di Avv.Valentina Copparoni (Studio legale associato Rossi-Papa-Copparoni)
Ci sono persone le cui storie colpiscono al cuore più di altre, forse perché nel percorso della vita in qualche modo, diretto o indiretto, ci si è trovati a conoscere certi luoghi in cui il tempo sembra avere un valore ed un peso diversi o forse semplicemente perché queste persone sono veramente diverse dalle altre.
Oggi vorrei farmi portavoce attraverso l’eco di “Fatto & Diritto Magazine” della storia di una donna, la professoressa Paola Belli, coordinatrice degli insegnanti che seguono i ragazzi dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze attraverso il progetto “Scuola in ospedale” .
Conosco la storia leggendo una sua intervista rilasciata al settimanale “Panorama” che riporta anche una lettera della professoressa pubblicata sul quotidiano La Repubblica del 20 giugno 2012 intitolata “LA NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI” .
Parole scritte con il cuore che cercano di destare quello spesso sopito di tanti di noi che forse non pensano a quei bambini e ragazzi che sono costretti in un letto di ospedale per malattie per lo più di natura oncologica e che affrontano dal loro personale “banco di scuola” lezioni ed esami. “… Sono belli i miei ragazzi, e oggi saranno tutti bravissimi, anche se forse la notte prima dell’esame se la ricorderanno davvero, loro. Salutateli, nell’Italia intera, perché a loro non si pensa o si vuol pensare, se si è in salute. E ora vado nella mia classe normale. Di loro si parla già. Sono la loro insegnante , professoressa, non prof, per rispetto e affetto profondo, nel tunnel della malattia”.
Quella coordinata dalla prof. Belli è una di quelle iniziative che spesso, pur essendo davvero di eccellenza, per una contorta logica se è cosi che vogliamo chiamarla, passano in secondo piano nella diffusione dei mass-media. Ai ragazzi costretti in un letto di ospedale viene comunque data la possibilità di continuare a frequentare la scuola (elementare, media e superiore) e ciò grazie ad un corpo di cinque docenti, coordinati appunto dalla professoressa Paola Belli, che in completa collaborazione con i medici e sanitari in generali, affiancano bambini e ragazzi malati personalizzando il più possibile il loro percorso didattico.
L’iniziativa viene resa possibile grazie anche allo straordinario lavoro dei volontari dell’Associazione Amici di Meyer, più di quaranta insegnanti che dedicano il loro tempo a tenere lezioni in ospedale del tutto spontaneamente e gratuitamente.
Un arcobaleno di colori anche il sito ufficiale dei bambini del Meyer chiamato “La presa della pastiglia” (http://www.meyer.it/PP_homepage.php) dove la mascotte chiamata “Bruno lo zozzo”, un simpatico ragazzino dai tanti capelli neri e sempre imbrattato tra fango e marmellata ed il suo amico invisibile Giovanni un maialino sempre ridente, ci guidano nei diritti dei bambini all’interno dell’ospedale e nelle numerose iniziative rivolte agli stessi.
Come un vaso di pandora scopro che in realtà l’iniziativa portata avanti dall’ospedale Meyer di Firenze è replicata, con silenzio e sacrificio anche economico, in tanti altri ospedali italiani (156 scuole che mettono a disposizione propri docenti per più di 76.000 alunni seguiti in ospedale nel 2011 -fonte Panorama-).
Quando la malattia, in particolare quella oncologica, colpisce o anche semplicemente ti affianca per breve o lungo tempo, è come se qualcuno avesse tirato il freno di emergenza del tuo treno, come se qualcuno con in mano il telecomando della tua vita decidesse di premere il tasto “pausa”.
Credo che quando tutto questo accade a bambini e ragazzi e al loro modo particolare di saper vedere il mondo e la vita tutto diventi più difficile. Sì forse è vero che possono anche non comprendere tutto a pieno, ma non necessariamente questo è qualcosa di positivo. In questo mondo cosi delicato e fragile si inserisce con altrettanta delicatezza, quasi in punta di piedi, la bellissima iniziativa della prof. Belli e del progetto “da lei coordinato.
In Italia “Scuola in ospedale” è anche il nome del servizio che il Ministero dell’Istruzione ha creato nei reparti pediatrici di diversi ospedali per evitare che in cado di malattie gravi o con degenze superiori a 3 0 giorni ci sia un quasi automatico abbandono della frequenza della scuola.
Formalmente tutto ha inizio normativamente con una circolare (la 353 del 1998), anche se diverso tempo prima , nel 1950, era nata su base volontaria.
