Diritto alla cultura: Salvator Dalì, tutto ciò che è illusorio serve a costruire la verità

L’11 MAGGIO 1904 NASCEVA SALVATOR DALI’

di Valentina Copparoni

La frase del titolo è una delle chiavi di lettura dell’arte e della personalità di Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, conosciuto più semplicemente come Salvator Dalì.

Uomo dotato di una grande personalità ed immaginazione spesso usata per porsi al centro dell’attenzione,  è stato amato da tanti ma anche criticato ed odiato da altri. Un artista che sapeva solo farsi amare o odiare, senza mezze misure. Bianco o nero.

Nasce il 23 gennaio 1904 a Figueres , in Catalogna, da padre avvocato e notaio che gli impone un’educazione rigida “ammorbidita” però dal temperamento più moderno della madre che asseconda le inclinazioni artistiche del figlio sin da piccolo. Dalì vive un rapporto molto complicato con il ricordo del fratello morto prima della sua nascita a causa di una meningite; sono gli stessi genitori a ripetergli che lui è la rincarnazione del fratello tanto che lo stesso Salvator Dalì se ne convince e dice “Ci somigliavamo come due gocce d’acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me, ma concepito in termini assoluti”. Nel 1919 arriva la prima mostra ufficiale al teatro municipale di Figueres  poi si trasferisce in Spagna, a Barcellona, dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti. Qui il suo spirito ed i suoi modi eccentrici non possono che attirare l’attenzione su di lui ed è questo d’altra parte che vuole  Salvator Dalì con i suoi capelli e basette lunghe ed un modo di vestire simile agli esteti inglesi della fine del 19° secolo. Nelle sue opere si vedano influenze cubiste ed anche del movimento dadaista, conosce e diventa intimo amico di Federico Garcia Lorca. Il suo carattere spesso al limite dell’irriverenza penalizza molto il suo percorso all’interno dell’Accademia dalla quale, infatti, viene espulso senza poter concludere il ciclo di studi perché afferma che nessuno è in grado di giudicare uno come lui. Una personalità talmente eccentrica da risultare a volte forse un po’ stucchevole, volutamente sopra le righe per far suscitare emozioni positive o negative, purchè emozioni. In quegli anni incontra Picasso che Dalì ammira e da cui prende ispirazione per le sue opere e già nelle opere degli anni Venti i tratti caratteristici della sua arte ricorrono spesso. Dalì sente l’influenza di tanti artisti dai quali, però, prende ciò che più ama e lo rielabora in uno stile tutto personale in grado di dare alle sue opere un’impronta unica, inconfondibile come quei baffi che si lascia crescere ispirandosi al maestro spagnolo del seicento Diego Velazquez.

Il surrealismo è il movimento nel quale Dalì più si riconosce, la sua fervida e quasi incontrollabile immaginazione ha bisogno di essere canalizzata e ci riesce attraverso opere che rappresentano quasi allucinazioni iperealistiche, ma che sono anche espressione di un virtuosismo artistico ai livelli più alti. Nel 1934 viene espulso dal movimento surrealista, ma questo non blocca la sua arte anzi paradossalmente la sua produzione si intensifica. Il surrealismo per Dalí è la chiave per far emergere  il suo inconscio secondo il principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton. Al quale Dalí diede un nome preciso: metodo paranoico-critico. Secondo l’artista la paranoia è “una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza o di ambizione”. Le immagini che Dalì cerca di rappresentare nascono dall’agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a prendere forma grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Un metodo innovativo da cui traggono immagini di straordinaria fantasia realizzate con una tecnica che si rifà  alla pittura del Rinascimento italiano dal quale però non prende la misura e l’equilibrio.

Nel 1931 Dalí dipinge una delle sue opere più famose, La persistenza della memoria, che rappresenta a surrealistica immagine di alcuni orologi da taschino deformi, molli. Gli orologi che si sciolgono rappresentano il rifiuto del concetto che il tempo sia qualcosa di rigido, una sorta di omaggio alla teoria della relatività di Einstein; un messaggio rappresentato anche dai confini indefiniti e un altro orologio raffigurato mentre viene  divorato dagli insetti. Si racconta che l’immagine degli orologi in fase di quasi liquefazione sia venuta a Dalì mentre in un caldo agosto osservava un pezzo di formaggio che si scioglieva.

Dalí nel 1934 viene presentato negli Stati Uniti dal mercante d’arte Julian Levy; per festeggiare il suo arrivo viene organizzata una festa, il “Ballo in onore di Dalí” al quale l’artista si presenta portando sul petto una scatola di vetro contenente un reggiseno. Sempre in quell’anno Dalí insieme alla moglie partecipa ad una festa mascherata a New York e come costume scelgono di vestirsi come il figlioletto di Lindbergh e il suo rapitore. La reazione della stampa è forte tanto che Dalì è costretto almeno questa volta a scusarsi.Nel 1936  partecipa all’Esposizione internazionale surrealista di Londra e  tiene la sua conferenza nel modo che forse più rappresenta la sua personalità e cioè vestito con tuta e casco da palombaro. Non solo si presenta alla’esposizione  tenendo in mano una stecca da biliardo e con due levrieri russi al guinzaglio. Nel 1939 si trasferì negli Stati Uniti dove rimane per quasi un decennio. Poi dal 1949 torna a vivere in Spagna dove oltre a dipingere sperimenta anche nuove tecniche artistiche e di comunicazione mediatica: realizza opere attraverso macchie d’inchiostro casuali lanciate sulla tela ed usa anche le oloeografie. Nei suoi ultimi anni, giovani artisti come Andy Warhol definiscono Dalí una delle più importanti influenze sulla Pop art. Dalí si interessa molto anche di scienze naturali e di matematica e geometria; la passione per quest’ultima disciplina si nota in diversi  suoi dipinti in cui dipinge i propri soggetti come se composti da corni di rinoceronte. Secondo Dalí il corno di rinoceronte rappresenta la geometria divina perché cresce secondo una spirale logaritmica; Dalí è anche affascinato dal DNA e dall’ipercubo (un cubo a quattro dimensioni). Dalì muore il 23 gennaio 1989 dopo che gli ultimi anni della sua vita sono caratterizzata da una totale perdita della voglia di vivere dovuta alla malattia prima e poi alla morte dell’amata moglie.

Negli  ultimi decenni della sua vita continua comunque  ad alimentare la sua fama di artista eccentrico, originale. Un delirio artistico e personale che forse lo rende un po’ prigioniero di se stesso e della sua mente al di sopra di ogni prevedibilità. Salvator Dalì è sicuramente stato un grande pittore ma la sua espressione artistica ha trovato approdo anche nel teatro, cinema, moda e fotografia. Un artista ed un personaggio cosi difficile da descrivere che forse può essere racchiuso in una sua celebre frase:

Ogni mattina, appena prima di alzarmi, provo un sommo piacere: quello di essere Salvador Dalì

 

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