DIRITTO ALLA CULTURA- Alberto Sordi, un sorriso lungo una vita

In questi giorni Roma e l’Italia intera si uniscono in un grande abbraccio collettivo per commemorare il grande Alberto Sordi che dieci anni fa, il 25 febbraio 2003,  ci lasciava  all’età di 82 anni. Una folla immensa il giorno dei funerali  nella Basilica di San Giovanni in Laterano dopo che per due giorni un fiume di cuori commossi aveva reso omaggio alla sua salma portata al Campidoglio.

Alberto Sordi è una di quelle figure che in qualche modo ha accompagnato le nostre vite, romani e non, amanti o meno del cinema. Uni di quei volti che riconosci come quasi familiare , uno di quei volti rassicuranti che qualunque sia lo stato d’animo in cui ti trovi ti sa regalare emozioni.. serenità, felicità, spensieratezza, voglia di vivere, a volte perchè no anche  malinconia.
L’ “Albertone” nazionale nasce a Trastevere il 15 giugno 1920 ed è il quarto figlio di Maria Righetti, insegnante elementare e di Pietro Sordi, professore di musica e concertista nell’orchestra del Teatro dell’Opera. Sin da ragazzo ama dedicarsi all’arte, al palcoscenico, piccolo o grande che sia. E cosi organizza recite con marionette e canta come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina.
Inizia poi a frequentare l’istituto d’Avviamento Commerciale “Giulio Romano” a Trastevere ma non si diploma se non più tardi  da privatista.

L’arte è nel cuore e nell’anima di Sordi, da sempre. Studia canto lirico esibendosi come basso ed incide anche  un disco di fiabe per bambini per la casa discografica Fonit. A Milano si iscrive al corso di recitazione dell’Accademia dei Filodrammatici da cui viene però espulso  a causa della sua dizione dialettale  che invece sarà poi la sua fortuna in Italia e nel mondo.

Il grande Alberto ha una grande solarità, quella stessa che riesce a regalare con i suoi immensi sorrisi, le battute, i gesti, la mimica ma nella vita priva, di contrappasso, è molto riservato. Non si sposa ed ogni legame e relazione è custodita gelosamente condividendo le giornate con le amate sorelle Savina e Aurelia, il fratello Giuseppe e la segretaria Annunziata, nella villa che poi  è diventata un museo proprio per volontà della sorella Aurelia.
La sua carriera cinematografica e teatrale  inizia a metà degli anni ’30  dimostrando anche ottime capacità di doppiatore. Il doppiaggio più famoso è quello di Ollio, (Oliver Hardy) del duo Stanlio & Ollio, ma è la voce  anche di Anthony Quinn, John Ireland, Bruce Bennet, Robert Mitchum e Pedro Armendariz.
Nel 1936-1937 si esibisce nello spettacolo teatrale “San Giovanni” e l’anno dopo debutta nel teatro di rivista come ballerino di fila nella compagnia di Guido Riccioli e Nanda Primavera nello spettacolo  “Ma in campagna è un’altra… rosa”.
Il successo teatrale si consolida però negli anni ’40 con un successo dopo l’altro (“Tutto l’oro del mondo” , “Ritorna Za-Bum” , “Sai che ti dico?”, Imputati… alziamoci!”, Soffia so… “, “E lui dice…”)
Alberto Sordi ama anche molto  la radio dove sperimenta, con grande successo, alcuni personaggi come Mario Pio, il Conte claro, il Signor dice, che più tardi diventano  anche protagonisti  di successo al cinema. Ed è proprio durante l’esperienza in radio che Sordi delinea, grazie ai suoi personaggi,  il ritratto dell’”italiano medio” che a volte diventa anche una caricatura, quell’italiano che spesso è un po’ cialtrone, sbruffone, bugiardo ma sempre  simpatico e buono che a volte nasconde anche un velo di malinconia.
Dopo anni di gavetta e ruoli più o meno di primo piano, viene notato da Fellini che lo rende in qualche modo protagonista in film come “Lo Sceicco bianco” ( anche se la pellicola non è un successo ai botteghini) o i “Vitelloni”.
Ma è nel 1954 che  interpreta uno dei suoi ruoli più celebri, quello di Fernando Moriconi, “l’americano”,  prima nel film “Un giorno in pretura” poi in “Un americano a Roma” di Steno. Quest’ultimo è un grandissimo successo e forse il momenti di svolta nella carriera dell’artista perché da allora lavora fianco a fianco con i maggiori esponenti della commedia italiana.
Nel 1957 Sordi si iscrive alla SIAE come suonatore di mandolino che aveva imparato a suonare durante la seconda guerra mondiale nella banda dell’esercito e solo in questo anno  gira sei film tra cui il “Conte max” di Giorgio Bianchi.
Arriva a recitare anche in 10 film all’anno, un lavoro incessante che lo affianca a grandi nomi  e da cui nascono i capolavori che lo rendono  indimenticabile. Parlo di pellicole quali “Il vedovo” di Dino Risi”, “Il moralista” di G. Bianchi, la “Grande guerra” di Mario Monicelli dove si cala in un personaggio drammatico dimostrando anche in questo caso grandissime capacità interpretative. Ed ancora  “Tutti a casa” di Luigi Comencini , “Il vigile” di Luigi Zampa, “Una vita difficile” di Dino Risi in cui interpreta il giornalista Silvio Magnozzi.