Cosi l’incipit della circolare 353/98 a firma del ministro Berlinguer :
“L’organizzazione del servizio scolastico presso le strutture ospedaliere presenta una forte valenza in termini di riconoscimento effettivo di diritti costituzionalmente garantiti, oltre che di affermazione della cultura della solidarietà a favore dei più deboli, anche alla luce della normativa internazionale al riguardo (Risoluzione del Parlamento Europeo: Carta europea dei bambini degenti in ospedale, maggio 1986 – Convenzione sui diritti del fanciullo, ONU New York novembre 1989 – Documento europeo conclusivo del seminario dell’OCSE, Stoccarda 1991). La scuola in ospedale da evento episodico, legato alla sensibilità di operatori e di istituzioni, deve trasformarsi in struttura scolastica reale ed organizzata, nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa prevista, come esplicazione possibile dell’autonomia organizzativa e didattica, dall’art. 21 L. 59/90 (…)
In considerazione della particolarità della condizione degli alunni ricoverati, per i quali deve essere attuato un percorso formativo individualizzato, alla scuola in ospedale spettano i seguenti compiti fondamentali:
-promuovere l’istruzione degli alunni lungodegenti;
-recuperare i ritardi cognitivi degli alunni ricoverati per brevi periodi;
-programmare gli interventi per gli alunni curati in day-hospital;
-personalizzare la dimensione dell’accoglienza;
-garantire tendenzialmente la presenza di tutti gli ordini e gradi scolastici (ospedali metropolitani);
-programmare il raccordo con la scuola di provenienza (ospedali dei centri urbani medio/piccoli” (…)
La scuola in ospedale assolve davvero un’importante funzione come espresso anche nella C.M. n. 43 del 26 febbraio 2011 : “Il servizio scolastico diviene parte integrante del processo curativo che non corrisponde solo freddamente a un diritto costituzionalmente garantito, ma contribuisce al mantenimento o al recupero dell’equilibrio psicofisico degli alunni ricoverati tenendo il più possibile vivo il tessuto di relazioni dell’alunno con il suo mondo scolastico e il sistema di relazioni sociali e amicali da esso derivante”.
Le lezioni ed anche gli esami vengono organizzati considerando la malattia e le cure del paziente , i bambini ed i ragazzi costretti in ospedale in questo modo continuano per quanto possibile nel loro naturale e giusto percorso di formazione senza permettere allo stato di salute di porre un ulteriore freno alla loro vita.
Per questi malati la scuola rappresenta la normalità, è quell’anello di congiunzione importante con i coetanei che può rendere anche meno problematico il successivo rientro nella scuola di appartenenza.
Istruzione domiciliare– Negli ultimi anni in alcune regioni viene organizzato anche il servizio scolastico domiciliare, con fondi erogati alle scuole ospedaliere dal Ministero o reperiti presso gli Enti Locali o messi a disposizione dalle scuole interessate, attraverso il quale le lezioni vengono tenute a casa dello studente malato da parte dei professori della scuola di appartenenza.
In questo contest si colloca un interessante progetto “WISE” (Wiring Individualised Special Education), coordinato dal CNR di Genova, che ha lo scopo di studiare e sviluppare strumenti e strategie di utilizzo delle tecnologie di rete a supporto dell’istruzione speciale di giovani ed adulti che, per problemi fisici e/o di salute, sono costretti temporaneamente o in modo permanente presso la propria abitazione. Una parte di questa indagine riguarda proprio i giovani in età scolare seguiti con l’istruzione domiciliare.
Inoltre con lo scopo di coordinare il tutto in modo più efficace nel settembre 2009 è stato istituito con decreto Integrato nel dicembre 2010) il comitato paritetico interministeriale per l’istruzione domiciliare.
Ci sono persone le cui storie colpiscono al cuore più di altre.
Ci sono storie che meritano più di altre di essere conosciute e sostenute e credo che questa che oggi abbiamo raccontato sia una di queste.
Così recita una bellissima poesia inserita nell’introduzione del libro di Andrea Canevaro “I bambini che si perdono nel bosco” (La Nuova Italia, Firenze , Ristampa 1995)
“Bambini che si perdono nel bosco
Quando un bambino entra in ospedale, è come se fosse portato nel bosco, lontano da casa.
Ci sono bambini che si riempiono le tasche di sassolini bianchi, e li buttano per terra, in modo da saper ritrovare la strada anche di notte, alla luce della luna.
Ma ci sono bambini che non riescono a far provvista di sassolini, e lasciano delle briciole di pane secco come traccia per tornare indietro. E’ una traccia molto fragile e bastano le formiche a cancellarla: i bambini si perdono nel bosco e non sanno più ritornare a casa “