DIRITTO ALLA CULTURA:Sogno di una notte di mezzo Sting – Racconto

Il mio agente è basso e ha pochi capelli molto scuri in testa. Espressione corrugata e polemica. I modi di fare di un pusher.
Io e Stewart lo conosciamo bene ormai, e lo prendiamo per quello che è. C’è poca luce nel back stage, a mala pena riesco a scorgere il volto rilassato di Stewart che agita le bacchette passandole da una mano all’altra. Non è nervoso, è solo l’adrenalina di un ventenne che sta per salire su un palco immenso di fronte a milioni di persone.
Io invece, preferirei morire che salire su quel palco, benché ne sia estremamente lusingata. Non so quello che devo suonare, non abbiamo fatto prove, non ho uno straccio di spartito. Io, la mia Ibanez e qualche migliaio di persone.
Vorrei uccidere il mio agente e andare da Sting a fare la spia…”mi hanno avvisata due giorni fa, non conosco tutti i tuoi pezzi e soprattutto non sono capace di suonarli”. Ma la paura che la cosa lo possa offendere, mi blocca.
Continuo a guardare Stewart, siamo soli da quella parte del backstage. Timidamente, ma con espressione di aiuto, gli chiedo se conosce già la scaletta.
Mi spiego meglio, chiedo a Stewart Copeland se conosce la scaletta del concerto che sta per eseguire. Con mio grande stupore lo colgo a disagio…forse non ricorda…Per un attimo mi sento sollevata, come a dire…se il batterista stesso non conosce la scaletta io posso permettermi di non conoscere i pezzi. Tira fuori un songbook, di quelli che si usano in spiaggia per suonare intorno al falò. Era il loro Songbook. Con un gesto repentino, glielo strappo dalle mani. La mia salvezza. Quei pochi accordi scritti sotto ai testi mi avrebbero permesso, se non di salvarmi la faccia, almeno la vita.

Apro. Il primo pezzo che dobbiamo suonare è “Tea in the Sahara”…intravedo un Bm , E/G…cerco di memorizzare il più possibile tralasciando settime, bassi e diminuiti.
Mi farebbero troppa confusione. Voglio il giro, puro e semplice. Ho la speranza che con quello potrei riuscire ad arpeggiare qualcosa che somigli ad un accordo. Ma cavolo, una roba arrangiata così per suonare con Sting – penso-. E penso anche che la morte arriva sempre nei momenti sbagliati, che per me fosse questo il momento in cui il Creatore avrebbe dovuto riportarmi al suo gregge. Niente da fare. Uno spintone del mio agente e sono sul palco. L’ultima cosa che vedo prima di venire avvolta da luci accecanti è lo sguardo azzurro di
Stewart. E’ un in bocca al lupo e un ti voglio bene insieme.Mi lascia il songbook.
Il palco è su quattro piani. In quello più basso ci sono io con i fonici, sopra Stewart, al terzo Summers al basso (motivo che giustifica la mia presenza) e all’ultimo,troneggia quel Semidio – che nessuno vorrebbe mai deludere-.

Il primo pezzo non è “Tea in the Sahara”,ma quella sorta di Madrigale inciso ultimamente. Per un momento ritorna il pensiero sulla morte. Se è vero che la morte arriva sempre al momento sbagliato, è vero anche che prima o poi arrivierà. Nessuno si può sottrarre dalla certezza della fine e con un pò di fortuna tutti mi dimenticheranno.
Questa idea mi da la forza di aprire il Songbook e cercare il pezzo come un gatto rinsecchito che cerca il cibo in un bidone.
Si inizia.
Decido di suonare piano. Di non usare il plettro per questo. Con l’unghia del mignolo provo a sfiorare il mi cantino. Un acuto suono si propaga per lo stadio infervorando la folla che inizia a gridare e a strapparsi i capelli. Ho provocato una standing ovation, acceso gli animi di dieci mila persone.
Grazie a dio sono seduta.
Il pezzo inizia…riesco ad arpeggiare due accordi. Non azzardo di più per il terrore di cozzare con la melodia,che invece è perfetta e armoniosa.

La performance risulta molto peggio di ogni più buia previsione. Il viso del mio agente è immobile, gli occhi fuori dalle orbite. Riesco a mala pena a scorgere un leggero ondulamento della testa da sinistra verso destra a dire “no..” e non so cos’altro.
Ma il problema non è lui, non è Stewart ( che forse sapeva ed aveva capito che io sono solo una fun che suona la chitarra mediocramente), il problema è il grande Dio creatore di questa musica, di questo palco, di questo successo.
E darei qualsiasi cosa per non vedere l’espressione di delusione impressa nel suo volto una volta sceso dal quarto piano.
Finito il concerto, il mio agente inizia con gli insulti…e io con le giustificazioni.
C’è una qualsiasi cosa che potesse giustificare il fatto di non saper suonare i pezzi di Sting, dopo che per anni mi sono dichiarata sua più grande ammiratrice e conoscitrice? Merito quegli insulti.
Suonare con i Police è sempre stato il mio sogno, e ora che me ne è stata offerta la possibilità, ho distrutto la mia carriera e forse quella dei Police stessi per grande presunzione.
Sento dei passi. Sting, e una schiera di fotografi e giornalisti stanno scendendo dallo stage. Sento riecheggiare la parola “mediocre”.
Ecco, ho reso il loro concerto, uno spettacolo mediocre. Ho reso Sting, autore di un concerto Mediocre.
Si avvicina con grande calma e da vero english man ricorda a tutti che “un musicista non va mai umiliato” qualunque sia il suo risultato.
Ancora una volta la conferma della sua luccicanza e del fatto di non essere completamente umano.

Da quel giorno non ebbi più il coraggio di toccare la chitarra, né di dichiararmi pubblicamente <<la più grande fan di Sting>>.

C.M.

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