DAL 19 AL 21 MARZO SCORSO SI E’ TENUTA IN SCOZIA LA 9 EDIZIONE DELL’EUROPEAN BREAST CANCER CONFERENCE
del dottor Giorgio Rossi (oncologo)
Nei giorni dal 19 al 21 Marzo scorsi si è tenuto a Glasgow ( in Scozia) la 9° edizione dell’European Breast Cancer Conference il più prestigioso convegno a livello europeo sul cancro della mammella.
Tra le varie comunicazioni presentate particolare rilievo ha avuto quella dell’International Prevention Research Institute di Lione, che riguarda uno studio epidemiologico ove si afferma che si hanno ogni anno a livello mondiale un milione e 600 mila nuove diagnosi di tumore mammario, 460 mila in Europa, circa 50mila in Italia , con un aumento del 3% annuo del numero dei casi. Questo tumore è il più frequente tra le donne e la prima causa di morte in assoluto nell’età tra i 40 e 50 anni. Si stima che una donna su dieci svilupperà il cancro mammario nel corso della sua vita, ma le sue possibilità di guarigione sono profondamente differenti in base al luogo in cui vive, evidenziandosi una sconcertante diversità tra i Paesi ad alto reddito e quelli in via di sviluppo . In Europa occidentale si stimano 90 nuovi casi/anno ogni 100 mila donne, in Africa 30 nuovi casi/ anno ogni 100mila donne con una mortalità tra le due aree in termini assoluti praticamente identica : circa 15 donne ogni 100mila/anno. Ciò vuol dire che in Africa muore una paziente su due, mentre in Europa una su sei. Nei Paesi a basso reddito, in particolare in Africa, le donne si rivolgono al medico quando hanno evidenti sintomi soggettivi, il che vuol dire quando la malattia è già in fase metastatica e talmente diffusa ove le uniche cure possibili sono solo quelle palliative con la finalità di controllare il dolore senza ormai poter agire sulla malattia. In Kenya e Uganda quasi tutte le donne ricevono una diagnosi al 3° 4° stadio. Viceversa nei Paesi ad alto reddito poche sono le donne alle quali viene diagnosticato un tumore allo stadio avanzato. E la differenza in sopravvivenza quando si passa da uno stadio 1° ad uno stadio 2° è di circa 12 punti percentuali, che salgono a circa 30 punti percentuali per il 4° stadio.
I passi avanti fatti in questo ultimo ventennio per quanto riguarda la diagnosi precoce e la cura del tumore al seno sono stati fondamentali per migliorare sensibilmente i risultati. A cominciare dai sempre più perfezionati sistemi di diagnosi che vedono ancora la mammografia svolgere un ruolo fondamentale specie nel suo utilizzo nei programmi di screening di massa. Resta l’esame fondamentale per la diagnosi precoce, affiancato ove necessario ad ecografia e risonanza magnetica.
Al riguardo, un altro studio presentato nello stesso consesso scientifico dall’University of Manchester (UK) ribadisce che lo screening mammografico con esame effettuato ogni 2-3 anni è in grado di svelare il tumore in fase iniziale e ridurre la mortalità nella maggioranze delle donne e che anzi , nelle donne considerate a rischio( familiarità, ecc.) sarebbe consigliabile effettuare la mammografia annualmente . Questi dati vengono a ribadire il ruolo fondamentale di tale esame, smentendo un recente studio canadese, di cui abbiamo parlato precedentemente in questa rubrica, che ne metteva in dubbio l’utilità.
Il grande sviluppo delle conoscenze della biologia del tumore hanno consentito di conoscere sempre più le caratteristiche del tumore di ogni singola paziente, permettendo di scegliere la terapia più adeguata in un armamentario terapeutico fatto sempre più di nuovi farmaci, sia chemioterapici che ormonoterapici e soprattutto dei così detti farmaci intelligenti rivolti appunto verso uno specifico target del tumore. Inoltre perfezionamento delle tecniche di radioterapia e chirurgia in un ottica sempre più conservativa.
Ovviamente una così ampia mole di ricerche continue e costanti richiede un enorme impiego di risorse economiche, che i paesi poveri non hanno. Non solo scarse risorse, ma anche carenza di un tessuto socio-sanitario che permetta di raggiungere ogni singola donna sensibilizzandola all’importanza di certi comportamenti, di certi stili di vita, di seguire certe indicazioni di diagnosi e dei fattori di rischio.
Per quanto riguarda il nostro Paese, i dati di sopravvivenza sono tra i più elevati d’Europa, a dimostrazione della buona capacità del nostro sistema sanitario di affrontare questa malattia, ma la situazione non è del tutto omogenea sul territorio nazionale, in quanto ancora esiste un divario sia tra varie aree geografiche, sia tra le diverse classi sociali. Basti pensare che dei 3 milioni di donne invitate a fare una mammografia gratuita all’interno dei programmi di screening, solo il 57% ha risposto all’invito.
Molti dovranno essere gli sforzi per colmare questo gap mondiale, anche in periodi di difficoltà economiche come quelli che la nostra società sta attraversando.