RISPONDE L’ASSOCIAZIONE ITALIANA RICERCA SUL CANCRO
del dottor Giorgio Rossi
L’Associazione Italiana sulla Ricerca sul Cancro (AIRC) da qualche settimana pubblica delle recensioni ove affronta, in modo rigorosamente scientifico, argomenti socio-sanitari come ha già fatto su cellulari e salute e sul ruolo delle e-cig di cui abbiamo parlato recentemente su questa rubrica.
Questa settimana torniamo da AIRC affrontando i contenuti principali dell’ultima recensione dal titolo :” E’ possibile curare il cancro con rimedi omeopatici” ?
I ricercatori AIRC iniziano ricordando che l’omeopatia è una pratica terapeutica pseudo-scientifica formulata dal medico tedesco Samuel Hahnemann nella prima metà dell’Ottocento. Si basa su due principi che la scienza medica moderna non è mai riuscita a dimostrare.
Il primo è il principio dei “simili” che presuppone che un sintomo o una malattia possono essere curati da sostanze di origine animale o vegetale in grado di indurre, nella persona sana, lo stesso sintomo o lo stesso disturbo.
Il secondo principio dell’omeopatia è quello della “diluizione”: le sostanze individuate in base al primo principio vengono somministrate dopo essere state abbondantemente diluite, il più delle volte così diluite che anche le sofisticate macchine moderne per l’analisi chimica ( come il gascromatografo ) non sono più in grado di rilevarne alcuna traccia.
L’omeopatia è quindi una teoria senza fondamento i cui preparati non possono aver alcun effetto terapeutico sull’organismo in base a quanto sappiamo sul funzionamento della materia. Se funzionasse dovremmo pensare che i nostri metodi fisici e chimici sono essenzialmente sbagliati.
Ma i ricercatori AIRC si chiedono anche : “ E se fosse un meccanismo ancora sconosciuto” ?
Diversi scienziati hanno tentato di dimostrare che esistono in natura meccanismi tutt’ora sconosciuti in grado di spiegare come una soluzione (acqua o alcol) possa modificare le sue proprietà solo per essere stata in contatto con quantità infinitesimali di un soluto ( il principio attivo).
Sono state ipotizzate diverse teorie, tra le quali la cosiddetta “memoria dell’acqua”, un’idea avanzata nel 1988 dal medico e immunologo francese Jacques Benveniste e pubblicata ( con riserva del direttore) sulla prestigiosa rivista Nature.
L’esperimento di Benveniste non è mai stato replicato, neppure dal suo stesso laboratorio, e lo studio è stato ritrattato per frode.
In anni più recenti, alcuni fisici hanno tentato di dimostrare che la modalità di preparazione dei prodotti omeopatici, che prevede, oltre alla diluizione, anche la cosiddetta successione o agitazione del rimedio, produce nano bolle di gas in grado di “conservare” le proprietà della sostanza attiva anche se chimicamente di questa non vi è più traccia .
Anche questa teoria non è mai stata scientificamente dimostrata.
Nel corso degli ultimi 50 anni sono stati condotti molti studi clinici nel tentativo di dimostrare che l’omeopatia può prevenire o curare le malattie, compreso il cancro.
Nessuno di questi ha dimostrato un’efficacia dell’omeopatia superiore al placebo, avvero procura un miglioramento indotto dal semplice fatto di essere presi in cura.
L’effetto placebo è presente in ogni terapia, è noto da molto tempo e si somma, anche nei farmaci usati in medicina, agli effetti della sostanza attiva.
Nel marzo 2015 il National Health and Medical Research Council (NHMRC) australiano ( l’equivalente del nostro ministero della salute e della ricerca messi insieme) ha pubblicato un ampio rapporto che analizza i principali studi scientifici sull’omeopatia in tutte le possibili malattie.
Un gruppo di esperti ha identificato 57 revisioni sistematiche( cioè ricerche che fanno il punto su un determinato argomento analizzando lo stato dell’arte al momento della pubblicazione) per un totale di 176 studi singoli.
Per correttezza metodologica l’NHMRC ha scelto solo studi che mettevano a confronto il destino di un gruppo di pazienti trattati con rimedi omeopatici con quello di pazienti ai quali non era stato dato alcun trattamento oppure un trattamento medico standard.
Si tratta di studi che si definiscono” controllati” perché l’effetto di ciò che si sta studiando sono confrontati con gli effetti che compaiono in un gruppo di controllo trattato diversamente.
Il rapporto conclude che non ci sono prove di efficacia dell’omeopatia in nessuna delle malattie o condizioni prese in esame. La raccomandazione finale è che l’omeopatia non debba essere usata per curare malattie croniche o gravi oppure che possano diventarlo se non trattate adeguatamente.
Per quanto riguarda il cancro, i ricercatori AIRC stimano che circa un terzo dei malati di tumore faccia ricorso , in un momento o l’altro della loro vicenda, a forme di medicina alternativa, tra le quali l’omeopatia gode di una posizione privilegiata perché ritenuta sicura e priva di effetti collaterali.
D’altronde una sostanza che non ha effetto alcuno sull’organismo non può nemmeno indurre effetti negativi.
Nel 2005 la rivista medica The Lancet ha pubblicato una metanalisi di tutte le ricerche sugli effetti dell’omeopatia sul cancro.
La metanalisi è uno strumento particolarmente accurato perché permette di “sommare” statisticamente i dati di tutti gli studi di buona qualità pubblicati in precedenza sull’argomento e fornisce una visione generale del problema, più ampia di quella che si può ottenere da un singolo studio.
La metanalisi 2005 ha considerato anche la possibilità che gli effetti benefici riportati dai malati curati con omeopatia potessero essere dovuti all’effetto placebo.
In effetti essa ha dimostrato che, una volta eliminati alcuni errori metodologici, gli studi sull’omeopatia mostravano solo un generico miglioramento del benessere della persona assimilabile , per tipo e intensità, all’effetto placebo. I malati trattati invece con farmaci convenzionali ( chemioterapici o simili) mostravano effetti specifici ed intensi.
L’anno successivo (nel 2006) la rivista European Journal of Cancer ha pubblicato una revisione della letteratura sul rapporto tra omeopatia e cancro, rilevando nuovamente l’assenza di efficacia dimostrata.