Nel 1963 sotto la direzione del grande  Vittorio De Sica recita nel film  “Il boom”, qualche anno dopo  è “Il medico della mutua” diretto da Luigi Zampa, poi arriva “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa” di Ettore Scola dove recita con Nino Manfredi.
L’esperienza da attore si affianca dalla fine degli anni ’60 anche da quella da regista. Ed arrivano capolavori come  “Un italiano in America”, “Finchè c’è guerra c’è speranza”,  “Il tassinaro” e “Un tassinaro a New York” e “Nerone, l’ultima corsa”.
Sotto la sapiente regia di Mario Monicelli interpreta “Un borghese piccolo piccolo” e e poi il  “Marchese del Grillo” nel  1981,  L’immensa attività artistica di Sordi non si ferma, seguono due trasposizioni di Moliere, “Il malato immaginario”  e “L’avaro” .

Insomma una vita che non si può e forse per rispetto non si deve racchiudere in poche righe ma che sicuramente è stata dedicata all’Arte, al “fuoco sacro” grazie al quale è riuscito a passare con una straordinaria capacità da ruoli comici, quasi macchiette romane e romanesche, a quelli più drammatici sotto la guida di grandi registi come Fellini, Monicelli, De Sica, Risi, Scola e Comencini e con accanto spesso altri grandi esempi del “fuoco sacro” dell’arte come Vittorio Gassman, Monica Vitti, Aldo Fabrizi, Peppino De Filippo, Nino Manfredi.

Tra gli eventi organizzati per commemorare  il decennale  dalla scomparsa del grande Alberto  la mostra “Alberto Sordi e la sua Roma” che fino al prossimo 31 marzo ci accompagnerà al Complesso del Vittoriano. Una mostra intensa  curata da Gloria Satta, Vincenzo Mollica e Alessandro Nicosia che parla del fantastico  rapporto tra Alberto Sordi e la sua città; si può camminare tra premi, lettere, filmati, oggetti personali, costumi di scena, documenti provenienti dalla casa e dagli archivi privati, spesso anche inediti.
La mostra però in qualche modo si fa anche itinerante. L’attore amava tutta la sua città tanto da portare anche all’esterno la “romanità” e cosi in occasione di questo anniversario tutta la capitale viene coinvolta in un grande abbraccio con l’”Albertone” nazionale. Grazie alla collaborazione di RadioRai, Conservatorio di Santa Cecilia e Agenzia per la Mobilità,  diversi appuntamenti si estenderanno dal centro alle periferie.
Alberto Sordi amava la sua Roma e Roma lo ha sempre amato. Come non ricordare il tributo che gli riconobbe il giorno del suo 80esimo compleanno facendolo sindaco per un giorno.
In questi giorni poi, grazie alla collaborazione con Radio Rai, nelle stazioni Metro e in Galleria Sordi sarà possibile ascoltare la sua voce nel ruolo di speaker, in una carrellata sulle sue trasmissioni radiofoniche.  “La partita di calcio” ,  “L’americano del Kansas City” con il Quartetto Cetra,  “Mario Pio” con Gianni Agus.
Tra le iniziative per commemorare Sordi anche una strada a suo nome all’interno di Villa Borghese inaugurata il 16 febbraio scorso.

A dieci dalla sua scomparsa il sorriso del nostro Alberto è comunque sempre rassicurante, a volte quasi consolatorio, come a dire che la felicità esiste, sempre e comunque, che il sorriso deve sempre prevalere anche quando nasconde un velo di malinconia, un sottofondo opaco di quelli però che non oscurano.

Grazie Alberto, scrivo  questo Tuo piccolo e modesto  ricordo guardando per l’ennesima volta il film “Il tassinaro” , un capolavoro.

VALENTINA COPPARONI

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