10 marzo 2012: “Vorrei dirti che non eri solo”. Questo il titolo del libro scritto da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi morto a 31 anni nel reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini di Roma sei giorni dopo il suo arresto. Era il 22 ottobre 2009. Ieri presso la libreria Feltrinelli di Ancona si è tenuta la presentazione del libro alla presenza della stessa Ilaria Cucchi e di Daniela Marchili presidente della Conferenza Regionale Volontariato Giustizia.
L’incontro si colloca all’interno di un’interessante iniziativa intitolata “DIRITTO ALLA VERITA’ Storie troppo ordinarie narrate da film, voci e volti” promossa da una serie di associazioni quali Antigone Marche, Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia, Cooperativa IRS L’Aurora, CNCA, Libera presidio Jesi, Donne e Giustizia, Cooperativa sociale Gemma e Cinema Azzurro e volta a sensibilizzare soprattutto l’opinione pubblica sul problema delle carceri in Italia.
Dopo la presentazione del libro, presso il Cinema Azzurro in Ancona è stato presentato il film-documentario “148: i mostri dell’inerzia” che ricostruisce gli ultimi sei giorni di vita di Stefano Cucchi. La regia è di Maurizio Cartolano, da un un’idea di Giancarlo Castelli, prodotto da Simona Banchi e Valerio Terenzio per Ambra Group, con il patrocinio di Amnesty International e Articolo 21 ed è stato presentato in anteprima il 2 novembre scorso al festival del Cinema di Roma.
Presenti ieri sera in sala, oltre ad Ilaria Cucchi, al legale della famiglia Avv. Fabio Anselmo ed al regista del film, anche Simona Banchi e Simona Cardinaletti (responsabile della Cooperativa sociale La Gemma), tutti protagonisti, insieme al numeroso pubblico in sala, nel dibattito che si è sviluppato dopo la visione del film.
Il giorno della morte, 22 ottobre 2009, Stefano è la 148esima persona deceduta all’interno di un carcere italiano, da qui il titolo del film-documentario che si sviluppa attraverso la voce e le immagini di Stefano, le testimonianze, i filmini della famiglia, le lettera scritte da Stefano, le parole del padre e della sorella che ricordano un figlio ed un fratello tra dolore e rabbia che più che nelle loro parole si mostrano nei loro occhi, nella loro voce e nelle loro mani tremanti, spesso inquadrate. Ilaria, come nel suo libro, diventa quasi una co-protagonista della storia che guida per mano gli spettatori nella difficile ricostruzione della vicenda del fratello.
E’ un racconto umano in cui Stefano è il protagonista con le sue fragilità ma anche i suoi sorrisi durante una festa di compleanno in famiglia, quella stessa famiglia che pur nei momenti più oscuri, di riprese e ricadute, gli è stata sempre accanto con amore ma a volte anche con durezza per cercare di impedirgli di buttare via se stesso e con lui un pezzo delle loro vite.
Il documentario, come il libro di Ilaria Cucchi, ripercorre su due piani paralleli la vita di Stefano e della sua famiglia e gli ultimi giorni di vita del ragazzo in quel mese di ottobre 2009. I piani sono paralleli ma alla fine si incontrano, purtroppo però si incontrano dove mai dei genitori ed una sorella vorrebbero ossia in un obitorio dove il cadavere irriconoscibile di Stefano viene mostrato alla famiglia in tutta la sua inaccettabile durezza.
Quando qualche mese fa ho letto il libro di Ilaria Cucchi ( si veda il focus dedicatogli al link https://www.fattodiritto.it/focus-diritto-cultura-%E2%80%9Cvorrei-dirti-che-non-eri-solo%E2%80%9D-ilaria-cucchi-racconta-suo-fratello/), è stato un pugno allo stomaco e lo stesso la visione del film,le pagine di quel libro sono state tradotte in immagini ed interviste che, come il libro, mi hanno lasciato tante domande, forse troppe.
Un atto di denuncia, di richiesta di verità e giustizia non solo per Stefano ma anche per le famiglie di tanti altri detenuti che sono morti quando si trovavo nelle mani dello Stato.
E’ il caso di Federico Aldrovandi che ha da poco compiuto 18 anni quando il 25 settembre 2005 incontra una pattuglia della polizia in Ferrara e qualche ora dopo la famiglia viene a sapere della sua morte. Per il decesso di Federico il Tribunale di Ferrara ha condannato in primo grado (sentenza confermata anche in appello) i quattro poliziotti che avevano fermato il giovane, tutti accusati di eccesso colposo di uso legittimo di armi. Il prossimo 15 marzo alle ore 20.30 presso il Cinema Azzurro verrà proiettato anche il film “E’ stato morto un ragazzo” di Filippo Vendemmiati che ricostruisce proprio la tragica storia di Federico cui seguirà, come ieri sera, un dibattito con il pubblico e il regista del film, la mamma di Federico (Patrizia Moretti), il giornalista Rai Vincenzo Varagona e il legale della famiglia Aldrovandi Avv. Fabio Anselmo.
E’ il caso di Giuseppe Uva, morto nel giugno 2008 dopo una notte passata nella caserma dei carabinieri in provincia di Varese. Sarà soltanto grazie alla determinazione della sorella Lucia che il caso viene riaperto; Lucia, dopo essere stata chiamata a vedere la salma, che lei stessa fotografa, di cui nota i lividi, il sangue, le tumefazioni, inizia una battaglia legale che conduce fino ad una nuova perizia sugli indumenti, nell’ottobre del 2011, e alla riesumazione della salma di Giuseppe.
Tre donne forti, Ilaria Cucchi, Patrizia Moretti e Lucia Uva, che sono unite in uno straziante dolore ma anche in una incredibile determinazione guidata da quel coraggio che forse solo sorelle e mamme forse possono avere.
Tre donne che con caparbietà ma anche senso della giustizia e, nonostante tutto fiducia nello Stato, stanno portando avanti una battaglia che va oltre la storia tragica dei propri cari, che scuote le coscienze di tutti e che, come ha detto Ilaria ieri sera durante il dibattito, deve farci indignare perché forse soltanto cosi qualcosa potrà veramente cambiare.
Perché se in tanti chiediamo risposte, se in tanti cominciamo a pensare che queste cose non capitano solo agli altri, allora forse si potrà ottenere quella Giustizia di cui tanto si parla ma che Stefano, Federico e Giuseppe e le loro famiglie stanno lottando duramente per ottenere.
AVV.VALENTINA COPPARONI
…e ti chiedi perchè, la storia di Federcio in partcolare mi colpisce il cuore e mi riempie di rabbia
MA CHI SONO QUESTI AUTORIZZATI A UCCIDERE PER GUSTO PUTRO? MA IN CHE PAESE VIVIAMO? PIU' SU QUESTI TEMI IN TV CHE SU VELLINE, ESCORT, POLITICI LADRI. LO DOBBIAMO A TUTTE LE PERSONE OBESTE CONDANNATE INGIUSTAMENTE E QUELLE UCCISE