LA STORIA E LA RECENTISSIMA DECISIONE DEL TAR
Di Dott.ssa Alice Caporaletti
Ripercorriamo la triste vicenda: Eluana Englaro a seguito di un incidente stradale ha vissuto in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte naturale sopraggiunta a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale.
L’incidente stradale avvenne il 18 gennaio 1992; la giovane Eluana, che aveva da poco compiuto 21 anni e frequentava la facoltà di Lingue all’Università di Milano, perse il controllo dell’automobile a causa del fondo stradale gelato e si schiantò contro un palo della luce e quindi contro un muro, riportando lesioni craniche gravissime ed una frattura con slivellamento della seconda vertebra che causò un’immediata paresi di tutti e quattro gli arti.
All’arrivo dei soccorsi, la giovane era in coma. Dopo alcuni mesi nel reparto di Terapia Intensiva degli ospedali di Lecco e Sondrio, Eluana uscì dal coma ma, proprio a causa delle lesioni cerebrali estese ed irreversibili, fu dichiarata in stato vegetativo, condizione che esclude la coscienza di sé e del mondo circostante e la possibilità di comunicare o interagire in alcun modo con l’ambiente esterno, relegando il paziente in una condizione tendenzialmente perpetua di totale incoscienza.
Secondo dichiarazioni della famiglia Englaro, appena resisi conto della situazione disperata di Eluana, i genitori hanno iniziato a chiedere ai medici la sospensione dei trattamenti, rappresentando che la propria figlia aveva ripetutamente affermato di non desiderare inutili accanimenti terapeutici.
Il padre di Eluana, Beppino Englaro, dal 1999 chiese ripetutamente per via giudiziaria la sospensione dell’alimentazione artificiale e delle terapie a cui era sottoposta la figlia , portando a supporto della richiesta diverse testimonianze di amiche della figlia volte a dimostrare l’inconciliabilità dello stato in cui si trovava e del trattamento di sostegno forzato che le consentiva artificialmente di sopravvivere con le sue precedenti convinzioni sulla vita e sulla dignità individuale.
Si arrivò in Cassazione, per due volte: la prima, la Corte respinse le richieste della famiglia Englaro, la seconda invece rinviò ad una diversa sezione della Corte d’Appello di Milano che, nel 2008, autorizzò Beppino Englaro, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata che manteneva in vita Eluana per «mancanza della benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno».
Le suore che in quel momento si occupavano di Eluana si rifiutarono però di interrompere l’idratazione e l’alimentazione forzata; per tale motivo la famiglia decideva di trasferire la figlia presso un’altra struttura dove finalmente poter dar seguito alle sue volontà.
Di pochi giorni fa, precisamente dell’8 Aprile, è la sentenza del Tar che, a distanza di parecchi anni, ha condannato la Regione Lombardia a risarcire i danni morali e materiali per 142 mila euro a Beppino Englaro, per la quale l’allora Giunta Formigoni aveva vietato di sospendere l’alimentazione e l’idratazione, nonostante la volontà contraria della famiglia.
La sentenza specifica che alla cifra del risarcimento si arriva conteggiando diverse voci, tra cui la quantificazione del danno alla lesione del rapporto parentale; va considerata rilevante la circostanza della natura dolosa del rifiuto regionale, che ha reso ancora più gravosa la condizione esistenziale del ricorrente e dunque del padre di Eluana, “reputandosi pertanto equo liquidare allo stesso la somma di centomila euro”, più ancora 30mila per la lesione dei diritti (il conteggio tiene conto di eredità e altro) di sua moglie Saturna, recentemente scomparsa.
L’attuale presidente Roberto Maroni ha reagito affermando che sono in corso valutazioni sulla sentenza ma che l’orientamento è prevalentemente quello di non ricorrere al Consiglio di Stato.
Che la famiglia Englaro, e la povera Luana, abbiano finalmente trovato la pace e la tranquillità sempre sperata?