Doppio blitz a Parigi: le forze dell’ordine e l’uso legittimo delle armi

RIFLESSIONE SUI LIMITI ALL’USO DELLA FORZA NEL NOSTRO SISTEMA GIURIDICO

di Barbara Fuggiano (Praticante Avvocato)

Unknown9 gennaio 2015. Parigi si ferma per un giorno, in preda alle azioni sovversive di quelli che sembrano essere tre terroristi dell’Isis finanziati da Al-Quaeda. Il terrore cessa con un doppio blitz delle forze speciali francesi, uno nel nord e uno nel sud della città.

I fratelli Kouachi, autori della strage di pochi giorni fa nella sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo e inseguiti dalla polizia, si erano rinchiusi, armati, nel capannone di una fabbrica in cui un impiegato era nascosto tra alcuni scatoloni a loro insaputa. Intorno alle 17, i poliziotti hanno lanciato dei fumogeni verso il fabbricato, per simulare l’inizio del blitz e spingere i terroristi ad uscire; i due, infatti, si sono portati fuori dall’edificio e hanno iniziato a sparare con i kalashnikov e, nel giro di una manciata di minuti, sono stati colpiti e uccisi dagli agenti.

Contemporaneamente Amedy Coulibaly, presentatosi come l’assassino della poliziotta che ha perso la vita nella sparatoria di Montrouge, ha sequestrato diverse persone all’interno di un supermercato, probabilmente con l’aiuto della fidanzata complice. Grazie ad una distrazione dell’attentatore, che dopo una telefonata non aveva riagganciato, permettendo ai poliziotti di sentire tutto quello che stava accadendo, gli agenti hanno fatto irruzione nel locale commerciale approfittando del momento in cui Coulibaly si accingeva a pregare. Ne è nata una sparatoria, quattro agenti e quattro civili sono rimasti feriti mentre l’attentatore, che aveva già ucciso quattro ostaggi, è morto.

A parte le critiche che in queste ore sono state mosse all’intelligence francese per la presunta superficialità che ha connotato la prevenzione di attacchi terroristici di questo tipo e agli agenti intervenuti per non aver rispettato alcuni protocolli, quello che è accaduto a Parigi riaccende la discussione sul ruolo delle forze dell’ordine e dell’uso delle armi e della violenza.

Il nostro ordinamento giuridico conosce la causa di giustificazione delluso legittimo delle armi (art. 53 c.p.) per la quale “Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale gli presti assistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l’uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica”.

Le ragioni dell’art. 53 c.p. Nel 1930 fu introdotta la scriminante appena richiamata con l’intento, in una logica fascista, di evidenziare il monopolio dello Stato nel potere di coercizione e nell’uso della forza fisica nelle situazioni di conflitto tra i cittadini e le autorità.

Con la Costituzione e l’affermarsi dell’ordinamento democratico, è chiaro che la norma – seppur formalmente non intaccata, se non nel 1975 dalla legge 152 – è stata riadattata al nuovo contesto sociale ad opera della giurisprudenza, per mezzo innanzitutto di un’interpretazione in senso restrittivo. In particolare, sulla scorta anche della clausola di riserva già contenuta nell’articolo (che fa salva l’applicabilità delle altre due scriminanti della legittima difesa o dell’adempimento di un dovere), l’uso della forza da parte dei pubblici ufficiali (agenti di pubblica sicurezza, di polizia giudiziaria, militari in servizio di Pubblica sicurezza) è ritenuto legittimo, escludendo la punibilità dell’agente, solo in via residuale e in situazioni che presentano determinate caratteristiche (nel gergo dei giuristi: come extrema ratio).

Da un punto di vista sociologico, si è affermato che l’uso delle armi e della forza sia l’elemento caratterizzante e identificativo delle forze dell’ordine nello svolgimento dei propri compiti. Oltre a distinguere, quindi, le capacità di reazione riconosciute dall’ordinamento ad un polziotto e non a qualsiasi altro soggetto, tale elemento è anche idoneo a fungere da deterrente nelle situazioni di emergenza. Tuttavia, ci si interroga se non sia più coerente ed opportuno che si torni al sistema liberale nel quale i pubblici ufficiali, al pari di qualunque altro privato, beneficiavano della legittima difesa e non anche di una scriminante ad hoc.

