris. «De Magistris valuterà al meglio la situazione e sa benissimo che, se non lo dovesse fare, ci sarebbe comunque un provvedimento da parte del prefetto non appena si renderà esecutiva la sentenza oppure si depositerà la motivazione»

Per l’Associazione Nazionale Magistrati le dichiarazioni dell’ex PM De Magistris sono «gravi e offensive» perché  «esprimono disprezzo per la giurisdizione».

L’inchiesta “Why Not”.

Ai tempi dell’inchiesta, denominata Why not, Luigi De Magistris era ancora pm della Procura di Catanzaro. L’indagine riguardava la concessione irregolare di fondi comunitari, statali e regionali e, ventilando una vasta  rete di poteri trasversali, vedeva coinvolti numerosi uomini politici e parlamentari di primo piano. De Magistris fu rinviato a giudizio insieme al suo consulente informatico Gioacchino Genchi per aver acquisito, durante le indagini  nel 2009, tabulati telefonici di parlamentari senza richiedere le necessarie autorizzazioni al Parlamento. Fra le intercettazioni acquisite, fra le altre, ne risultavano  alcune collegate alle utenze dell’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, del Ministro della Giustizia Clemente Mastella e di Francesco Rutelli. L’accusa mossa a De Magistris e a Genchi, era quella di concorso in abuso d’ufficio.

L’inchiesta Why not fu al centro di grossi dissidi fra le varie Procure, dopo che l’ex Guardasigilli Clemente Mastella, indagato, aveva chiesto il trasferimento di De Magistris per presunte irregolarità nelle indagini. Nel 2007 il Procuratore Generale di Catanzaro, Dolcino Favi,  aveva avocato a se’ l’inchiesta successivamente passata nelle mani del Procuratore Jannelli. Poi nel 2008 la Procura di Salerno sequestrò i fascicoli ipotizzando  un complotto contro le indagini di De Magistris. L’inchiesta pricipale sfociò in due processi, uno ancora in atto avanti al Tribunale di Catanzaro e l’altra terminata con 8 condanne e 34 assoluzioni. Ma  al tempo il Sindaco di Napoli, avvalendosi del suo collaboratore informatico, avrebbe abusato dei sui poteri istruttori.

Le questioni giuridiche dell’inchiesta.

L’abuso d’ufficio punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, salvo che i fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che nello svolgimento delle funzioni o del servizio che in violazione di norme di legge o di regolamento ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggi patrimoniale o arreca ad altri un danno ingiusto. Qualora poi il danno sia di rilevante gravità la pena è aumentata.

Quando un Procuratore può avocare a se’ un’inchiesta?

Il potere di avocazione (ossia una sorta di auto-assunzione della funzione investigativa) è disciplinato dall’art. 412 del codice di procedura penale che prevede che il Procuratore generale presso la Corte di appello disponga l’avocazione delle indagini preliminari in ipotesi tassative in particolare di inerzia o di incompatibilità del PM. In alcuni casi l’avocazione è obbligatoria, in altri è facoltativa essendo rimessa ad valutazione discrezionale del Procuratore generale.

Perché De Magistris avrebbe dovuto richiedere autorizzazioni al Parlamento?

Perché la nostra Costituzione all’art. 68, come modificato dalle legge costituzionale n. 3 del 1993, prevede che senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun parlamentare  non solo non possa essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né possa essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale e mantenuto in detenzione (tranne nelle ipotesi di esecuzione di una condanna irrevocabile oppure di arresto in flagranza di un reato per il quale è previsto l’arresto obbligatorio) ma anche che per la sottoposizione dei membri del Parlamento ad intercettazioni in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni o a sequestro di corrispondenza sia necessaria l’autorizzazione della Camera del Parlamento cui appartiene.

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