NEL BEL LIBRO “SONO TORNATA” DI CARLA SCHIAVONI
– ANCONA – di Alessandra Milzi –
Anche le donne hanno fatto la storia. E non solo le eroine di cui parlano saggi e testi. L’hanno fatto, proprio come gli uomini, con le loro passioni, con certi loro gesti e atteggiamenti quotidiani o reiterati nel tempo, individuali e collettivi. Un concetto che vale la pena di ribadire, visto che ancora oggi, spesso, una certa e prevalente storiografia scritta “al maschile” lo mette ingiustamente in ombra. Un concetto che emerge con nettezza tra le righe di “Sono tornata”, il saggio in forma di racconto, venato di spunti di fantasia, che delinea le vicende di Elisabetta Malatesta Varano. Una donna vissuta nel ‘400 – piuttosto ignorata dalle biografie – eppure sorprendentemente moderna e attuale. Una donna resiliente, ovvero capace di difendersi con forza, coraggio e tenacia. Una donna colta, bella, sensibile, la quale, superando ostacoli e drammi personali, si dà una missione da compiere e mantiene la sua promessa.
Un avvincente romanzo storico, quello firmato da Clara Schiavoni, nata a Tolentino (MC), presentato il 23 aprile scorso nella sala Pino Ricci del Palazzo della Regione Marche ad Ancona (piazza Cavour), nell’ambito del progetto di valorizzazione delle scrittrici marchigiane contemporanee, promosso dalla Commissione regionale pari opportunità.
“Sono tornata” (edito dalla Simple di Macerata), fa già presagire dal titolo l’esito dell’avventura esistenziale di Elisabetta Malatesta. Siamo a Camerino, nel XV secolo, un Comune il cui nome è strettamente legato all’omonima Signoria retta dalla famiglia Varano. Una Signoria che per importanza, estensione territoriale e ricchezza era pari a quelle dei Montefeltro, dei Malatesta e degli Estensi. Elisabetta è moglie innamorata di Piergentile da Varano. L’uomo resta vittima di una congiura
ordita dai fratelli assieme al legato papale Giovanni Vitelleschi: è imprigionato l’11 agosto del 1433 per 26 lunghi giorni, di cui i primi 17 trascorsi nel castello di San Severino e gli ultimi 9 nelle segrete del Palazzo Episcopale di Recanati; il 6 settembre dello stesso anno viene decapitato. Elisabetta, aiutata dalla cognata Tora, riesce a mettersi in salvo coi suoi tre figli e il nipotino Giulio Cesare.
Attraverso il magico sposalizio fra storia e letteratura, Clara Schiavoni entra nella psicologia della protagonista e degli altri personaggi del libro, e la restituisce al lettore nella verità storica, frutto di una puntuale ed approfondita ricerca.
Una verità storica, quella di Elisabetta Malatesta Varano – come hanno sottolineato nei loro interventi il 23 aprile l’autrice e la presidente della Commissione pari opportunità, Adriana Celestini – che emerge pienamente dagli aspetti nettamente significativi della sua avventura esistenziale, che dota di significato la Storia con la S maiuscola. Le qualità fondanti della personalità della nobildonna le permettono di non soccombere quando la sua vita – dopo l’arresto, la reclusione e l’uccisione del marito – si ribalta completamente. Ecco che Elisabetta sa rimettersi in gioco con accanimento, lottando strenuamente giorno dopo giorno in modo del tutto particolare: usando in modo intelligente le armi non violente della conciliazione-accettazione all’interno di sapienti trame politiche, ritrova equilibrio e rinnova la sua forza. Quelle trame, ordite con astuzia, le consentiranno di iniziare una nuova vita, con nuovi significati. “Ho adempiuto al giuramento. Sono tornata”, fa dire ad Elisabetta, concludendo il suo romanzo, Clara Schiavoni. La vedova di Piergentile è riuscita finalmente a tornare con tutta la sua blasonata autorità a Camerino. Porta con sé il figlio Rodolfo e il nipote Giulio Cesare, ai quali, sotto la sua reggenza, affiderà il governo di Camerino, di nuovo nel nome della casata Varano.
(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)