Le caratteristiche e i limiti dell’art. 53 c.p. Diversamente dalla legittima difesa e dall’adempimento di un dovere, l’art. 53 c.p. non richiama espressamente la proporzionalità e la necessità del ricorso all’uso della forza o delle armi. La giurisprudenza ritiene, in una lettura costituzionalmente orientata della norma e riferendosi esplicitamente al principio di offensività, che esse siano implicite e debbano in ogni caso sussistere.

Quindi, l’uso delle armi e della forza da parte dell’agente di polizia è  legittimo solo nelle situazioni in cui si pone quale unico mezzo idoneo all’adempimento del proprio ufficio (preordinato alla difesa della collettività e all’interesse statale alla repressione dei reati), in assenza di un qualunque mezzo meno lesivo.

Ad esempio, in occasione di manifestazioni agitate o violente, se è possibile disperdere la folla in tumulto con l’utilizzo di gas lacrimogeni, non può essere consentito alla polizia di ferire o addirittura sparare.

Il ricorso alla coazione fisica è, inoltre, giustificato solo di fronte “alla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità”, ove laviolenza deve consistere in un comportamento attivo, concreto, in atto e non genericamente minatorio, volto a fapporre ostacoli all’adempimento del dovere di ufficio del pubblico ufficiale e la resistenza deve essere prevalentemente attiva o, se passiva, richiede un rapporto di proporzionalità più stringente rispetto ai mezzi di coazione utilizzati.

Il classico esempio è quello del delinquente in fuga per non essere catturato; in questo caso, è chiaro che, se questa forma di resistenza passiva non è attuata con modalità tali da mettere a repentaglio l’incolumità di altre persone, non può legittimare l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro il fuggiasco, soprattutto contro parti vitali del corpo. In un diritto penale del fatto e non dell’autore, non deve e non può rilevare la gravità del reato che il fuggiasco abbia commesso poco prima (attentato, sequestro di persona, omicidio aggravato, strage, rapina armata..), poiché il rapporto di proporzione deve sussistere non rispetto a quest’ultimo bensì in relazione alla gravità e alle modalità della resistenza attuata per sfuggire alla cattura.

Ancora, anche in occasione di controlli di polizia, la resistenza, anche attiva, del privato che non metta concretamente in pericolo né l’incolumità del poliziotto (o di terzi) né lo svolgimento delle attività d’ufficio non può certamente consentire, in un’ottica di proporzionalità tra azione-reazione, l’uso di mezzi di coercizione fisica non blandi (ad es., manganelli). Mi viene in mente, in particolare, il caso di Federico Aldrovandi, letteralmente pestato e martoriato da spinte e manganellate per aver cercato di opporsi ai controlli degli agenti.

L’attentato di Parigi e la morte dei terroristi. Si può ritenere, stando alle notizie e alle immagini che sono state rese pubbliche, che, secondo la legge italiana, le forze di polizia intervenute in Francia abbiano fatto legittimamente uso delle armi nei due blitz.

Nel primo intervento contro i terroristi barricati nella fabbrica (che, si badi, non avevano in ostaggio l’impiegato nascosto all’interno del capanonne, essendo all’oscuro della presenza di quest’ultimo) gli agenti non solo hanno atteso che i due fratelli uscissero dall’edificio dopo aver lanciato dei lacrimogeni, ma hanno anche aperto il fuoco in risposta ai colpi di quelle che saranno le uniche vittime dell’azione di polizia.

Anche nel secondo intervento, seppur sia stato fortemente discusso l’intervento disordinato ed incerto nel supermercato, il ricorso alla coazione fisica e alle armi è giustificata non solo dal fatto che il terrorista faceva uso dell’arma in suo possesso ma anche dal fatto che aveva tenuto in ostaggio e colpito diverse persone.

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