di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)
Fin dal primo trailer il Benedict Cumberbatch barbuto che si aggirava in Oriente mi ha ricordato immediatamente il prologo di Batman Begins. E Doctor Starnge, secondo film della fase 3 dell’Universo Cinematografico dei Marvel Studios, per struttura gli assomiglia molto. Un uomo alla ricerca di un senso nella sua vita, l’addestramento, la presa di coscienza delle proprie capacità e della propria missione.
Il neurochirurgo Stephen Strange vede la sua esistenza crollare dopo un terribile incidente d’auto. Profilo borioso, superbo e sicuro di sé Stephen necessità di una svolta, di qualcosa che lo renda ancora vivo: troverà questo in Nepal, dove fa la conoscenza dell’Antico, lo stregone Supremo, custode delle arti mistiche.
Se non si sapesse che ci troviamo all’interno di un film basato sui fumetti, questo Doctor Strange almeno nella sua prima parte potrebbe sembrare un film sulla caduta, sulla disperazione di un uomo, un po’ come nella genesi delle trilogia di Nolan. Qui però non c’è la possibilità né la volontà di utilizzare il comics per raccontare una storia che nella sua evoluzione trascende il genere stesso da cui trae ispirazione: questo non può accadere poiché siamo all’interno di un universo condiviso ma soprattutto perché lo stile Marvel emerge in ogni sua produzione.
E cosi se la presentazione del personaggio e del suo mondo è giustamente seriosa, la conoscenza di un realtà altra da parte del signor Strange presenta dinamiche, atmosfere in maniera sorprendente e avvincente.
Dimensioni psichedeliche, spazi che si plasmano nelle più svariate forme, la scoperta di un multiverso fanno del film di Scott Derrickson uno spartito le cui note appaiono indipendenti dalla realtà condivisa di cui è parte.
Un soggetto per trama non facile da digerire: tra strade e città che si ribaltano, formule magiche, cerchi temporali, forze oscure oltre lo spazio e il tempo, eppure tutto questo non rende la narrazione confusionaria: l’elemento innovativo, straordinario, destabilizzante di Doctor Strange è reso nella maniera più conforme e ordinata possibile.
Trattandosi di un personaggio poco conosciuto il film sa mantenere l’attenzione ed è godibile per trama, visione estetica (eccellente), costruzione e rappresentazione dei diversi caratteri. Fa tutto in maniera fluida senza mai rischiare di diventare austero.
Il profilo unico di Benedict Cumberbatch (anche se un po’ contratto) sa conferire al personaggio fascino e identità eppure Doctor Strange considerata la novità degli scenari introdotti è fin troppo pulito dal punto di vista narrativo: là dove avrebbe giovato lasciar spazio all’esuberanza, all’imprevedibilità, insomma al suo esser strange si adegua ad una forma classica, fin troppo canonica di svolgimento.