IL “GAMING DISORDER” INSERITO TRA LE PATOLOGIE MENTALI
del dottor Giorgio Rossi
Per milioni di persone è un hobby innocuo, ma per alcuni può diventare più di questo: una vera e propria dipendenza.
A riconoscere ufficialmente la dipendenza da videogiochi come una patologia è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
Il “gaming disorder” è stato infatti inserito nel capitolo sulle patologie mentale dell’International Classification of Diseases (ICD), l’elenco ufficiale delle malattie il cui aggiornamento è stato appena pubblicato.
Secondo il nuovo elenco (ICD-11), che contiene oltre 55 mila diverse malattie, la dipendenza da gioco digitale consiste in “una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti che prendono il sopravvento su altri interessi della vita”
La dipendenza da videogioco, che può manifestarsi sia online che offline, è caratterizzata da una compromissione del controllo sui giochi, dalla crescente priorità data al videogioco rispetto ad altri interessi e attività quotidiane e da una escalation negativa malgrado conseguenze già manifeste.
Questo modello comportamentale, secondo l’OMS, “è di gravità sufficiente a causare una compromissione significativa in ambito personale, familiare, sociale, educativo, professionale o di altro tipo.”
Per individuare e diagnosticare questo disturbo occorrerebbe un periodo di osservazione di almeno 12 mesi.
Il periodo di tempo può essere inferiore nel caso in cui i requisisti vengano soddisfatti e i sintomi siano gravi.
I videogiochi, secondo i neurologi, stimolano i circuiti del cosiddetto reword, cioè della ricompensa. In buona sostanza, i ragazzini facendo questi giochi monotoni e ripetitivi, spesso con musiche ipnotiche e stimolazioni luminose intermittenti, riescono ad alienarsi ed ottenere delle micro- ricompense che instaurano la dipendenza.
Con un meccanismo simile, si genererebbe frustrazione nel momento in cui non si riesce a ottenere la vittoria.
I sintomi della dipendenza sarebbero molteplici. In primo luogo, si possono generare stati d’ansia e depressione reattiva.
Ci sono, poi, anche problemi organici in quanto spesso, i giovani ragazzi affetti da questa dipendenza non mangiano, non bevono e non dormono per giocare.
Sempre secondo i neurologi, possono esserci anche delle complicanze neurologiche , famosi sono stati in passato i casi di crisi epilettiche indotte dalla stimolazione luminosa e dalla deprivazione di sonno a cui questi soggetti sono esposti.
Anche la cefalea è piuttosto frequente, sia come complicanza dello stato emotivo che come meccanismo organico per un problema legato all’esposizione protratta al gioco.
Le comunità scientifiche pensano che, questa decisione dell’OMS, oltre a porre maggiore attenzione sulla dipendenza da videogiochi, possa favorire il ricorso a opportune terapie e potrebbe influenzare anche chi li produce spingendoli a pensare alle conseguenze che questi potrebbero avere sui minori.
Se si pensa che solo in Italia il settore vale 1,5 miliardi di euro, triplo del cinema, e interessa 18 milioni di italiani, due terzi dei quali tra 25 e i 54 anni, inevitabilmente dura non poteva non essere la presa di posizione dell’industria dei videogiochi nei confronti delle scelte dell’OMS.
Infatti, l’Associazione editori e sviluppatori videogiochi italiani (Aesvi) ha replicato facendo presente che “ i videogiochi vengono usati in modo sicuro e responsabile da più di 2miliardi di persone a livello mondiale e il loro valore educativo e ricreativo è ben documentato e ampiamente riconosciuto”.
Inoltre “le prove a favore dell’inclusione della dipendenza da videogiochi nell’ultima versione della classificazione ICD-11 , restano comunque non conclusive”.