Sei giorni, quattro storie e un’unica grande tragedia che brucia l’anima di un’Italia divisa sul rispetto della morte e sulla vita a tutti i costi. Il dramma di Eluana Englaro, dei suoi 17 anni trascorsi in coma vegetativo, fanno da sfondo all’intrecciarsi delle vicende personali di uomini e donne a loro volta ‘sopiti’ che aspettano un risveglio. Del dualismo inevitabile tra vita e morte, di eutanasia e di rispetto, di libertà dei singoli individui, di silenzio assordante e di protezione del dolore (qualunque esso sia), parla anzi, suggerisce il film “Bella Addormentata” del maestro Marco Bellocchio. La pellicola prodotta da Cattleya e in corsa alla 69esima mostra del cinema di Venezia, è appena uscita nelle sale italiane. Divide l’opinione pubblica, esattamente come il caso-Englaro, crea polemiche, infiamma dibattiti. Fa discutere. Eppure “Bella Addormentata” non ha la pretesa di giudicare la posizione di alcuno, anzi confronta idee e modi di vivere un tema devastante come l’eutanasia, il diritto alla vita e alla morte, mentre destini incrociati di persone addormentate nel torpore della loro diversa condizione, si alternano e si sfiorano, come legati da un invisibile fil rouge senza mai incrociarsi. Una storia, quella di Eluana, appena accennata attraverso i Tg, che scandiscono il ritmo di quei sei giorni fatidici dal 3 al 9 febbraio 2009.
La ragazza, in coma vegetativo da 17 anni, veniva trasferita nella clinica La Quiete di Udine e il Parlamento era chiamato a votare il Provvedimento Sacconi sulle norme per l’idratazione e l’alimentazione forzate. Sullo sfondo della tragedia della famiglia Englaro e degli ultimi giorni di vita di Eluana, si svolgono le vicende di personaggi diversi che parlano allo spettatore, ma anche a se stessi. Maria (Alba Rohrwacher) cattolica e attivista del ‘Movimento per la Vita’ presidia la clinica dove è ricoverata Eluana recitando il rosario, s’innamora perdutamente di Roberto (Michele Riondino), manifestante laico di idee radicalmente opposte. Due giovani a far riflettere sull’amore shakespeariano dei poli opposti, due persone diverse che si mettono in discussione chiedendosi se possono amarsi laddove uno dei due non ha fede. Il padre di Maria, il senatore del Pdl Uliano Beffardi (un eccelso Toni Servillo), si trova in Parlamento mentre si deve votare il provvedimento Sacconi: è un’anima divisa tra la devozione al partito e la sua coscienza individuale. E’ un padre in conflitto con la sua creatura e un marito devoto di una moglie malata e amatissima, che gli chiede di porre fine alla sua sofferenza. In una clinica si incontrano anche i destini di un dottore, Il Pallido (Pier Giorgio Bellocchio), che cerca di salvare un’aspirante suicida eroinomane (Maya Sansa, nella foto) e di regalarle un nuovo risveglio. Mentre la sofferenza della famiglia Englaro è percepita e sentita sulla pelle di una madre severa e disperata (Isabelle Huppert), che rinuncia al marito (Gianmarco Tognazzi) e alla propria carriera d’attrice teatrale sacrificandosi come solo una madre potrebbe fare, per l’amore verso sua figlia. Trasforma la sua casa in un tempio dove si celebra il rito della sopravvivenza della giovanissima figlia, in coma e legata alla vita dai macchinari, assistita come una principessa addormentata.
Un cast eccezionale per un film che sfiorando con delicatezza il dramma di Eluana Englaro, provoca prese di posizioni diverse, secondo la propria fede e la propria coscienza, raccontandoci tante storie, mosaico di un’Italia bella ma addormentata.
TALITA FREZZI