AMPLIAMENTO, RIEMERGONO I REPERTI
ANCONA – di Giampaolo Milzi – Nuove pagine di storia capaci di raccontare il passato di Ancona dalle prima fasi dello sviluppo dell’Urbs romana, passando per il periodo imperiale fino a quello medievale e rinascimentale. C’era da un pezzo, ma da un po’ è tornato alla ribalta dell’attenzione pubblica, questa specie di libro stratificato nel terreno su cui è stato impiantato e avviato il cantiere per la realizzazione della nuova ala del Museo della Città. Siamo in pieno centro, in una zona delimitata da via Buoncompagno, via della Pescheria, piazza del Plebiscito e da via della Beccheria, a due passi dal rione Guasco-San Pietro, cuore millenario della Dorica. Una campagna di scavi pronta ora per il rilancio, dopo le due precedenti del 2001 e del 2008-2009, che sarà capace di farci leggere in modo più preciso, in molti casi di decifrare, il contenuto di queste antiche, preziose pagine del remoto passato locale. Perché ciò che emerso, e che da questa estate si dovrebbe mostrare in tutto il suo valore testimoniale, offre mille spunti per uno studio lungo e approfondito. Importanti parti di una “domus” romana, forse di due; vari e diversificati tratti di pareti; e tantissimi reperti, tra cui un bel pezzo di un bacile, un’anfora funeraria, una piccola porzione di pavimento, una condotta idrica, il materiale di copertura di una colonna, monete, frammenti di oggetti d’uso quotidiano.
Ma andiamo per ordine, epoca dopo epoca, come fossimo a bordo di una macchina del tempo capace di portarci ad oltre 2000 anni fa. Fra qualche certezza, molte ipotesti e intriganti punti interrogativi. Eccoci in una mini fetta dell’Ancona del periodo romano repubblicano, prima della nascita di Cristo. Presenti alcuni resti di strutture murarie. E poi blocchi in pietra arenaria: materiale di riporto, oppure la prova che anche qui, vicinissimi a corso Mazzini, potessero sorgere già nel I-II secolo a.C., spezzoni di mura di difesa? Il viaggio diventa più stupefacente quando si fa tappa nel successivo periodo imperiale, quello di Ancona sempre più legata alla città eterna “caput mundi”. Anche qui strutture murarie, che definiscono ambienti domestici intonacati in modo policromo; una parete rossa, ben conservata, attira particolarmente l’attenzione;
così come un piccolo lacerto di mosaico, a tessere, unico superstite di un pavimento interno. Da segnalare anche il rivestimento in intonaco di una colonna, una colonna forse sparita (perché era di legno?), oppure chissà, i mattoni che la costituivano sono ancora sepolti nei dintorni… Il rivestimento intonacato giace su una superficie in terra battuta. Segno che la colonna, assieme ad altre (da cercare) delimitava il cortile di una “domus”, o di una delle due. Cortile di cui fa ancora bella mostra di sé un tratto pavimentale in mattoni, ampio circa 4 metri quadri.
E ancora, desta grande interesse ciò che rimane, in ottimo stato, di un bacile in terracotta: si tratta di uno spicchio di un quarto del reperto originario, decorato con linee geometriche appena abbozzate nell’incisione; la sua collocazione non sembra casuale, pare poggiato in un punto preciso di un ambiente speciale. “Dovremmo, vorremmo cercare gli altri tre spicchi del bacile”, spiega Maria Raffaella Ciuccarelli, archeologa di zona della Soprintendenza unica delle Marche, direttrice scientifica del sito archeologico. “Trovandoli, potremmo avere la prova che furono deposti in questo luogo con funzione rituale o propiziatoria”, aggiunge Giacomo Piazzini, giovane professionista, anche lui archeologo, incaricato dal Comune di Ancona di seguire i lavori dell’impresa edile che deve realizzare l’ampliamento del Museo della Città.
Tra gli importanti scampoli di un passato lontanissimo, una condotta idrica in pietra, praticamente integra; lunga una decina di metri, segna da un capo all’altro l’area degli scavi, e prosegue ben oltre.
Procediamo avanti, nel tempo, verso il periodo tardo-antico, di fine impero. Un’altra scoperta rilevante. Un’anfora, dentro ci sono delle ossa. Ciuccarelli: “Segno che siamo, probabilmente, in un altro ambiente particolare, di tipo cimiteriale”. Se si scavasse ancora potrebbero spuntar fuori altre anfore di quel tipo, urne, magari tombe. Impossibile, per ora, specificare se i riti praticati in questa sezione di una planimetria di scavo così intricata fossero di tipo pagano o paleocristiano”. Difficile una datazione certa: siamo nel V-VI secolo? “L’uso di un’anfora come contenitore di ossa è tipica delle sepolture infantili”, aggiunge Piazzini.
Va sottolineato che ci si muove tra cumuli di materiali edili oggetto di molti crolli, spesso sminuzzati e confusi fra loro, sovrapposti, frutto di diverse fasi costruttive, legate al lunghissimo periodo dell’impero romano, a partire da quello Augusteo. Cumuli da cui è emersa qualche moneta. Cumuli costituiti anche da tantissimi frammenti di vetro, ceramica e metallo di vari oggetti e utensili.
Ennesima tappa di questa avventura semi-ipogea, nella fase centrale del Medioevo. Anche qui strumenti d’uso quotidiano frammentati, brandelli di murature, cocci di pietra. Piazzini: “Una fase, questa, davvero difficile da interpretare, perché il materiale è molto disperso in punti diversi. E perché la conformazione originaria è notevolmente mutata a causa dei successivi interventi in tutta l’epoca rinascimentale”.
Già, l’epoca rinascimentale, fin dai suoi inizi al confine col tardo Medioevo, ci riserva quella che è forse una delle più importanti scoperte di questo archeosito. Siamo di fronte agli importanti resti di un quartiere urbano, che era costituito da case private e da qualche bottega artigiana. La loro presenza è fortemente ipotizzata, soprattutto quella di una bottega di fabbro, perché sono stati rinvenuti materiali di scarto di una fornace per metalli. Per concludere, anche le tracce, i segni di un incendio. Uno dei tanti che hanno funestato gli oltre 2000 anni di un’Ancona, nonostante tutto, ancora bellissima, e in grandissima parte da scoprire e riscoprire.
(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)